LA MISSIONE ECOLOGICA
articolo 2
Si è sempre pensato che l'Arte sia un genere voluttuario. In senso nobile ed elevato naturalmente: godimento dello spirito; espressione di bellezza formale; elevazione dei sentimenti alle alte sfere dell'intelletto; ciò che fa dire che l'uomo è l'immagine del suo Creatore. Pur sempre un genere voluttuario e non utilitaristico. Adesso però è opportuno attribuire all'Arte altri scopi. Non più quello edonistico ed aristocratico, rivelatore e descrittore dell'estetica dell'universo; non più quello esplorativo ed indagatore dei moti profondi dell'umana psiche; non più quello esorcizzatore e taumaturgico delle pulsioni tormentose: è tempo, dunque, di abbandonare questi concetti sommamente idealistici ed abbracciarne di più pragmatici, unendo il dilettevole all'utile. Alcuni "maîtres a penser", tra i più acuti illuminati e lungimiranti hanno, ormai da anni, sentenziato in tal senso ed additato la via da percorrere: il riciclaggio dei rifiuti. Una delle necessità più urgenti e contingenti dell'ambiente è la cosiddetta “pollution”, l'inquinamento da rifiuti e la conseguente difficoltà del loro smaltimento. Perché dunque non mettere l’arte al servizio di questa, socialmente utilissima, esigenza? Ecco la geniale, encomiabile intuizione! Non è dato sapere se quei sottili pensatori abbiano intravisto, individuato un'intima, arcana poesia del pattume, o se tale indirizzo sia stato stoicamente scelto dalla impellenza del problema e della consapevole esigenza di porre la loro sapienza al servizio della collettività. Di fatto, numerose rassegne danno spazio, ormai, alla nuova linea. Ed ecco dunque i detriti, gli scarti domestici, le carcasse d'auto, elettrodomestici, apparecchi sanitari, stracci, cartoni ondulati, tampax, bottiglie, sacchetti di plastica, lattine, etc... assurti a composizioni artistiche, esposti e proposti ai musei ed ai collezionisti, riscuotendo consensi e plausi. In questa direzione si compiono importantissimi esperimenti nei luoghi dove la questione è endemica, in tal modo identificandoli quali santuari dell'arte. Ciò delinea interessantissime prospettive sul riciclaggio e sull'utilizzo di quei materiali, cosi attenuando la pressante congiuntura. La nuova corrente indurrà gli esperti della diffusione mediatica a promuovere martellanti pressioni pubblicitarie (con “slogans” del tipo “W la schifezza”; “M. è bello”, etc) e raffinati messaggi subliminali affinché tutti siano sollecitati ad accantonare i rifiuti e conservarli in capaci silos e/o forzieri in attesa di trasformali in opere d'arte. Il fenomeno innescherà un circolo virtuale l'effetto del quale consisterà nell'accaparramento e quindi nella rarefazione, per evitare deprezzamenti di valore, dei suddetti materiali. Anche il problema della collocazione delle deiezioni organiche è stato brillantemente risolto: quelle solide possono essere inscatolate ed esposte nelle manifestazioni (purché siano “d’Artista” naturalmente, ma, poichè secondo le più avanzate teorie sociologiche tutti sono artisti, come tali sono autorizzati a riporre tali prodotti in appositi contenitori in attesa di confezionamento e vendita ad amatori e collezionisti) e quelle liquide possono trovare impiego come reagenti in composizioni chimico-ureiche. Probabilmente taluni borghesi conformisti, all'incalzare di questa moderna teoria, esprimeranno qualche riserva, qualche perplessità. A tacitarle sarà sufficiente l'espressione di superiore consapevolezza di quei sottili esploratori della sapienza, oltre alla condiscendente e paziente spiegazione: la Nuova Via espressiva interpreta lo “Zeitgeist”, lo spirito dei tempi, è emblema e specchio dei costumi dell'attuale decadente Società, della quale redige e rappresenta gli aspetti del degrado e dell’abbruttimento. Mirabile invenzione dei pensatori: teorizzando uno scopo poetico e spirituale nobilitano e giustificano quello pratico e prosaico. Stefano Nardi
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