Quando ci rechiamo al mare guardiamo cosa ci segnala la bandiera posta dal bagnino, se è rossa ci segnala un messaggio inequivocabile: la balneazione risulta pericolosa .
Negli anni Cinquanta l’uomo inventò un nuovo, meraviglioso materiale, che sembrava destinato a rivoluzionare la vita di ciascuno di noi. La sua innovatività lo portò in breve tempo a sostituire molti altri materiali, usati fino a quel momento per gli oggetti della vita quotidiana (vetro, legno, ceramica, metallo, carta, …). Quel materiale era la plastica.
Da quel momento la plastica è entrata prepotentemente e massicciamente nelle nostre vite. E ci è rimasta.
Gran parte degli oggetti prodotti in questo innovativo materiale, dagli anni ’50 ad oggi, è finita in enormi discariche stracolme o peggio è stata abbandonata nell’ambiente. Oggi capita di ritrovarli, ancora perfettamente conservati ed integri, spiaggiati sui nostri lidi, perché tutto quello che viene abbandonato nell’ambiente (o che trabocca dalle discariche) prima o poi finisce in un corso d’acqua, e da lì in mare.
Due delle caratteristiche che hanno reso la plastica così amata negli anni ’50, la sua leggerezza – a parità di resistenza – e la sua durevolezza, sono diventate oggi i due principali problemi, che fanno di questo materiale una seria minaccia per gli ecosistemi marini.
Questa mostra ha lo scopo di dare voce a mari ed oceani, rendendo visibile il loro silenzioso grido d’aiuto, che ci stanno lanciando ormai da decenni.
Le visioni degli artisti vogliono fotografare la situazione, denunciare, proiettarci in futuri poco rosei, farci pensare, nel tentativo di smuovere le coscienze.
Parallelamente, come associazione, abbiamo ritenuto necessario fornire dati reali, studi scientifici, numeri e percentuali di una situazione ormai fuori controllo, perché l’ignoranza non possa più essere una scusa.