PROSA: "... E VEDO GLI ANGELI GIOIRE"

2017

 

PROSA:  

 

                     

                      “… E VEDO GLI ANGELI GIOIRE”

 

 

 

La prosa "... E vedo gli angeli gioire" è un'opera poetica di Roberto Zaoner, autore italiano, palermitano, che iniziò a scrivere all'età di 34 anni. L'opera fa parte di una raccolta di poesie, aforismi e riflessioni che mirano   a sensibilizzare e catturare il cuore dei lettori, secondo l'intento dell'autore di coinvolgere le persone nell’esperienza letteraria. La prosa è una visione onirica di angeli che festeggiano e danzano attorno alla madre dell'autore, “a concretare similmente un rito salvifico dell’anima della donna che non credeva d’averla, retaggio della sua eternità; possedimento non avito ma spirituale”. Gli angeli esprimono sentimenti di amore, speranza e aspirazione spirituale. L'opera riflette l'interesse dell'autore per il surrealismo e la sua esplorazione di temi legati alla fede, alla redenzione e alla purificazione dell'anima. Altre opere dell'autore riflettono temi di surrealismo.

La prosa è un'opera poetica che descrive una visione onirica dell'autore in cui gli angeli festeggiano e danzano attorno alla madre, che è in attesa di qualcuno che venga a trovarla. L'autore esprime sentimenti di amore, affetto e speranza per la madre, descrivendo il suo desiderio di conoscere il destino spirituale di lei e di poter stare insieme a lei oltre il tempo. La prosa riflette anche temi legati alla fede, alla redenzione dell'anima e alla speranza di una rinascita spirituale ed eterna. Inoltre, l'opera sembra esplorare concetti di purificazione dell'anima, perdono divino e l'aspirazione alla perfezione spirituale.

 

 

TESTO:

 

 

 

… E vedo gli angeli gioire, far festa sulle note di arpe, violini e trombe. Li vedo danzare attorno a lei, anima anelante la vita eterna, a concretare similmente un rito salvifico dell’anima della donna che non credeva d’averla, retaggio della sua eternità; possedimento non avito ma spirituale. Una musica incantevole e ammaliante che mi emoziona e ho brividi lungo il mio corpo, e nelle mie vene scorre sangue purificato, agognante d’amore che tutto vince. Tutti loro non hanno sguardi che per lei. Lei li guarda con dolcezza e si stupisce. Beatamente sorride e danza anche lei, mentre attende. Attende con frenesia qualcuno che venga a trovarla al suono della musica estasiante, dopo essere stata condotta laggiù da un’anima pia, chissà… forse a lei già conosciuta. Ma attende. Chi? Io pensavo di saperlo e volevo portargliene a conoscenza. Attendono il cammino verso l’eterna sublimazione. Non rinnegarla, mamma! Accogli la loro benevolenza! Essi fan festa per te. Vedi? Ti danzano attorno. È l’inizio di una catarsi che hai bisogno per elevarti. Chiederei un oracolo e attenderei la Sibilla nella spelonca di questo monte ricco di frastagli. Vi rimarrei anche una vita per conoscere la futura destinazione dell’anima di colei che mi donò la vita. Ma non so a quale vaticino accostarmi per avvicinarmi alla Verità. Lo voglio per lei e voglio vederla, mia mamma. Mi viene impedito. Chiedo il perché. Non ne ho risposta. Io non appartengo ancora alla loro dimensione. Un’anima quasi perduta, quella al centro della festa. Una creatura che non credeva a niente, tranne che al nulla. Avrebbe arrischiato il buio eterno. Non voglio che precipiti nell’averno e congiungersi agli inferi. Quella creatura aveva sofferto, tanto sofferto. E la sua sofferenza pare essere adesso in procinto di ricompensa. Ora è un’eterica imago. Forse si libererà dai peccati, compresi quelli di negare Lui. Dio sa sempre perdonare, e quello spirito ha ricompensato con la sua sofferenza terrena la negazione di un’esistenza dell’oltretomba e della luce Divina, che ancora è lontana da lei. E da qui la festa degli angeli: l’aver recuperato un’anima che sembrava perduta, in attesa dell’Onnipotente Pantocratore, redentore delle pene temporali delle anime peccatrici. Ora attende. Forse attenderà a lungo. Ma la sua attesa sarà gratificata. Un giorno vedrà la luce eterna. Vedrà l’Altissimo e tutti i suoi cari, a cui lei ha voluto bene qui in terra e da cui è stata amata. Vedrà. Appesantita da tutti i suoi peccati, conoscerà altre anime e riprenderà un’altra vita, lei con la sua diafana parvenza, come tutto non si estingue, ma si modifica. E nascerà una nuova vita. Non sarà tutto perduto e altri orizzonti un giorno si presenteranno a lei, modificata nel corpo, modificata nell’aspetto. L’imago del suo spirito. Rinascita come l’Araba Fenice, che ogni cinquecento anni si lascia travolgere dalle fiamme, per poi rinascere sempre più pura e incontro alla perfezione per avvicinarsi al Celeste Creatore. Adesso non può presentarsi al cospetto dell’Onnipotente con anima purificata e perfetta, ma sta per essere aiutata da tutte le anime che stanno gioendo insieme a lei: angeli in comunione con la Luce Divina e la Santissima Trinità e lo Spirito Santo. E la festa è un auspicio e una speranza di condurre una povera anima che aveva abbandonato l’impervio, misterioso e tumultuoso sentiero della sua vita, nelle gioie e nei momenti di felicità, ma anche nelle sofferenze, che l’avrebbero condotta alla luce Eterna. Non ha saputo e voluto percorrerlo ed accettarlo, o accogliere con gratitudine ciò che la vita le aveva sempre offerto, anche nel bene. Aveva respinto la vita in tutti i suoi aspetti, che solo le anime pie sanno accettare e i buoni e i generosi, i futuri eletti, godendo delle gioie e sopportando con rassegnazione le sofferenze, che sono il fine ultimo dell’avvicinamento al Celeste. L’avevano resa debole e segnata dai peccati temporali, seppur meritevoli di redenzione. L’indulgenza divina è grande. Ma lei deve meritarsela e rimane solo l’oltretomba il luogo ove potersi redimere e riconciliare al divino. Il cammino è lungo per avvicinarsi alla meta della perfezione divina. Vorrei colmarti di vezzi, ma il tuo sembiante è impalpabile ed etereo. Non ti sento al tatto. Mi sorridi. Vorrei essere il tuo previsore e conoscere il tuo destino spirituale per venirti a raggiungere e stare insieme a te oltre il tempo indefinito. Vorrei togliere quelle occhiaie dal tuo volto e col belletto rendere i tuoi occhi più vividi, dando più colore al tuo viso. La tua carne è di un colore bianco gialligno e il sangue rassodato. Ma sei sempre bellissima per me. Mi trasformerei per te in una mitica Euterpe, la Musa che col suo flauto cantava dolci melodie o intonava poesie liriche alla gloria degli dèi. Mi trasformerei per te in usignolo del Creato, che qui sulla terra cinguetta al calar del sole, e seguirti sempre ove tu vai. Illudendomi che il tuo viso abbia acquisito un timido brillio e una pace rassicurante, mi allontano da te e continuo a percorrere la mia strada dentro a questa fosca caligine nell’incertezza della vita, ma con la speranza di non perderti in vicoli angusti e spinosi, da dove non c’è più ritorno. Ma sappi che ti cercherò sempre. Tu mi hai dato la vita. Io agognerò l’immortalità della tua essenza eterica.

Mi desto. Rimango perplesso. Resto sconvolto di come una dimensione onirica possa ingannare la realtà e turbare o rasserenare l’animo di chi ha sognato. Ma una cosa è certa: il volto disteso di mia madre, appoggiata sul raso grigio perla e ringiovanito e senza più rughe, mi parlava. Pareva sorridermi. Un viso rinvigorito. La pace l’aveva già raggiunta. Rimaneva l’avvicinamento a Dio. Ti accarezzavo con tenerezza, ti guardavo con dolcezza e pregavo. Quasi un sorriso mi hai regalato, mamma, prima di non vederti mai più. Porto con me adesso l’olezzo del tuo corpo ormai estinto. Ma non me ne curo. Non potrei altrimenti sentirti vicina.

 

 

 diritti riservati


 

Roberto Zaoner

(08 luglio 2017, rielaborato

il 30 novembre 2020)

                                               

Informazioni generali

  • Categoria: Poesia
  • Eseguita il: 08 luglio 2017

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  • Archiviata il: 25/04/2024

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