La dimensione visionaria di Giacomo Domenicucci
Giacomo Domenicucci è un giovane artista al quale è congeniale la strada problematica della pittura ed, in particolare, quella della pittura figurativa. I chiari riferimenti offerti dalle sue immagini paiono volerci dire: “Ecco, vi presento i miei padri: Dalì, Magritte, De Chirico!”. Loro, i grandi i maestri dell’onirico, dell’incongruo, del surreale, dell’enigma. Questo non significa cedere a schemi noti, ma partire da una precisa dimensione visionaria, interrogativa, allusiva, talvolta persino ironica. Con questa dichiarazione di intenti, così semplice e pura, Giacomo afferma che è da qui che vuole salpare, in questa avventura poetica, tanto speciale, dell’arte, dove c’è sempre da comprendere e guardare, nell’impegno faticoso, assillante e totale della pittura che, per sua natura, resta un fatto complesso. Ma, se il punto d’arrivo si palesa lontano, la strada intrapresa è quella della dimensione visionaria: allontanarsi dall’apparenza e dare forma all’invisibile, ad una realtà pensata, riflettuta, meditata, che diviene fatto pittorico e si fa molto più interessante della realtà stessa. E allora, l’immagine diventa varco e finestra, opportunità, oltre la quale, nell’ordine nuovo che il pittore dona alle cose, fra la concretezza delle forme e gli spazi vuoti di immensi infiniti, abita la possibilità di ritrovare, con immediatezza, il senso delle cose.
Maria Cristina Ricciardi [Critico d'Arte]
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