Dovendo esplicarmi in un tentativo ermeneutico di questo mio lavoro, farei bene ad accennare a quella sorta di persistente “vocazione” che da sempre mi si è presentata come tratto irrinunciabile: tentare di dare dignità superiore, “mitica” a ciò che apparentemente è avviluppato nella vanità della necessità quotidiana. Quindi non la descrizione nostalgica di un mondo “altro”, ma il tentativo di svelare il paradiso o il suo opposto tra le cose e circostanze di tutti i giorni, tentativo che solo l’arte o la mistica possono realizzare. Quindi la possibilità “concreta” di abitare una nuvola e inscenarvi la terribile e umana facoltà di cadere.

Francesco Palmieri