Mariapia L. Crisafulli: La vita là fuori
Misurandoci con quello che abbiamo di fronte quotidianamente riusciamo a realizzare il nostro pathos e a rappresentarlo, così come faremo con un semplice ritratto, tracciando linee colorate che vertiginosamente coinvolgono la realtà in qualcosa di più semplice e nello stesso tempo di particolare. La poesia ha un difficile ancoraggio nel congegno delle inquietudini esistenziali e non bisogna credere in un’arte amorfa se la vita risulta essere sottrazione di memorie, per quelle immagini che attorniano stati d’animo vari ed articolati: gioie, rimpianti, illusioni, speranze, pensieri, odio, amore. La giovanissima Mariapia realizza un reportage impietoso mettendo gioiosamente in scena virtualità e spettacolo, eventi di cronaca e finitezze eroiche, contraddizioni effimere e meditazioni profonde, ipotetiche fonti di misticismo e chiavi interpretative del sub conscio. Una poesia che si propone densa e amalgamata, a volte proteiforme in un tragitto policromatico che cerca di giungere quasi sempre ad una levatura razionale. Anche se diviso in cinque sezioni il volume si offre come un unico ininterrotto canto, che concede ai versi le più nascoste peripezie in armoniche misure, che a loro volta danno corpo a sentimenti plurimi e vitali. La conflittualità tra solitudine e sussurri, tra sogno ed inquietudine, tra eros e thanatos ha la sua proteiforme complessità, concedendo ai versi quella euritmica armonia necessaria per una verifica del simbolo. “Siamo radici che sotterrano/ rami/ Nelle viscere i frutti verranno/ dalle visceri saranno raccolti/ e ruttati-marciume alla linfa/ Ma un tempo anche noi/ sognavamo,/ persino dal folto delle trincee.” Una panica fusione per una eventuale quietudine esistenziale, dove il soggetto ispirativo si immerge nell’infinito e non riesce a trovare quella che potrebbe essere una soluzione. Di particolare interesse è l’ultima sezione del testo, dal titolo “Sull’invenzione poetica”, nella quale l’autrice tesse una lucidissima interpretazione di come gestire l’atto poetico: “La facciamo complicata/ a predicare/ gli incastri di parole/ che ci scavano le dita/ ma cosa ne sappiamo/ noi,/ che la mattina usciamo/ dalla porta a mani vuote/ e bocche piene di disastri/ A svilire il vicinato?” La sua poesia affronta gli argomenti che sanno di filosofia, di storia, di humanitas, di sconvolgimenti, di avventure ambientali, e vive la sua storia in un armonioso discorso di purificazione che non accenna mai ad un finale.
Antonio Spagnuolo
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