antonio cantiello
mostra a fano
Antonio Cantiello nasce nel 1955 a XCX. La sua passione per la pittura germoglia fin da giovanissimo e lo porta a frequentare gli studi di importanti pittori nei quali apprende le nozioni tecniche ed i segreti del mestiere ma, soprattutto, si confronta con essi. La formazione di Cantiello non è accademica e possiamo paragonarla a ciò che avveniva in una bottega medievale: il giovane Antonio ha cercato e scelto i suoi maestri.
Le sue opere colpiscono lo spettatore, siano esse nature morte o ritratti: esse rappresentano scene quotidiane, famigliari allo spettatore, però in esse l’ambientazione è sempre particolare; è proprio con queste atmosfere che Cantiello colpisce l’animo di chi guarda le sue opere.
Nella serie delle nature morte con manichini, il pittore sembra dare una lettura dell’uomo contemporaneo che ha perso i tratti dei suoi lineamenti: le teste sono senza volto, le mani senza dita. L’uomo del XXI secolo è paragonato ad un manichino che può fare solo pochi e ripetitivi gesti. Dietro a questo si intravede la paura di una classe di burattinai, di perdere il loro potere. I manichini in legno sono privi di una forza motrice, ma animati solo dall’inerzia della ripetitività.
In queste opere si percepisce anche inquietudine ed angoscia generata, oltre che dalla particolare luce, dal fatto che gli oggetti che compaiono in queste composizioni (tutti di uso comune come piccole tele, conchiglie, pennelli o barattoli) a confronto dei piccoli manichini assumono proporzioni gigantesche e incombono sui potenti manichini inanimati.
In queste pitture è protagonista la luce, e naturalmente l’ombra che essa proietta sugli oggetti; ecco come si genera il senso di inquietudine dei quadri del maestro Cantiello. Anche i ritratti hanno una forte carica emotiva e scrutano nei dettagli degli effigiati: ad esempio nei capelli grigi o ricci e nelle imperfezioni dell’epidermide. È sempre la luce ad essere la protagonista ed a far uscire la forza vitale delle persone ritratte che, al contrario dei manichini, sono uomini eroi, che con la loro volontà interiore cercano di controbattere lo scorrere della vita (per questo motivo molti di questi sono rappresentati nell’atto di leggere o meditare un libro). Il pittore ci offre una via d’uscita per evitare di trasformarci in manichini.
“Guardando il cielo” è un doppio ritratto, pieno di significati simbolici. Ad una prima visione dell’opera colpisce il contrasto tra il ragazzo e l’uomo maturo, però entrambi hanno una meta comune, l’osservazione del cielo. Un unico punto ed ognuno cerca di assimilare la visione, a noi interdetta, secondo la propria sensibilità. L’artista ci ripropone il tema classico dell’evoluzione della vita, probabilmente personalizzato da un nonno ed un nipote.
Infine, dopo aver esaminato il simbolismo dell’arte del maestro Antonio Cantiello, non ci si può non soffermare sull’accurata tecnica esecutiva della sua pittura: il pennello stende il colore in maniera sintetica a macchie o descrive accuratamente i dettagli ad esempio delle epidermidi, oppure la luce si impossessa del colore e trasfigura la corporeità materiale dell’oggetto.
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