IL FIDEISMO ASTRALE
articolo 1
Dove va l'arte contemporanea? Dov'è andata? Dov'è? Molti se lo chiedono, noi crediamo di conoscere le risposte. Da tempo, in effetti, l'arte ha assunto aspetti strani, connotati spuri, ambigui, difformi. Taluni, osservando le vigorose degenerazioni che infestano questo settore, credono di constatare il declino e la decadenza dell'estetica, oggetto di indecente e gaglioffa aggressione che mira a liquidarne i valori, inficiarne l'essenza; a vanificare il concetto di bellezza. Tuttavia la situazione è ben diversa: si sta verificando un processo in gran parte indotto da propositi scientifico-messianici; siamo al cospetto di un fenomeno epocale: la trasformazione e/o sfigurazione e/o evaporazione dell'arte; una vera e propria rivoluzione. Come è noto, vi sono vari e numerosi tipi di arte: l'Arte Marziale; l'Arte di Arrangiarsi (dall'omonimo film di Zampa); l'Arte Povera (o dei detriti e cianfrusaglie); l'Arte Ricca (o degli ori, argenti, incensi e mirre); l'Arte di amare (Ars Amandi); la Pop Art (o arte popolare) e la Noble Art (o arte nobile) che codifica le regole per spaccare il muso alle persone a suon di cazzotti; l'Arte Minimalista e la corrispettiva Arte Massimalista; l'Arte Bianca (che tratta sfarinati, etc.) e l'Arte Nera (che tratta liquirizia, bitumi, etc.); l'Art Brut e l'Art Bell (ossia delle campane); l'Arte Circense e quella Cistercense; l'Arte della Commedia e la Commedia dell'Arte; inoltre tutti i tipi di Arti & Mestieri; e poi l'Artemisia; l'Artemide; l'Artura; l'Artea (variante di Altea): eccetera. Orbene, tutte queste arti vengono saldate e fuse in un coacervo-crogiolo dove avviene una potentissima reazione sinergica, suscitando una implosione che dà origine al "buco nero", entità di sostanza inesistente, ma di elevatissimo potere. Come sanno gli astrofisici, il buco nero c'è ma non si vede, non è misurabile né avvertibile né constatabile ed ecco quindi il prodigio fideistico-siderale: l'arte c'è ma è come non ci sia; non c'è ma è come ci sia; è in nessun luogo e dappertutto; è come un fluido che tutto avvolge e circonda; una specie di brodo di coltura (ma sarebbe più corretto dire brodaglia) in cui navigano i "maîtres a penser" di stagnola, materiale brillante come l'argento ma non altrettanto pregiato e di notevole sottigliezza, (nel senso dello spessore) e soprattutto duttile. Questa Entità, invisibile, trascendente ed incombente, quasi un afflato messianico, si configura come una sorta di religione, con severi dogmi. I seguaci di questa dottrina credono, guardando all'azzurro spazio, di potere percepirne i valori (che, ripetiamo, sono dappertutto, in cielo, in terra ed in ogni luogo) e così, come il calviniano Gurdulù che, allucinato e bramoso, esclamava "tutto è zuppa!" e andava tirando gran cucchiaiate all'aria, brancicano e tentano di afferrare manciate di etere e di arte. Ma la manovra è vana: solo i Gransacerdoti hanno la facoltà di contattare il Mostro (nel senso del prodigio) e di intercettarne ed interpretarne i vaticini ed i responsi e l'Idolo parlando per loro bocca, sentenzia e stabilisce che cosa si deve acquistare, cosa mettere al muro, (nel senso di appendere alla parete), cosa imporre ai musei e cosa, invece, negligere ed ignorare. (Va da sè che la Divinità sceglie sempre "opere" a sua immagine e somiglianza). Ma, obietterà qualche borghese conformista, dov'è il valore, il senso, il vantaggio di tutto ciò? Ebbene, vi sono degli indiscutibili vantaggi: l'opera tradizionale deve essere protetta contro gli agenti atmosferici e climatici; può subire danni, essere rubata e inoltre può innervosire, porre delle questioni e/o turbamenti, insomma dare fastidio. Vogliamo mettere, invece, la splendida, rassicurante, neutrale vacua virtù di una carriolata di calcinacci (chi ha visto alcune recenti rassegne di arte contemporanea sa che non parliamo per metafore) o di un televisore spento (e guasto), o di un tubo al neon acceso (magari ad intermittenza), o di caterve di carabattole di varia natura, o di un rumore assordante, o di una emissione di vapore untuoso? E vogliamo mettere, altresì, la soddisfazione di considerare con sdegnosa o condiscendente aria di superiorità il commento dello sprovveduto visitatore alla vista di tanta espressione? Esiste, è pur vero, il rischio che l'incauto spettatore venga colto da un attacco di "sindrome di Stendhal" alla rovescia, ossia da un accesso di scompisciante ilarità, ma i più si adeguano ed assumono la tipica espressione scettico-disgustata che denota l'apprendimento e la comprensione della importante teoria e l'intento di recedere dalle avventate opinioni di biasimo e riprovazione ed il proposito di abbandonare le anacronistiche ed obsolete ideologie sulla bellezza, l'estetica, l'edonismo, la valenza aristocratica dell'Arte e della Cultura... Stefano Nardi (Castiglione delle Stiviere)
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