Estasi, memoria, passione
di Lucia Anelli
Un docile vento passeggia tra le fronde e sinuoso si inerpica tra le pieghe del tempo, emblema di un appassionato connubio tra Natura e Uomo, sospiri vagheggiati e onirici viaggi verso mete lambite dal cielo. Tutto conforma un’idea di bellezza assoluta, del corpo, dell’anima, del creato. La bellezza dell’incanto notturno o dell’ardente meriggio assolato, l’inebriante profumo di sottobosco e la carezzevole ruvidità della pietra ....
È proprio qui, dove manto stellato e metamorfosi si trovano nell’estremo amplesso che si fondono arte e poesia, creazione visiva e candore dell’essere. E non c’è più spazio per l’interpretazione, l’intima concordanza guida il sentire, bandita ogni ragione.
La pittura, dopo fasi alterne di dipendenza e affrancamento dalle altre arti, giunge, soprattutto negli ultimi decenni, ad un’osmosi piacevole e necessaria con tutte quelle sollecitazioni che si integrano con essa, in una sorta di correspondances che traslano da forme visibili a impalpabili sonorità multiple.
Così, in un panorama contemporaneo che vede il passato depredato in una prospettiva spesso priva di ispirazione, troviamo invece artisti fedeli ad un lavoro consapevole, intimo, coerente, proiezione adamantina del proprio sentire.
Un giardino segreto che pubblicamente si svela, come nelle creature di Morelli, vate del verso celato, dell’attesa gravida di speranza, del miraggio d’amore, nelle donne di Basile, veneri terrene che pulsano ardore e catalizzano sguardi e nelle bucoliche armonie spatolate di Mastrorilli. Una sospensione lirica è il fil rouge dei tre artisti, in cui si fondono natura, in quanto spazio antropologico e culla di memoria e ambizioni, evidenza formale e rimozione della stessa.
Tu contiens dans ton oeil le couchant et l'aurore;
Tu répands des parfums comme un soir orageux;
Tes baisers sont un philtre et ta bouche une amphore
Qui font le héros lâche et l'enfant courageux
Così scriveva Baudelaire nel suo
Inno alla bellezza
...Bellezza come incanto, tentazione, carezza sublime, sollievo e tempesta.
Bellezza come canto antico, piacere sottile ed effluvio inebriante.
Aurora appannata e buio denso, scintilla e dannazione.
Ogni artista ha inteso la bellezza filtrandone la semantica attraverso l’esperienza e la ricerca personale. Le composizioni di Mastrorilli racchiudono un delicato senso di sospensione, con un plasticismo classicheggiante che accorpa, penetra, diluisce un fondo sempre informale da cui tutto sorge e a cui tutto ritorna. La persiana sgangherata mantiene una purezza dei tempi che furono, equilibrata, quasi palpabile. Si avvertono gli aromi, le atmosfere, il candore della vita genuina immutata negli anni. Alle asprezze dei contorni si combina la dolcezza del vento che danza tra le fessure, turba i fiori abbarbicati, filtra nella trama dei tessuti. L’abbandono apparente è ingentilito dal tocco forte, con l’intersezione dei piani che crea euritmia e intrecci estetici in bilico tra figurazione e utopia. Forme spigolose, figlie di uno studio segnico di gran pregio, lambiscono cromie in evoluzione, in apparente contrasto con la gestualità rigorosa della costruzione complessiva. Una pittura quasi ossimorica, in cui volutamente un raffinato geometrismo penetra l’accostamento memoriale, con il colore protagonista assoluto, che costruisce, si estende in campiture larghe, piene, essenziali, fortemente espressive. Un carattere ricercato, con echi cubisti che non scompongono ma narrano il vissuto, ricostruito attraverso contorni informali, pretesti per azzardi tonali, con dettagli in primo piano indagati per puro godimento estetico.
Una presenza sinuosa e leggera la donna di Basile, colta nei suoi scampoli di solitudine,
meditazione, abbandono passionale. Il corpo è campo di giochi formali che tessono tocchi moderni e tradizionali, come il panneggio, sfumato nelle pieghe chiaroscurate, che spesso avvolge queste immagini femminili quasi angelicate, come prezioso ornamento o soave protezione. La donna è desiderio, adolescente idealista, compagna di vita o sfuggente presenza. Come ambizione onirica, l’immagine è spesso sdoppiata in estensioni disgiunte, atemporali e siderali. Il colore ha un ruolo notevole nei rimandi concettuali e formali, spesso allude a connessione che assimila, altre volte è usato in distonia. C’è osmosi tra superficie e fondo, sostanza e idea. Il profumo transita nelle trame, l’immaginazione s’insinua nelle pieghe rendendo pulsanti tessuti, abiti, corolle. Attraverso la parvenza si dispiega un infinito racconto di ambizioni, desideri, fantasie, tra veglia e viaggio estatico.
La purezza della Natura esaltata dal lirismo pittorico di Enzo Morelli scuote l’anima, tra le bizzarrie trascendenti di Ulivi appassionati e virgulti diafani ebbri di candore mediterraneo.
Innesti sorprendenti quelli proposti dal maestro bitontino, abbagliato dall’imprevedibile intreccio-identificazione tra individuo e creato, vuoto e palpito vitale, da quei rimandi sommessi che non ti aspetti. Come l’antropizzazione di pietre obliate, steli ispidi e disincantati, tronchi visionari e devoti, protesi verso il ricordo, verso la nebbia dell’orizzonte, che sommuove le fronde con pensieri di tenera trepidazione. Storia e poesia si ricongiungono così, istintivamente, con le tracce del passato che fu già presente e i soffi che ancora spirano e carezzano la pelle. Il punto di vista spesso ribassato offre tangenze emozionali immediate, nel punto esatto in cui si scopre quell’infinito celato tra le rughe della storia, che leviga, carezza, penetra e intaglia. La trasposizione affettiva dell’immagine carica di vissuto il racconto, tessendo le fila di memorie germogliate e timidamente accennate. Morelli dipinge il distacco e la rinascita, la fragilità e il vigore, in quella terra dove ogni incontro è traccia, ogni orizzonte è miraggio, mentre il ricordo spira con il vento, il profumo inebria la caligine e il silenzio ammanta. E urla. Dai monocromi fondi bagnati dal crepuscolo, dalle insenature aride, dalle dolci malie che sovente affiorano tra gli anfratti. Distese totemiche movimentano le campagne arse della Murgia, disperdendo tutt’attorno un soffice insidio, alludendo alla vita e all’abbandono, a tutti quei sogni che echeggiano tra gli steli gracili e irsuti e mutano in sensibile epidermide ogni abbraccio. Unico, autentico, eterno.
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