Andrea Taliaco

scultore

Andrea Talìaco nato a Roma il 27 novembre 1940, laureato in architettura all'università di Roma dove è stato assistente in corsi di semiologia dell’architettura.

ESPOSIZIONI

1969 – Galleria Pagani Milano
1960,1970,1972.1973,1974 Esposizione Internazionale di Castellanza,Milano, Museo Pagani
1974 – Galleria Susquehanna, Amsterdam
1975 - Galleria Spazio Sette, Roma
1976 –Galleria Yves Brun, Parigi, Ile Saint-Louis
1987- Maggio-Giugno, Fondation des Pyramides, Port Marly, Parigi
1987 – Palazzo Ghibellino, Empoli – Firenze
1993 – Spedale dei Pellegrini, Barberino V.E – Firenze
2007 – La Spinosa, Settembre – Ottobre Barberino V. E. Firenze
2019 - In mostra in Cina nella città di Wuhan
Sue opere si trovano in collezioni private in Italia, Stati Uniti, Canada, Australia, Brasile, Francia.

Formazione

La vera formazione artistica l’ ho ricevuta frequentando la facoltà di Architettura di Roma a Valle Giulia dal 1959 fino alla laurea. Ho sempre amato disegnare, prima figurativo e poi sempre di più in modo astratto. Ciò che però ha influito moltissimo
sulla mia formazione è stato leggere gli scritti di Umberto Eco sul mensile “Il Verri” quando, a vent’anni, lessi per la prima volta la descrizione dell’Informale come metafora epistemologica e dopo aver letto l’intera sua “Opera Aperta”. Questa è stata la mia formazione unita al frequentare la facoltà dove l’architetto Sacripanti, al primo anno nel corso di progettazione architettonica, mi ha fatto capire che quando si disegna una linea su un foglio di carta si deve pensare non ad una proiezione ortogonale ma ad una dimensione tridimensionale. Questo modo di pensare mi ha portato a diventare prima architetto e contemporaneamente scultore.

Tematiche

A seguito delle letture delle opere di Umberto Eco, la mia produzione si è subito orientata su temi architettonici, per esemplificare cerco di spiegarlo con ciò che ho scritto:
“ Immaginare campagne, mari, periferie, città apparse in velocità.
Gli occhi traggono sintesi, non c’è tempo per fermarsi.
Creare architetture, ideate e immaginate,come forme antiche e future, reperti archeologici di opere contemporanee in scala ridotta, angoscia di esplosioni violente, resti e rovine mute.
Erano i tempi della paura della guerra nucleare.
Bisogno di riconfermare l’ordine primordiale e così fermare tutto ciò nell’attimo in cui la colata si raffredda o segnare a viva forza nel materiale ancora incontaminato.
Simbolo di perfezione industriale: il plexiglass,la nostra presenza di uomini, e non sapendo quando il sole si rifiuterà di asciugare la coperta di rugiada, dare vita a forme semantiche, sculture, disegni, graffiti, oggetti architettonici, opere aperte e vivere.”

Tecniche

La tecnica usata per le sculture è quella della fusione a cera persa, il cui limite è la dimensione e quindi il peso. Al peso ho cercato di ovviare utilizzando l’alluminio al posto del bronzo. Per le opere pittoriche ho usato spesso i colori acrilici spruzzati o su carta spessa da acquerello e dopo incollata su tela, oppure direttamente spruzzati sulla tela gessata da pittore. Per ottenere alcune forme speciali, come architetture o altro, ho usato sagome da me ritagliate su carta spessa, cartone, legno o vetro, o altro.

Bibliografia

LA FORMA DELL'EMOZIONE

E' subito evidente, nell'opera plastica e grafico pittorica di Andrea Talìaco, la matrice informale che esalta il movimento espressionistico della materia, la sua densità, i suoi coaguli, le sue lacerazioni. Ma, se certo è il riferimento alla grande stagione italiana ed europea degli anni sessanta in cui l'artista ha sondato il “respiro” della materia come respiro e movimento del tessuto psichico, del terreno molle della percezione, magma in costante mutamento, energia, spazi di microeventi in consonanza con gli accadimenti del macrocosmo, luogo di dialogo tra sentimento interno e creatività liberata nel gesto, è anche vero, che nella ventennale e più ricerca di questo artista riservato, e poco partecipe della kermesse, pubblicitario-commerciali di tanta parte del mondo attuale dell'arte, l'originario riferimento ha anche assunto nuove valenze, si è arricchito di esperienza tanto a livello estetico e operativo quanto di approfondimenti motivazionali e psicologici.
L'informale di Andrea Talìaco, per chiarire il mio pensiero, non nasce da una manipolazione semplicemente gestuale della materia verso esiti espressivi e comunicativi affidati al casuale incontro tra impulso istintivo immediato e modificarsi della massa, ma è un esito "al di là" della forma, scombinamento ed emozionata rivisitazione di strutture, di figure, architetture, di paesaggi registrati come in un transitare veloce che provoca il compenetrarsi, il fondersi e confondersi sulla retina, ma anche a livello di "impressione" psichica, delle singole forme e delle linee descrittive, fino a restituire una percezione di materia informe, viva, in movimento, ora più densa e compatta, ora rarefatta o lacerata.
Talìaco forma nel bronzo, nell'alluminio o nel legno questa singolare emozione visiva, ne contempla frammenti consolidati come architetture esplose e corrose, ritrovate come giungendo da un mondo futuro, e le colloca su uno spazio supporto quale ricomposizione di una pagina architettonica, ormai irrimediabilmente perduta, su cui stavano, il fregio, la serie di metope, il gioco dei rilievi, il particolare costruttivo.
Attua un'indagine di tipo archeologico nel terreno delle proprie emozioni della forma destrutturata dalla rapidità della visione che, chiaramente, è metafora del "consumismo" visivo, della costante accelerazione “in progress” delle esperienze esistenziali, la quale produce un'incapacità di cogliere, ormai, i termini nitidi della realtà che ci circonda, una conseguente distrazione dall'ambiente naturale e il radicarsi di percezioni e idee incerte e confuse.
È in questo contesto che Andrea Talìaco riscopre la bellezza espressiva della materia che si offre, si contrae, si riapre alla penetrazione e intellettiva dell'artista, come un organismo vivo e altamente reattivo, partecipe in modo diretto del grado quantitativo e qualitativo dell'intelligenza visiva, emotiva, panica dell'operatore; come per gli orientali, ma anche in Lucio Fontana, l'assenza di materia o la sua corrosione, le sue rotture non sono più "perdite", mancanze, mutilazioni, segni di malattia e di morte, ma purificazioni, movimenti armonici di apertura, di scoperta, di sublimazione della materia che si trasforma in energia psichica, momenti di intensificazione dell'attività conoscitiva e di raffinamento delle capacità intellettuali abilitate a cogliere il dentro e l'al di là della forma, della tela della materia.
La scultura di Talìaco nasce, dunque, da suggestioni architettoniche che si trasformano in materia allo stato magmatico e di aperta potenzialità e rideterminazioni, in momenti, in momenti di transizione metaforica, che libera, accentua le possibilità dei sensi interni e trasfigura la materia in luogo di compilazione poetica, in spazio ricco di avvenimenti, di episodi plastici, di processi ritmici in cui si organizza, si espande, precipita, o si volatilizza la memoria visiva e l'immaginazione della realtà.
Questa scoperta guida Andrea Talìaco anche nella stesura di quello che egli definisce “diario quotidiano”, cioè della sua costante registrazione calligrafica dell'emozione visiva ed esistenziale, su fogli di carta da acquarelli, mossa, materia, assorbente, alla ricerca di nuove dinamiche della forma e di nuove focalizzazioni conoscitive da parte della sensitività e del gesto guidati da un'intelligente progettuale che è già gusto e stile sicuri.
Su questi fogli impressioni naturalistiche e forme architettoniche, paesaggio e atmosfera, linee e rassodamenti volumetrici dialogano fittamente, si congiungono e si compenetrano, testimoniando il fondamentale naturalismo e l'irrinunciabile aspirazione all'armonia e all'immersione” panica “ di tutta l'arte informale di Andrea Talìaco.

(Giorgio Segato, Agosto 1987 alla Volpaia )