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Superfici Narranti Superfici Narranti

Superfici Narranti

“La cosa più profonda di un uomo è la pelle”
Paul Valery

Esuberante e istintivo, viscerale, prorompente e instancabile, Ivan Sghirinzetti rifiuta la forma e la struttura preordinata per diventare un narratore di emozioni: ciò che gli interessa è raccontare le persone, ma anche se stesso e trasformare l'opera, guardando attraverso il filtro materico e psicologico.

Sabbie, colle, acrilici e gesso, reti, corde e cartone, il suo personale impasto denso e tormentato, "tesse" quelle immagini astratte a confine fra pittura e scultura. La concrezione greve e granulosa della materia ancestrale concepisce lo spazio come un territorio psicologico, traumatico, da mutare e incalzare mediante una gestualità istintiva e liberatoria. La superficie - confine naturale tra l'opera e il pubblico - sollecitata o inibita dall'artista, tende a reagire, quasi a "irritarsi" indicando che qualcosa al suo interno si è accaldato; l'armonia è spezzata e si manifestano, così, slabbrature, depositi, ferite che evidenziano l’incongruenza tra l'interno e ciò che manifestano.
La pelle della tela si raggrinza e si ispessisce, Sghirinzetti affronta il derma pittorico come se fosse un paesaggio, con le sue asperità, i suoi fossati e i suoi avvallamenti, tracciati da reti e stracci che regalano una cartografia emozionale. In alcune parti ravvisiamo cuciture in spago, che diventano gli elementi grafici di un nuovo alfabeto visivo dell'artista: gli ultimi evidenti tentativi di chiudere quelle ferite. I nodi legano ai ricordi passati e i piccoli mattoni appesi, alla stregua di un pendolo, non oscillano se non attraverso i sentimenti che si fissano nella memoria. La rete in plastica, in cui ogni elemento si avviluppa, dimostra quanto sia difficile liberarsi dalle nostre gabbie mentali e dalle sue strette maglie.

Spesso la pittura ricorda quella di Morlotti, Dubuffet, Burri, infatti Ivan Sghirinzetti ama descrivere le emozioni con un atteggiamento intenso e un dinamismo aggettante che ne rivela il desiderio di astrazione, come appare nelle serie dei suoi ultimi lavori Senza titolo in cui riesce a scavare così a fondo da scoprire cose imprevedibili.
Passioni sopite che emergono grazie al colore che, a più riprese, si trasforma in materia spessa, pesante, quasi una concrezione archeologica.

Sonia Catena
Critico d'Arte
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