Gli Ultimi Guerrieri, libro-verità dalla parte dei Nativi Americani
Trama: Un viaggio affascinante tra gli Ultimi Guerrieri, dalla parte dei Nativi Americani. Nello scenario ammaliante dei pow wow, le feste delle riserve indiane in costume tradizionale, l'autrice abbraccia la causa di un popolo che difende la Madre Terra, e lotta per la propria identità, dopo secoli di ingiustizie e sopraffazioni da parte dell'Uomo Bianco. Raffaella Milandri confronta cultura, usanze e cerimonie delle due tribù, i Crow e i Lakota, anticamente nemiche. Viene rapita da una spiritualità profonda a favore dell'ambiente e del Pianeta, e da una cultura all'insegna del rispetto e dell'uguaglianza. Per i Lakota i problemi non sono solo i Trattati mai rispettati dal Governo degli Stati Uniti, che li hanno privati delle terre sacre, le Black Hills; incombono anche oleodotti, miniere di uranio e d'oro che feriscono la Natura e avvelenano l'Uomo. Battaglie senza arco e frecce, ma con tanta determinazione da parte degli Uomini Rossi. Recensione: "Gli Ultimi Guerrieri. Viaggio nelle Riserve Indiane" di Raffaella Milandri, è una miscela cromatica di reportage, mémoir e libro di storia. L'Autrice racconta il suo ultimo viaggio, in termini temporali, presso due riserve di Nativi Americani: i Sioux-Lakota e i Crow (dai quali era stata adottata tempo prima). Le due tribù anticamente nemiche, si affrontarono nella famosa battaglia del Little Big Horn e tutt'ora, agli occhi dei Lakota i Crow sono considerati "amici" dell'uomo bianco. Raffaella Milandri è una compagna di viaggio semplice: premurosa, provocatoria e stimolante, cattura, con evidente amore e affetto, il bene e il male della vita di riserva moderna. Il risultato è un quadro informato, commovente e caleidoscopico di sopravvivenza, resilienza, adattabilità, orgoglio e ricerca del proprio spazio nella vita moderna, di un popolo che non è disposto a rinnegare le proprie origini, cultura e tradizioni. Si respira un'aria magica derivata dalla capacità dell'Autrice di spostarsi senza soluzione di continuità dalla Grande storia indiana alle voci degli indiani viventi che ci spiegano cosa significhi essere indiani, americani ed entrambi allo stesso tempo; rivolgendosi al lettore con un "tu" amichevole, Raffaella apre una finestra sul mondo indiano contemporaneo, nella sua varietà e vividezza che spesso ci colpisce come un pugno allo stomaco. Infatti il lettore si trova partecipe, oltre che di due spettacolari eventi tradizionali, di una marcia che è tutt'altro che voyeuristica attraverso i mali e il lato miserabile della vita indiana, vede tutta la povertà, le bande e l'alcool, ma vede anche una grande bellezza in alcuni degli ultimi posti non toccati dallo sviluppo commerciale, ascolta le storie e vede l'orgoglio dei sopravvissuti. In un linguaggio semplice, immediato e diretto, memoria e storia vengono riunite per rivelare come è realmente la vita in una riserva: né il festival della disfunzione né l'oasi di nobili stoici amanti della natura che molti "non indiani" immaginano; è uno sguardo avvincente e non glitterato all'esperienza unica della vita in una riserva indiana. Con un occhio diaristico per i dettagli e una conoscenza giornalistica della storia, Raffaella rivela che i crimini di questo paese contro i suoi abitanti originari non si limitarono ai secoli XVIII e XIX. Per spiegare la povertà delle riserve, le persone di solito indicano alcolismo, corruzione o tassi di abbandono scolastico, per non parlare delle lunghe distanze da percorrere per raggiungere il luogo di lavoro e della terra polverosa che non è adatta a molte coltivazioni. Ma questi sono solo sintomi. La prosperità si basa sui diritti di proprietà e chi vive in quelle terre spesso non ne hanno. A dimostrazione di ciò che accade quando i diritti di proprietà sono deboli o inesistenti, immaginiamo un paese che ha un governo autoritario corrotto. In quel paese nessuno conosce un sistema giudiziario indipendente, la proprietà privata non è riconosciuta, non è possibile comprare o vendere terreni e le aziende sono riluttanti a investire in questo paese. Quelli che hanno un lavoro di solito lavorano per il settore pubblico. Quelli che non hanno un lavoro sopravvivono grazie ai pochi diritti, legalmente acquisiti, che forniscono l'essenziale per cibarsi. Allo stesso tempo, questo paese sfoggia un sistema sanitario gratuito e libero accesso all'istruzione. Riusciamo a indovinare di che paese si tratta? Potrebbe essere l'ex Unione Sovietica, Cuba o qualsiasi altro paese socialista del passato. Raffaella Milandri ci assicura che un paese simile esiste, è negli Stati Uniti, il suo nome è Indian Country, una metafora generica che scrittori e studiosi usano per riferirsi all'arcipelago delle riserve di nativi americani sparse in tutti gli Stati Uniti, di cui molte sono di proprietà federale, per cui non è possibile acquistare e vendere liberamente terreni o utilizzarli come garanzia. Le riserve indiane sono utilizzate in comune dai gruppi indiani e sovvenzionate dal Bureau of Indian Affaire (BIA), Dipartimento degli Interni. Oltre ad essere un'importante risorsa finanziaria a supporto del sistema delle riserve, l'obiettivo del BIA è anche quello di salvaguardare le comunità indigene o, in altre parole, assicurarsi che non falliscano mai quando si occupano della società "esterna". Persone nel governo e molti leader dei nativi americani credono ingenuamente che sia positivo che il benessere degli indiani sia segregato e riparato dal resto della società americana. Un libro toccante: se si vuole conoscere l'America, vederla per quello che è, si deve guardare la storia e il presente indiani. (Luisa Debenedetti)
Luisa Debenedetti
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