Enzo Tammurello

pittore

Formazione

Enzo Tammurello nasce il 22 marzo 1947 a Calatafimi, in provincia di Trapani.
Dal 1956 si trasferisce con la famiglia in Liguria, prima a Cogoleto, nella provincia di Genova poi, nel 1960 ad Albissola. In quegli anni Enzo Tammurello si trova a vivere un momento di grande intensità artistica che si respirava ad Albissola, grazie alla presenza di artisti di fama mondiale come Lucio Fontana, Aligi Sassu, Capogrossi e Wilfredo Lam.
Fu proprio quest'ultimo ( a cui Enzo mostrò i suoi primi lavori ) ad incoraggiarlo a continuare e lavorare molto per trovare una sua espressione personale.
Tammurello é un pittore al di fuori della realtà accademica e la sua opera si é sviluppata nel tempo grazie ad un approfondito lavoro di ricerca, soprattutto dell'armonia dei colori.
Importanti sono state le collaborazioni col pittore e amico Giovanni Chapel, il quale condivise con lui gran parte degli anni settanta e ottanta.
Tammurello ha esordito in personali e collettive con la galleria "Cromantica" nel 1988 e proseguito fino al 1998 con mostre in Italia, Francia e Spagna.
Dopo anni di lavoro, lontano dal mondo commerciale, Tammurello si sente pronto ad affrontare nuove esperienze espositive.

MOSTRE

1988 - CERIALE (SV), Collettiva “Galleria Cromantica”

1989 - CERIALE (SV), Personale “Galleria Cromantica”

1989 - TORINO, Collettiva “Ippodromo Vinovo”

1989 - TORINO, Personale – Comune CHIERI

1989 - NOVEGRO (MI), Collettiva “Sele-Art”

1989 - Moderna Contemporanea – VALENCIA, Inter-Art Fiera Internazionale d’Arte

1990 - SANTANDER, Collettiva “Galleria Amazuela”

1990 - CERIALE (SV), Personale “Galleria Cromantica”

1990 - BORGIO VEREZZI (SV), Collettiva Comunale

1991 - Gruppo Fumagalli – BERGAMO, Personale “Galleria Manzoni”

1993 - Harvey Space – PARIGI, “TRE ARTISTI ITALIANI”

1997 - CARRARA, Personale “PORCOSPINO”

1998 - ALBISSOLA MARINA (SV), Personale “Galleria OSEMONT”

Tematiche

NOSTALGIA E DESIDERIO
Mito e misticismo.

La mia memoria ha trattenuto per molti anni un’immagine intensa di Enzo Tammurello. Ci siamo incontrati per la prima volta agli inizi degli anni Settanta. Lui il pittore con la Simca rossa ed io un ragazzino che scriveva poesie ci davamo appuntamento nella sua casa nel carrugiu nel centro storico di Pietra Ligure.
A volte con noi c’erano anche Vittorio, un musicista balbuziente, e Luigi, un poeta magrissimo con una capigliatura a turacciolo.
All’epoca Enzo - ora non so - viveva in un grande disordine. Ricordo il cavalletto, la tavolozza, i tubetti dei clori ad olio, un giradischi e le canzoni di De Andrè e dei Beatles. Fumava una enorme quantità di sigarette francesi senza filtro e riempiva di cicche tazze e bicchieri. Mi aveva affidato le chiavi di casa. Io avevo il compito di cucinare e di lavare i piatti e così mi sentivo anch’io un po’ padrone in quella piccola casa piena di tele, di fogli di masonite e pervasa dall’odore pungente della trementina.
Lui dipingeva e ci raccontava i suoi sogni. Ci parlava del suo spirito guida e noi gli facevamo il verso, leggendo poesie, versando vino e aspirando le nuvolette di fumo. Nel mio tascapane dell’esercito americano custodivo, di volta in volta, Pavese e Silone, Rilke e Keruoac.
Lui ci faceva impazzire con le sue storie degli alieni, dei Maya e degli Incas.
Qualcuno leggeva le pagine del Libro Tibetano dei Morti o il Libro dei Mutamenti. Con le monete dei "King" abbiamo più volte interrogato l’oracolo. Dentro quella piccola casa c’è sempre stata una bolla esoterica e noi eravamo una romantica setta segreta innamorata dell’arte e del misterioso rompicapo dell’amore.
Io amavo i colori caldi del giallo e delle tonalità del rosso, ero affascinato da quelle pennellate cariche di materia che a quel tempo si specchiavano nell’universo di Van Gogh: paesaggi, ritratti, fiori. Ricordo una riproduzione della "Sedia di Vincent" ed un autoritratto di Enzo, dipinti con la stessa tecnica ed energia del pittore olandese. Non erano semplici prove d’autore, copie e neppure il percorso didattico di un artista che si incammina sulla stretta strada di una corrente pittorica. Anche il viso, gli occhi e l’espressione di Enzo si specchiavano nel volto di Vincent.
Non mi sono mai chiesto se lui fosse la reincarnazione di Van Gogh, ma ho sempre pensato che un vero artista possiede un frammento della grande anima dell’universo. E quel frammento è una sorta di codice di riconoscimento che stabilisce forti legami tra la genìa degli artisti.
Tempo fa un critico presentando il catalogo di una mostra di Tammurello ha percepito nelle sue opere una vena di paganesimo ingenuo, forse per via di una molteplicità di simboli che suggeriscono religioni pagane precristiane. Ma le forme, la luce, il calore delle opere di Tammurello sono anche intrise di una forte carica mistica e di una ricerca dell’armonia, segno prevalente della sua ricerca interiore che si specchia nel divino.
In quella casa, dentro quella bolla esoterica, noi tutti abbiamo tentato di ricongiungere - e qualche volta ci siamo riusciti - attraverso la pittura, la musica e la letteratura, le nostre piccole anime alla grande anima dell’universo.
In qualche modo - questa è la mia impressione - la contemplazione dell’opera di Tammurello è una condizione di grande desiderio. Chi - come me, affascinato dallo studio degli archetipi e dai codici del mito - è attratto dal mistero delle immagini artistiche di Tammurello si abbandona nelle mani di Dio. Si fa cullare dalla divinità, dal Dio ristoratore dei credenti e si fa cullare dal bisogno di Dio che strugge le anime dei non credenti.
Le forme e le rappresentazioni del mondo visionario di Tammurello contengono un sistema di formule nascoste e chiuse alla comprensione razionale dell’osservatore, ma possono essere comprese - direi sentite - attraverso il contatto irrazionale e sentimentale con il proprio mondo interiore che si specchia nella divinità.
Per alcuni pensatori l’arte è un ponte tra l’esperienza sentimentale umana e la nostalgia della bellezza. Nostalgia di qualcosa che è stato ma anche desiderio di rappresentare qualcosa che sarà.
La nostra tensione si trasforma e si appaga dentro la materia del pensiero poetico, della letteratura, della musica, della pittura.
Sono passati oltre trent’anni ma l’immagine di Enzo che dimora nel lago della mia memoria è sempre intensa. Riesco a percepire le sensazioni e le emozioni di quel tempo che è stato: odori, sapori, rabbia, dolore, gioia.
Le opere nuove di Tammurello, nel fluire del tempo, contengono i principi e le tracce della fatica delle opere vecchie.
Quella casa non c’è più, ovvero nessuno di noi l’ ha più abitata. Anche Luigi non c’è più e, forse, qualcun altro che ha vissuto con noi un’intera stagione.
Io ho pubblicato qualche libro, Enzo ha fatto molte mostre. Il pittore e lo scrittore si sono riconosciuti quando, dopo molto tempo, ci siamo scambiati quel frammento della grande anima dell’universo.
Quella bolla esoterica c’è ancora, è diventata un mito e contiene il mistero di una setta segreta innamorata dell’arte e dell’enigma dell’amore.



Francesco Bova

Tecniche

Olio su tela

Bibliografia

La vita di luce di Enzo Tammurello

Nei quadri di Enzo Tammurello ci si entra. Non si guardano, non si ammirano, bisogna entrare al loro interno per sentirne l'atmosfera e gli odori, per lasciarsi trasportare dal sogno, o dal brutto sogno,spesso da entrambi allo stesso tempo. Ma anche il tempo qui non sembra avere primaria importanza e i colori e le forme sembrano voler sottolineare proprio questo perdersi, evadere dai confini mentali che ci rinchiudono in gabbie prefabbricate, asettiche, ostinatamente futili e materiali, così lontane dalla realtà e dall'essenza di ogni essere umano. Qui, gli abitanti di queste "dimensioni" vivono e SONO, semplicemente. Sono la loro indole, il loro carattere, non concepiscono la necessità di essere un qualcosa di diverso da quello che la natura ha previsto per loro e se lo fanno, lo fanno burlescamente, come un prendersi gioco di chi guarda, mai con cattive intenzioni, ma sempre nella speranza di far comprendere al visitatore i suoi stessi fantasmi interiori e magari comprendere anche i propri.
Più che una visione una condivisione. Una condivisione di esperienze oniriche dove l'incontro é palpabile, vero, dove le energie entrano in un contatto divino, dolcemente spirituale, violentemente fiducioso.
Esseri di ogni "estrazione sociale", poveri diavoli, donne, stregoni, uomini-animali, piante-pesci si confondono in un tutt'uno abbandonando per sempre i ruoli prestabiliti della vita materiale. Qui non c'é limite, si entra e si fa subito parte di quel mondo, ci si sente subito a proprio agio come se l'apparente spaesamento faccia invece e inaspettatamente parte del nostro mondo interiore. Una presa di coscienza. Ecco cosa si prova nel trovarsi improvvisamente nel mondo luminoso di Tammurello. Una vera e propria presa di coscienza con noi stessi e con le entità che incontriamo sul nostro cammino. Ogni opera é un percorso, un viaggio a sé, e non solo uno. Si possono trovare personaggi buffi che guardandoti dritto negli occhi cercano di raccontarti qualcosa di loro e ti fanno sentire nudo e vulnerabile. Si possono contemplare, in rispettoso silenzio, uomini che pregano chissà quali Dei, in chissà quali lidi irraggiugibili per noi comuni mortali, ci si può tuffare nel sesso più sfrenato, quello dell'estasi suprema, quella spirituale. Tra corpi, volti, animali in simbiosi con forme di vita non catalogabili e razionalmente bizzarri ognuno é dunque libero di fare i conti con la propria coscienza se ne ha la voglia e il coraggio...
I colori forti, accostati e così spudoratamente sfacciati, a volte dolcemente mischiati come la luce delle auree, sembrano indicare come tutte le entità, gli esseri che popolano quel mondo, siano spiriti luminosi, esseri dalla coscienza infinita pronti ad accettare, farsi inebriare, accogliere dalla luce di altre entità e nutrirsene per poi a loro volta poter nutrire. Un circolo virtuoso del bene, essere nutriti di luce per nutrire. La vitalità della luce dei colori é invece messa da parte nei disegni dell'artista Tammurello.
I disegni sono, a mio avviso, ad un livello di immedesimazione più complesso per un novello "tammurelliano". Diventa più difficile addentrarsi in essi poiché qui, infatti, non vi sono i colori ad attirare con la propria forza suggestiva la parte irrazionale del visitatore ma lo induce invece a farsi trasportare unicamente dal tratto. Quest' ultimo, anche se delicato e armonioso, deciso e pulito, senza sporcature, determina uno stato più terreno, più "concreto", dovuto dalla tecnica del segno a china sul bianco imparziale della carta grezza. Ma questo é un discorso banalmente tecnico e soggettivo. I disegni, come i quadri, propongono lo stesso mondo, le stesse dimensioni, le stesse intenzioni. Sta al visitatore, come già detto, farsi coinvolgere di più o di meno a seconda del suo stato d'animo e della sua disponibilità verso l'opera. L'opera é disponibile, un sogno sempre accessibile, aperto ad accogliere. Ed ogni visitatore ne é sicuramente il benvenuto.



D.T.