Lorenzo Bicci
artista
Nuvole come fiumi, fiumi come nastri di raso sinuosi, elastici. Orizzonti di mari calmi dove riverbera la luna, rilievi ondulati e fioriti come trapunte. Paesaggi attraversati da un vento muto, che purifica i cieli e piega le chiome regolari color smeraldo degli alberi. Silenzio e solitudine, luoghi intatti e invitanti, dalle superfici risplendenti come la buccia liscia di un frutto. E poi, punti di fuga molteplici, che coinvolgono lo spettatore in un gioco di rincorsa delle prospettive, sapientemente calcolate per poi moltiplicarle e sfasarle seguendo la lezione di Giorgio De Chirico, ponendosi in continuità intellettuale con i segreti delle sue piazze italiane. E poi, ancora, un mosaico di costruzioni solide, geometriche, prorompenti, una selva di edifici che della frenesia delle nostre città prende solo la densità, per trasporla in un mondo ordinato, incantato e fiabesco, di luci zenitali che convivono con ampie ombre, di spigoli e morbidezze, di una natura aspra e dolce ad un tempo, che convive con una presenza umana netta, squadrata e la armonizza.
È una pittura ricchissima di riferimenti e rielaborazioni, quella di Lorenzo Bicci, che fa dell'essenzialità delle forme la sua citazione più alta, quella alla metafisica italiana, e della vitalità compositiva la citazione di segno opposto, ossia al futurismo, intricato e roboante, che scompagina l'ordine per ribadirne uno nuovo, ora composito.
Lo scopo non è mai quello didascalico, spiegare o raccontare, imporre una visione del mondo. È al contrario offrire un mondo parallelo nel quale si possa entrare e abitare. Un mondo che si conferma puro e primitivo attraverso l'assenza di figure umane (che l'artista ha nel tempo scelto di sottrarre alle sue opere), che si offre integro, intatto all'osservatore il quale ne fruisce con la certezza dell'esclusività, tensione costante dell'essere umano. Nell'esclusività lo sguardo sosta pacificato, felice e distaccato da una realtà dove invece l'esclusività è ricercata, ambita, ma sempre categoricamente negata. In altre parole, davanti ai dipinti di Lorenzo Bicci ci si può concedere di sognare.
La plasticità delle forme conferisce concretezza ai piccoli universi autonomi creati nelle sue opere, quella concretezza di cui hanno bisogno i sogni per divenire sostanziosi e appaganti; i colori freddi o di sottotono freddo, stesi in campiture terse e levigate, danno vita a una liricità misteriosa e profonda. Come i suoni di una poesia, anche i colori sono accostati secondo un algoritmo sapiente che non dobbiamo riscontrare o interpretare, ma al quale dobbiamo semplicemente abbandonarci per coglierne musicalità, energia vitale: le stesse che li hanno composti.
Permeati da un'ironia sottile e sofisticata, le opere di Lorenzo Bicci ammiccano a quella parte di noi che instancabilmente cerca la sua isola che non c'è, il luogo dove si può ancora affrontare la vita con la pienezza e l'istintività dell'infanzia, prendere il bello, godere dell'istante presente, consapevoli che la maturità è anche il riconoscimento di quanta parte di noi continua a nutrirsi della linfa dei bambini che siamo stati. Da là arrivano le nostre inclinazioni, i nostri talenti, il nostro stare nel mondo e il nostro modo di approcciarci all'arte.
Lorenzo Bicci è un artista dotato di una solidità tecnica e culturale alla quale può affidare la sua ispirazione. Distilla sulla tela la sintesi di emozioni che hanno già attraversato il setaccio della riflessione e del disegno, che sono state passate in rassegna e selezionate, nella convinzione che non è lo sguardo a modificarsi da un giorno all'altro, ma l'essere umano stesso a essere in costante cambiamento, e le sue opere sono istantanee di un tempo brevissimo.
Bibliografia
Lorenzo Bicci nasce a Pisa il 26 Marzo 1969. Sin dalla tenera età si dedica con passione al disegno. Frequenta l’istituto statale d’arte di Cascina dove consegue il diploma. Nel 1993 inaugura la sua prima mostra personale (a Pontedera, Pisa). Ne seguiranno altre, tra collettive e personali. Porterà inoltre avanti alcune esperienze come scenografo teatrale. Alla fine degli anni novanta il percorso espositivo si intensificherà portando le sue opere a mostre e fiere a livello nazionale.