Gianni Pontiroli

pittore

Gianni Pontiroli, nato a Canneto Pavese (PV) nel 1953, vive e lavora a Canneto Pavese. Autodidatta ha cominciato ad esporre soltanto recentemente e nel 2006 è stato finalista al XXXVII Premio d'Arte Naif Cesare Zavattini di Luzzara. Da allora ha partecitato a numerose rassegne e mostre collettive in tutta Italia

Formazione

Autodidatta

Tematiche

Paesaggi, animali, miti e leggende, personaggi

Tecniche

olio e tempere su tela e cartone telato

Quotazione

cm. 30x40 € 200,00 - cm.40 x 50 € 300,00 - cm. 60 x 80 € 500,00

Premi

L’aulica sensibilità di Gianni Pontirioli è poetica, pura, in grado di rievocare nell’intimo sentire quel moto tanto caro ai pittori naïf, e al contempo di rammentare i cromatismi incisivi dei fauve, seppur permanendo in essa un’estetica del tutto personale e originale.
Il termine naïf, ingenuo, viene troppo spesso connotato di un’accezione negativa, ma in realtà significa più propriamente “colui che è nato libero, puro, onesto”. Peculiarità umane che si possono percepire “tangibili” nella personalità artistica di Gianni Pontiroli. Qualità che difficilmente sono conservabili nell’epoca attuale, dominata da falsi valori e infondate credenze. Nel suo fare pittorico, del resto, emerge un sentimento nativo, ancestrale, che dilaga come uno slancio inesauribile di libertà, mai flebile, bensì capace di diffondersi anche nel riguardante. Uno stato d’animo che sgorga vigoroso dal tessuto delle sue opere, non rimane costretto ed intricato nelle linee della tela, fluisce oltre, illuminando e inebriando la realtà.
Intensa è la tela intitolata “Vieni via con me” in cui è ritratto l’emblematico volo di un airone che si libra da un paesaggio metropolitano metamorfizzato, i cui edifici risultano connotati da una prospettiva distorta che rende la dinamicità del volo estremamente catalizzante. È interessante notare la quasi monocromaticità del contesto in cui, alla silente quiete del blu, profondo come il fluttuare dell’inconscio, è contrapposto l’arancio sgargiante della razionalità. L’opera è realizzata su una superficie di juta, la cui trama, ben più ruvida di altri materiali, viene abilmente “addomesticata” da una pittura sapiente, lineare, priva di qualunque incertezza.
Le forme metamorfizzate costituiscono un trait d’union presente in tutti i suoi elaborati in cui oggetti, animali e persone, risultano avere fisionomie peculiari, talvolta spigolose, connotate da una certa fissità emotiva e contestualizzate in ambienti surreali. Tale staticità non è affatto un elemento sterile, bensì un’avvincente introspezione che costringe lo spettatore ad una presa di coscienza del proprio sé.
Infatti Gianni Pontiroli dipinge sì per una pulsione interiore, ma si indirizza anche verso una raffigurazione ideale che è sempre la risultante fra l’intimo sentire e il mondo in cui egli si trova a vivere.
I colori sono abilmente intellettualizzati. Le campiture, pur essendo dominate da contrasti, non sono mai incoerenti e creano una “tridimensionalità-bidimensionale” che lascia esterrefatti. Le scenografie, dal sapore onirico, risultano intense e struggenti al tempo stesso. Le ombre appaiono quasi inesistenti. Una mancanza che non può che rievocare in alcuni ambienti, e soprattutto nei soggetti animali, la perizia di Fernando Botero. In Pontiroli però, quello che maggiormente colpisce è “l’insolito nascosto”; quel qualcosa che sfugge alla comprensione della coscienza ma che riesce a interpellare e smuovere gli impulsi interiori. Dalle sue vedute, abitate da dimensioni trasformate, insolite, irreali, i soggetti (che non sono soltanto quelli vitali ma anche quelli artificiali) risaltano, si geometrizzano e, svelando i loro più intimi particolari, fanno oscillare le nostre corde psichiche, le fanno vibrare e rispondere a domande esistenziali altrimenti ignorate. Questa “non dimensione” solo apparentemente è priva di emozioni; l’assenza di drammaticità non è un “vuoto senz’anima”, ma si rivela un silenzio carico di ascolto; è quanto di più autentico abita la nostra psiche. La sua arte è un’esplorazione in perpetua espansione verso il divenire.
Carl Gustav Jung in “Ricordi, sogni, riflessioni”, sottolineava: «tutto ciò che si trova nel profondo dell’inconscio tende a manifestarsi al di fuori, e la personalità, a sua volta, desidera evolversi oltre i suoi fattori inconsci, che la condizionano, e sperimentano sé stessa come totalità».