WILLIAM SHAKESPEARE – PIÈCE TEATRALE IN PROSA, DAL TITOLO: "IL SAPORE DELLA VITA NEL PRESENTE, SENZA PASSATO, NÉ FUTURO".

2021

WILLIAM SHAKESPEARE – MIA PIÈCE TEATRALE

IN PROSA, DAL TITOLO:

 

"IL SAPORE DELLA VITA NEL PRESENTE, SENZA PASSATO, NÉ FUTURO".



INTRODUZIONE ALL’OPERA: “ROMEO E GIULIETTA”:        (Un amore segnato da un destino ostile e beffardo)

 

 

  

L’OPERA “ROMEO E GIULIETTA”:

 

 

Il Grande Bardo, William Shakespeare, scrisse questa tragedia tra il 1594 e il 1596, all’età di circa trent’anni. Essa è una delle opere tra le più rappresentate della letteratura mondiale e anche una delle storie più famose e popolari del mondo. L’amore dei due protagonisti è diventato l’archetipo dell’amore perfetto e irrinunciabile; quindi ha assunto un valore simbolico.

 

  

(Mi sono ispirato alla tragedia del drammaturgo inglese, il Grande Bardo, per scrivere una pièce teatrale in prosa che ho collocato dopo la trama, in fondo a questo scritto, dal titolo: "IL SAPORE DELLA VITA NEL PRESENTE, SENZA PASSATO, NÉ FUTURO".

Ho pensato ad una ambientazione teatrale, in un unico atto. Il dialogo tra i due giovani innamorati avviene il giorno dopo il loro segreto matrimonio, celebrato dal francescano frate Lorenzo)

 

                                                                                                                   (Roberto Zaoner)

 

 

  

PER LA CRONACA:

 

I nomi delle due famiglie in lotta erano già noti nel Trecento, inserite da Dante nella sua Commedia (precisamente nel canto VI del Purgatorio, versi 105-106-107) “Vieni a veder Montecchi e Cappelletti”.

Solo i Montecchi sono di Verona, mentre i Capuleti, che in realtà si chiamavano Cappelletti, provengono invece da Cremona, anche se si trovano pure a Verona fino agli anni della permanenza di Dante, nell’odierna casa di Giulietta, dove la loro presenza è testimoniata dallo stemma del cappello sull’arco di entrata al cortile dell’edificio duecentesco. Non ci sono notizie di lotte tra Montecchi e Cappelletti, mentre questi ultimi hanno portato avanti per molto tempo una lotta sanguinosa contro i guelfi (in particolare con la famiglia guelfa dei Sambonifacio, nobile famiglia di Verona). Il contesto storico in Dante non fa riferimento alle vicende dell’amore contrariato tra gli amanti di queste famiglie, che non vi appaiono nella sua Divina Commedia.

 

  

APPENDICE ALLA TRAGEDIA:

 

La tragedia è d’ispirazione medievale, sebbene alcuni studiosi abbiano osservato come il motivo sia già presente nella letteratura greca antica. E testimonianza sono alcune tragedie greche con una trama simile a quella di Shakespeare, in specie nella vicenda da “Le metamorfosi di Ovidio”, ove l’amore dei due giovani protagonisti Piramo e Tisbe era fortemente contrastato dalle rispettive famiglie, tanto che i due innamorati erano costretti a parlarsi attraverso una crepa nel muro che separava le loro case e questa difficile situazione li indusse a programmare una fuga d’amore. Nel luogo dell’appuntamento, che era vicino a un gelso, Tisbe, arrivata per prima, incontra una leonessa dalla quale si mette in salvo perdendo un velo che viene stracciato e macchiato dalla belva stessa. Piramo trova il velo macchiato dell’amata e credendola morta si trafigge con una spada. Sopraggiunge così Tisbe che lo vede in fin di vita, e mentre tenta di rianimarlo gli sussurra il proprio nome. Lui apre gli occhi e riesce a guardarla. Per il grande dolore anche Tisbe si uccide accanto all’amato sotto il gelso.

 

 


MIA PROSA:

 

                                     

 “IL SAPORE DELLA VITA NEL PRESENTE, SENZA PASSATO, NE’ FUTURO”

 

 

(In un unico atto)                                                                                                         

                                                                                                                       

                                                                                                                        (di Roberto Zaoner)

 

 

  

La scena si svolge il giorno seguente al loro segreto matrimonio, celebrato dal francescano frate Lorenzo.

 


  

Romeo:

 

Ho staccato un gambo di giglio odoroso dalla fertile, nostra amata terra, e te lo porgo con dolcezza. I suoi fiori bianchi e le aghifoglie ci sorridono lieti da questo stelo e mi parlano della tua purezza. Il tuo venusto e fulgente viso mi parla. I tuoi occhi mi parlano. Fiabe fatate escono dalle tue dolci labbra e la tua bocca di cuore si mischia alla polvere dei miei silenzi per tormentati pensieri. Mi distraggo dunque, ma mi risveglio e son qui ad ascoltarle come armonie lontane di un tempo, ricetto di grandi impronte lasciate nel fango di erosi splendori. Perché mi guardi fisso negli occhi e ti nascondi dietro a un sorriso?

 

 

Giulietta:

 

O’ mio Romeo. Ci siamo sol ieri uniti in matrimonio e Dio possa vegliare su di noi e proteggerci. Sorrido perché sono felice di esserci uniti per la vita.

 

 

Romeo:

 

Qual vale di più? Il matrimonio che unisce o l’amore che proviamo? L’uno val l’altro. Seguo il tuo sguardo che va di là da quella rupe stratificata. Vedo aurore nascenti e tramonti rubicondi e con tratti di color vermiglio. Mia dolce Giulietta, vuoi che ti legga un passo di un breve racconto di un autore dell’antichità classica? Questo libro è una silloge di brevi romanzi di autori dell’antica epoca di classici greci e latini.

 

  

Giulietta:

 

Sì, oh mio Romeo. Lasciami deliziare dalle tue letture di poeti e scrittori che ho sempre amato! Sfoglia alcune pagine di questo tuo libro e deliziami con la lettura dei loro versi!

 

  

 Romeo:

 

Un racconto ha colpito la mia attenzione. Pare somigliare alla nostra esperienza di vita amorosa vissuta in mezzo alle vicissitudini certamente non liete di avversioni e ostilità. Il nostro amore osteggiato da sentimenti di odio perpetuati da tempo immemore tra le nostre famiglie. Non vogliono la pace. Dio abbia misericordia di loro e perdoni i loro peccati d’odio e di malevolenza. Questo che sto per leggerti non è una poesia. È un racconto. Ora te ne leggo alcuni passi più salienti. È un autore dell’antica letteratura greca. Mia cara Giulietta. Ascolta!

 

  

"Il dio Hermes si avvicinò a due giovani innamorati, Oreste e Cecilia, con passo ieratico, e con gesti solenni sguainò la sua spada di fuoco e minaccioso la fece vibrare nell’aria. Era irritato per averlo i due giovani osato solo guardarlo. “Gli dei sono a volte crudeli. Ma non temere, mia cara! “disse il giovane Oreste alla sua donna. “Vedi quelle greggi pascolare senza il suo pastore che fa da guida?” aggiunse l’uomo. Dal monte Cillene era sceso in terra il dio Hermes, che uscito dalla sua grotta sacra, cercava il suo gregge sperduto nella brulla campagna e non trovandolo gridò la sua potenza anche ai suoi eletti. “Questo monte, arido e roccioso e così gigantesco mi fa paura e pure Hermes” disse la giovane Cecilia. “Noi siamo i suoi eletti? Se lo siamo, non possiamo temerlo”, aggiunse il suo amato Oreste. Hermes, trovato il suo gregge, si calmò e dopo uno sguardo più pacato rivolto ai due giovani se ne salì al monte e la sua spada non più di fuoco apparve ai due. Era accostata al suo fianco, mentre il dio saliva lungo le falde del monte. Apparve poi da lontano una donna strana nell’aspetto e inconsueti erano i suoi gesti. Non si capiva da dove giungesse. Pian piano si avvicinò ai due amanti con fare circospetto, quasi volesse nascondere la sua presenza chissà a chi… Non parlava, ma si limitava a gesticolare e le sue vesti erano lunghe, con bizzarri e sgargianti colori, che con la luce del sole parevano quasi accecare i due giovani.

“O’ tu Sibilla, dispensatrice di responsi e vaticini, voglia tu preconizzare il mio futuro e quello della mia giovane amata, insieme, nell’amore e nella sorte, nel dolore, e nelle gioie! esordì il giovane Oreste. “A breve saremo uniti in matrimonio”, rivelò poi il giovane alla Sibilla. “La nostra unione nascerà sotto una buona stella?” chiese inoltre Cecilia alla donna. La Sibilla guardò con contegno il giovane e dopo aver scrutato lo sguardo di Cecilia si voltò e se ne tornò nella sua dimora, con passo lento, ma improvvisamente si voltò verso i due innamorati e proferì solo una breve frase: “I dei vi stanno a guardare e pensano, ma le stelle non brillano. Questo io vedo davanti ai miei occhi”.  FINE DEL RACCONTO

 

 

Romeo:

 

Dimmi or tu, mia adorata Giulietta. Non sembra che il racconto somigli a questa nostra esperienza di vita che stiamo vivendo col nostro infinito amore e tribolato da impietosi demoni che si addensano in mille rivoli di un oscuro destino a noi riservato?

 

  

Giulietta:

 

Non leggere più questo racconto, mio Romeo! Non presenta buoni auspici. Mi fa paura. È superstizione la mia e mancanza di rispetto verso il reale? Forse, ma chiudi quel libro, adorato Romeo! Abbracciami e baciami! Non voglio pensare.

 

 

Romeo:

 

Questo racconto è pura fantasia di quel tal autore d’epoca remota. Non devi temere! La tua superstizione è la logica e spiacevole conseguenza del nostro animo infranto e profanato dai nostri parenti che si odiano a vicenda e si oppongono al nostro amore. Tu pensi che il nostro amore possa essere tenacemente ostacolato e che vinca su di noi il loro odio incrollabile e incontrollato? Non temere, dunque! Non vedere davanti ai tuoi occhi oscuri presagi! Che stai facendo ora? Piangi? Ma no… Asciuga quelle tue lacrime che stanno solcando il tuo triste viso! Anzi, no. Le bacio e le faccio anche mie, perché tu sei parte di me e io di te. Siamo ormai inscindibili, anche se siamo pur sempre due anime distinte, ma sempre unite nell’amore che tutto può. E vincerà anche quello nostro.

 

 

Giulietta:

 

Sì. Vincerà quello nostro. Ti ho voluto e rimarrai con me. Ma ho paura. Questa notte ho vissuto un tormento in sogno. Tu uccidevi mio cugino Tebaldo, e il principe di Verona Escalo ordinava il tuo esilio lontano da qui. Dovevi andare via da Verona entro il far del giorno e prima del cambio della guardia, pena la tua condanna a morte. Triste presagio?

 

  

Romeo:

 

Giammai. Rimango con te e ti proteggo anche dai tuoi fantasmi. È stato solo un sogno. Non tormentarti e non cadere nello sconforto! Lascia scivolare i tuoi orpelli”! Futuro incerto e insidioso e passato velenoso e sogni ricchi di angosce non significano preludi ad amare realtà. Avevamo per un attimo fuggente perso il senso del tempo. Ma il presente non tace. Ci confonde il passato e non pensiamo più al futuro. Ma è quello che dobbiamo volere. Il mio udito assaporerà così il presente col dolce suono del vento incontro all’aulente bianco fiore del giglio immacolato, e da lontano braccianti dei campi che lavorano a opra, madidi di sudore per il magro guadagno della giornata. E saranno esperte mani a impastar il frutto dei grani su fredde madie e a riporlo nei cassetti. Questo è il presente. E un giorno vivremo in una casa tutta nostra e anche noi lavoreremo il grano e lo riporremo nelle madie che attendono di custodire il frutto del duro lavoro dalle spighe gialle e dorate.

 

 

Giulietta:

 

Godiamocelo il presente, oh mio Romeo! Entrasti furtivo nella mia vita, e sguardi e cenni furtivi ci scambiavamo per non destar sospetto.

 

  

Romeo:

 

E pensare che venni a quel ballo in maschera per incontrare Rosalina perché ero invaghito di lei. Ma era soltanto una meteora passeggera. Non sapevo che avesse fatto voto di castità e purezza. E il suo trasporto alle cose divine spinse un angelo e mi portò a te, vero mio amore.

 

  

 Giulietta:

 

Le mie orecchie assaporano il dolce suono del vento e il mio olfatto s’inebria dell’effluvio di questa campagna vicina alla nostra Verona che ha visto nascere il nostro amore ed è testimone della nostra unione che sarà perenne nel tempo futuro. Ma ti prego, oh mio Romeo, godiamoci il presente e tutto quello che può darci! Questa campagna ci conforta col rigoglio dell’amore che ci porge la natura e dona sollievo alle anime audaci.

 

 

Romeo:

 

E audaci andremo incontro all’ignoto nel futuro di una vita che sarà piena di colori. Ne sono certo. E in quella immaginaria tavolozza col pennello ne traccerò un dipinto ricco di colori, mentre il sole calerà all’orizzonte di gaie speranze e mai flebili ardori che tutto si può, se si vuole. Non è solo illusione di un futuro che mai svelerà i suoi segreti alle anime dei mortali. Il nostro destino è già scritto e sarà compiuto quando gli odi si placheranno e sarà pace in terra. E sempre più fulgente il tuo viso splenderà d’amore per avermi con te, mia Giulietta. Rapisci il mio cuore e rimango estasiato vivendo la tua delicatezza nel porgerti a me, scintilla d’anima pura.

 

  

Giulietta:

 

Vivo nella speranza. E la voce di queste spighe di grano ondeggianti mi riportano al presente e senza saperlo è quello che io voglio. Quello che sto vivendo con te è infinita gioia. Il passato lo cancello e non voglio pensare al nostro incerto futuro, in mezzo alle insidie e ai rancori. Non voglio pensare alle dispute tra i nostri cari e voglio fermare l’attimo. Raccogliamo il senso della realtà, amor mio! Quel viscido e velenoso Paride insiste con la mia famiglia per avermi in sposa.

 

 

Romeo:

 

Se solo osasse avvicinarsi a te, possa la mia spada trafiggere il suo cuore.

 

  

Giulietta:

 

Non irritarti, mio Romeo! Lui non mi avrà mai; piuttosto la morte.

 

  

Romeo:

 

Vedi, mia adorata…?! Tengo stretto nelle mie labbra lo stelo di questo aulente bianco fiore e il suo effluvio si perde nell’aria di questa campagna: il giglio, simbolo della purezza, come pura sei tu, la tua anima, il tuo splendore. E muovendo le mie labbra ondeggia come le spighe di grano che fluttuano al ritmo del vento vicino alla frastagliata rupe, non lontana dalle porte della città. Come vorrei che fosse bagnata dal mare e accarezzata da leggere correnti che ruberebbero i cuori anche agli animi irriducibili, che mai si piegano, neppure davanti ai grandi e felici amori. Com’è fortunata la vicina Venezia, accarezzata dalle leggere onde del mare... Come sono fortunati i veneziani che ci abitano… vedere quel Paradiso di mare che non ha mai fine e orizzonti irraggiungibili. E sotto il cerulo cielo il mare è azzurro anch’esso. Si amano e li vediamo all’orizzonte che si confondono in un abbraccio perpetuo. Che bei colori ci porge la natura…

 

  

Giulietta:

 

Se vorremo, toccheremo coi nostri ardori l’estasi di splendenti visioni che solo la realtà può darci: il sole, vallate e fiumi, rigogliose montagne e colline, l’acqua che perenne scende a valle dalle groppe dei monti, e dai clivi e frastagli s’incunea nei ruscelli e arricchisce le falde acquifere, dopo essersi insinuata nei valichi. Il soave rumore della natura che sembra sorriderci ed entra nell’animo come instancabile melodia che sarà sempre viva nei nostri cuori. La luna lattescente che ci guarda sempre estasiata e illumina la terra in una notte splendente e si rispecchia felice nell’immaginario mare che è lontano da questi luoghi e che vedo solo nel mio onirico, ci accompagna coi suoi riflessi lungo il nostro cammino di vita nascente. Se solo i nostri cari si soffermassero e si facessero coinvolgere da tutte queste meraviglie, finirebbero le odiose dispute e le continue lotte senza senso.

 

  

Romeo:

 

A mezzogiorno era l’azzurro cielo e ci invitava a volare pur senza ali, e atteri spaziavamo con le nostre vive fantasie guardando il mondo da lontano; mondo eroso da continue guerre senza fine di uomini che non cedono al proprio orgoglio. Mi chiamerai e ti vedrò rischiarata nei miei vivi desideri d’averti sempre.

 

  

Giulietta:

 

La dolcezza è nell’aria del presente. Viviamolo! Il profumo agreste conforta l’anima mia. La giornata non sarà lunga. Breve è il tempo e il sole non è più alto nel cielo. Solo i ricordi non hanno più tempo e rimangono scolpiti nella memoria irrinunciabile, senza inganni e incertezze, anche se per noi son solo tristi ricordi. Se solo i nostri cari vivessero senza più ricordi che li riportano all’odio insensato e senza fine… O’ Dio, possa tu accarezzare i loro cuori e nella benevolenza i nostri padri non provino più rancore, senza infingimenti.

 

  

Romeo:

 

Il futuro invece è incerto. Godo il presente e tu con me. È quello che debbo vivere in assoluta armonia, e la mia vita viaggerà insieme ad ogni attimo e lo godrò in quel che vorrò fermare come miracolo ritrovato, che cancella il passato ricco di avversioni e veleni e sarà infine armonia mai vissuta ma da noi agognata; noi che ci amiamo. È brama che dà anelito ardente di libertà d’amarci. Anelito verso il bene. Se ne avessero coscienza…

 

  

Giulietta:

 

Per le nostre anime, che vogliono vivere gioiose ogni momento di vita, sarebbe il bene a infondere la speranza alla nostra stessa esistenza, mio amato Romeo, e non rassegnazione che nulla può cambiare.

 

  

Romeo:

 

Tu vivi in piena sintonia il presente e lo vivi con gioia. Io non mi farò intimorire da incertezze e come te voglio godere il presente pur nell’attimo che verrà e sarà incerto. L’attimo è già trascorso e appartiene al passato. Addio ai ricordi e non pensiamo al futuro! Ricordi grondanti di veleni, abomini e disprezzi. I miei fervori e le tue inquietudini   percorrono le orme in sentieri tortuosi, e pur nella notte oscura ci ritroveremo ad ammirare la luce del giorno che verrà, e aspireremo ad essere degli eletti nel viaggio della vita. È la gioia conquistata nei cuori in uno spiraglio di luce.

 

 

Giulietta:

 

Possano essi accogliere questa nostra aspirazione di agognata pace senza fine, con la speme che la nostra ancor nascosta unione possa dare impulso alla loro benevolenza verso l’altro… Il nostro amore possa essere d’unione alle loro anime che ancora vivono in fondo all’abominevole sentimento mai sopito negli anni. Possa il Signore aprire le loro menti alla concordia e abbattere le loro barriere che paiono indistruttibili.

 

 

Romeo:

 

Ci siamo uniti e giurati amore eterno, ma le nostre famiglie non sanno e sono in guerra per lunghe notti e tempi oscuri e noi siamo tormentati. Cosa ci aspetta il ritorno a casa? Sarà un brutto ricordo di odioso contrasto sfociato nell’avversione che speriamo sia spazzata via dal nostro amore? Dobbiamo ritornare nelle nostre famiglie e far finta di odiarci anche noi? La nostra strada è tristemente tortuosa e non ci permette di tracciarne le orme insieme. Ma noi vinceremo. Il nostro amore vincerà, perché l’amore vince sempre. È sopra ogni cosa. Accarezzami, mia Giulietta! Accarezzami! Fammi sentire il tuo calore! Io ti abbraccio forte e non vorrei mai staccarmi da te. E ora andiamo via da qui! Il sole va calando dietro le cime stondate di quei poggi e il cielo assume il color vermiglio prima dell’imbrunire in questa giornata sgombra da nubi. E un altro giorno ci aspetta nell’incertezza. Tienimi per mano e andiamo incontro al nostro futuro che vincerà su tutto e su tutti! Ti amo.

 

 

(I due novelli sposi ritornano in città senza certezze. Un grido di speranza si eleva nell’aria che olezza di campo di grano danzante per il vento leggero e circondato da una campagna boschiva. In una radura hanno appena trascorso felicemente la giornata. E il sole color scarlatto va timidamente nascondendosi dietro le cime di poggi, poco più bassi delle colline, accarezzate da un timido favonio).

 

  

 

Diritti riservati

 

 


 

Roberto Zaoner

(novembre 2021.

Testo della prosa

riveduto il

05/12/2021)

Informazioni generali

  • Categoria: Poesia
  • Eseguita il: novembre 2021

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  • Archiviata il: 29/02/2024

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