Dap - D'alfonso, Perla

artista

breve bio dap – d’Alfonso Perla
Luigia d'Alfonso e Ada Perla, sono due artiste romane che lavorano a quattro mani, dedicando le loro energie nella costruzione dei "Sabìr", nuovi lavori d'arte così battezzati in riferimento alla lingua franca parlata anticamente nel bacino del Mediterraneo, ampliando poi il concetto con i “Totem” e le “Ciaccerate.
Ogni nuovo progetto si apre con delle ricerche svolte dalle artiste individualmente e il dialogo, terreno fecondo del loro lavoro, costruisce il linguaggio visivo del Sabìr.
Luigia d’Alfonso, nata nel 1967 a Roma dove ha sempre vissuto e lavorato, spaziando dal design del gioiello al design del tessile con incursioni in ambito teatrale. Ha collaborato con l’associazione culturale Progetto Educativo “Percorsi tematici sulla Roma antica” e con il centro arte contemporanea “Il Punto”.Dal 2002 ha condiviso un atelier d’arte e artigianato con Ada Perla, approfondendo la pittura artistica su stoffa nello studio del Maestro Giò Coppola.
Ada Perla, nata a Roma, ha seguito gli studi d’arte sin dal liceo, poi un corso per curatori di mostre, e si è laureata in storia dell’arte con la successiva pubblicazione dell’articolo “Pietro Paolo Avila e la sua collezione d’arte” su “Roma Moderna e contemporanea”.Dopo un periodo di lavoro come graphic designer per agenzie e teatri,
dal 2002 ha condiviso un atelier d’arte e artigianato con Luigia d’Alfonso. Nel 2014 nasce dap – d’Alfonso Perla, connubio a quattro mani, dedicato alla costruzione dei "Sabìr" , concetto ampliato poi con i “Totem” e le “Ciaccerate”.

Formazione

"dap" è l'unione dei nostri cognomi e rappresenta in maniera tangibile la volontà di dialogo e connessione della nostra arte. Proveniamo da esperienze formative e professionali diverse, ma in comune abbiamo da sempre l’interesse per la sperimentazione e la ricerca artistica. Dal 2002 abbiamo condiviso uno studio, talvolta collaborando, per diversi anni. Lo scambio costante di vissuto, di pensieri, ha reso possibile un’esperienza professionale a quattro mani. Poi il tempo e l'inconsapevolezza necessaria hanno integrato le nostre individualità in un unico linguaggio visivo che ci ha condotte alla "costruzione" dei Sabìr. Quando affrontiamo il panno bianco, si instaura tra noi un dialogo silenzioso, empatico che si svela attraverso l'azione pittorica, con naturali timbri diversi ma in un'unica visione. Non utilizziamo tutto il dipinto: come in una sala di montaggio, componiamo, tagliamo, proviamo, ricomponiamo i nostri "frame", sino ad arrivare all'immagine tanto cercata.
Il montaggio definitivo avviene con un lungo e delicato lavoro di accostamento delle parti, per reintegrare con la garza le lacune volute e creare così un unicum, un grande telo che nasconde la parete per mostrarsi. E' allo stesso tempo soggetto fisico e rappresentazione, schermo e proiezione.

Tematiche

Un racconto che attraversa il Mediterraneo. Una trama di segni, di fili, di stratificazioni, ricrea mediante il colore il dialogo polifonico tra le culture che vi si affacciano. Espressione di questi racconti i Sabir sono stati così battezzati in riferimento ad un'antica lingua franca parlata appunto nel Mare nostrum. Il sabìr era una lingua libera, non scritta, continuamente reinventata; una lingua frammentaria, rimescolata, rattoppata.
Il dialogo, la capacità di scambio, la voglia di arrivare lontano è propria delle genti che popolano le sponde di questo mare millenario, un tempo avvicinate da un idioma comune e oggi divise da differenze culturali apparentemente insormontabili. Ma la volontà di comunicare ha il potere di ridar voce al Sabìr, lingua universale.

Tecniche

Le scelte tecniche sono parte del concetto Sabìr.
Uso di stoffe dismesse, tessute con filati naturali quali cotone, lino, seta. Lenzuola, tovaglie, tendaggi, recuperati da antichi corredi oramai usurati dal vissuto, vengono lacerati nelle dimensioni studiate per la composizione finale dell’opera.
Uso di colori professionali per il tessile: le colorazioni e i toni individuati sono ottenuti miscelando pigmenti concentrati con una base morbida e trasparente, diluiti con acqua, e con l’aggiunta di un catalizzatore che ne aumenta la polimerizzazione. La tecnica mista consente un’eterogeneità di segni volta a rappresentare la singolarità nella molteplicità. E come la parola, il segno tracciato sulla stoffa non può essere ritirato, poiché i colori usati tingono immediatamente.
Uso della garza: dopo numerose prove, la garza, tenace ma invisibile, trattata e tagliata nelle giuste misure, è stata scelta per unire la composizione e restituire la rappresentazione caleidoscopica di una narrazione corale.