La carnalità e il mistero
ANIME SILENTI di Maria Palladino Quello che emerge evidente in queste immagini è il contrasto dell’accostamento fra la dolcezza e la grazia degli elementi floreali e insieme la potenza del segno, che ricorda quello del procedimento incisorio, nell’individuazione di pieni e vuoti, superfici più o meno definite che l’ombreggiatura diffusa intacca e apre a spazi nascosti, pieghe e anditi, in cui il nostro sguardo è invitato ad immergersi pur restando discretamente ai margini di uno spazio suggerito ma non pienamente concesso. La carnalità e il mistero di queste entità-essenze, ritratte in singoli esemplari o gruppi di individui, si dispone secondo una cadenza circolare e una prospettiva di visione verticale e dall’alto che ne mostra il non essere ancorati ad alcun appiglio, steli recisi, come generati e rilasciati dalla matrice in un preciso momento del loro ciclo vitale, a culmine delle loro facoltà, sul punto di esplodere in tutte le loro potenzialità significative e quindi procedere inesorabilmente verso la fine, esseri transitori e labili come ogni cosa su questa terra. I fiori di Egle sono al contempo presenze simboliche, arcane e mistiche, idoli gotici, identità memori delle vanitas e delle creature enigmatiche e modulari frutto della produzione degli incisori nordici seicenteschi, che disponendosi sulla superficie del dipinto secondo una cadenza ritmica lineare e reiterata, quasi mantrica, benevolmente ci osservano, facendosi testimoni neutrali e delicatamente partecipi delle umane vicende. Una sorta di specchio, personale e oggettivo, in cui è piacevole entrare e immergersi, sempre con i dovuti limiti e cautele, rappresentazione della coscienza dell’artista, che riflette in questo corollario floreale la propria personalità e la sua meditazione sulla realtà circostante. E’ una realtà altresì lievemente surreale, che dalle trasposizioni precisioniste di Georgia O’Keeffe si avvicina all’attitudine ambigua e seducente della “sposa” di Ernst: una sorta di trasfigurazione sovradimensionata del femminino, in un sembiante che in parte si offre, in parte si cela, innocente e malizioso, grembo florido di possibilità nascoste al nostro sguardo. L’andamento ritmico circolare della pittura scandisce gli spazi, fra pieni e vuoti e genera il disporsi armonico di petali, steli e corolle in una ripetitività che richiama alla mente la sequenza meditativa e rituale nella composizione dei mandala tibetani. Il colore spazia dai toni accesi e quasi puri alle tinte neutre i cui accordi producono punti di luce o smorzano la ricchezza degli accostamenti: è la passione per il colore che anima queste tele ed esso, unitamente alla ricerca della forma, testimonia il grande amore della pittrice per la sua materia.