VINCENZO CASTELLA Aiming at the Dust
VINCENZO CASTELLA
Aiming at the Dust
7.12.2013 – 8.02.2014
Studio la Città presenterà nei suoi spazi espositivi, una quindicina di fotografie dell’artista napoletano, tratte dalla nuovissima serie sul Rinascimento italiano. Alle pareti, oltre ad immagini di grande e media dimensione, anche due video inediti che vogliono rappresentare un tentativo di confronto e frammentazione del concetto di “tempo” dentro la scrittura fotografica. Una sorta di documentario virtuale in cui le immagini “girate” saranno quelle del ciclo incompiuto di Melozzo da Forlì e scene tratte dagli interni della chiesa di Santa Maria Degli Angeli a Roma.
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Aiming at the Dust
(Frasi dell’autore)
Ciò che più amo della fotografia è il suo carattere EMPIRICO - INDAGATIVO – DUBITATIVO, è come fosse una macchina straordinaria per immaginare e intravedere il volto complesso, intrigato e sempre sfuggente della realtà.
Non ci sono storie da raccontare ma, forse, modelli da immaginare, visioni da restituire.
La fotografia è il linguaggio più idoneo per ascoltare la realtà come l’insieme di quello che puoi vedere e di quello che non puoi vedere.
La fotografia non si realizza scegliendo il frammento, ma piuttosto invocando la partecipazione simultanea di miriadi di dettagli, impressioni, incidenti, fatti, corpi che si ristrutturano come una cosa nuova in un nuovo quadro la cui dinamica e logica gerarchica non possiamo controllare completamente.
E’ come confrontarsi con il “tempo reale” cinematografico “montato in macchina” in un unico quadro di lavoro.
La fotografia ha la proprietà di associare tutti i tempi e tutti gli spazi.
Non appena ci si “sporge” la possibile visione evapora e si mostra solo se stessi: più l’autore cerca l’imposizione del risultato più in qualche modo esso diventa il frutto di una sovrascrittura di suoi preconcetti.
Il mio approccio ha cercato di condividere simbolicamente i presupposti delle discipline forensi, creare e organizzare i piani visivi come documenti per ricostruire identità ed eventi, la prova della vita a partire dal trauma e la perdita del corpo… e il velo atmosferico.
Fotografare significa comprendere la polvere che ti separa dalla cosa che stai guardando: è solamente quello, il colore della polvere dell’aria che colora tutto il resto.
La cosa più importante per me è questo meccanismo, non la ricerca estetizzante del singolo colore.
In questo mio progetto sul Rinascimento Sacro Italiano la direzione verso la quale ho rivolto lo sguardo è un punto equidistante tra la scultura, la pittura e la polvere .
La quantità di tempo che la ripresa necessita è pari alla quantità di tempo indispensabile per fare accadere dei cambiamenti sulla scena. Anche in apparente immobilità, nel frattempo i cambiamenti della luce si sommano.
Mi piacerebbe poter cogliere sempre di più il tempo dentro l’immagine.
Cenni biografici:
Vincenzo Castella nasce a Napoli il 21 aprile 1952. A Roma dal 1968, studia lettere moderne e antropologia strutturale, è musicista e nel 1970 è elemento fondatore di una band d’avanguardia di blues urbano chiamata Blues Way, presente nella scena musicale sperimentale di quel periodo.
Inizia a fotografare nel 1975: Geografia privata è il primo progetto realizzato, un lavoro a colori sugli interni domestici, tra memoria e stupore.
Nel 1976, 1978 e 1980 negli Stati Uniti realizza un ampio lavoro sulla vita e l’architettura degli afro americani delle città del Sud. Oltre alle immagini, in bianco e nero e alle diapositive a colori, gira un film in 16 mm, Hammie Nixon’s People, presentato alla mostra A Noir a Milano nel 1998 e al cinema The Balie di Amsterdam nel 2000 nell’ambito del festival Film Interrupted.
Dal 1980 i suoi interessi si spostano verso la trasformazione del paesaggio, le architetture, le contaminazioni urbane e la scena industriale. Nel 1999 partecipa alla Biennale di Fotografia di Torino riproponendo le immagini di Geografia privata.
Le prime immagini del 1998 sulla città dall’alto sono presentate nel 2000 allo Spazio Oberdan nella collettiva Milano senza confini (con Thomas Struth, Fischli&Weiss, etc) e ad Amsterdam nella Paul Andriesse Galerie; è l’inizio del suo lavoro The Book of Buildings, una serie di fotografie dall’alto sulle consonanze e imperfezioni delle città europee.
Il suo lavoro è presentato, in sedi istituzionali europee, (personali ad Arles - Abbazia di Mont Majour, alla Fondazione Re Rebaudengo Sandretto - Guarene, nel Museo di Villa Manin di Passarianoetc.) che testimoniano lo sviluppo della ricerca iniziata nel 1998.
La sua visione si muove progressivamente sulle grandi superfici dell’urbanizzazione.
Le sue fotografie appaiono sempre più anarrative, ipnotiche: realizza vere e proprie ipotesi di attraversamento visivo della complessità del tessuto e dell’intreccio delle città, producendo grandi stampe a colori (180 x 225 e 180 x 300 m.) da film di grande e grandissimo formato, alcune esposte nella personale nella galleria Studio la Città di Verona nel 2007.
Di questa ricerca fanno parte immagini di città italiane ed europee come Napoli, Milano, Rouen, Caen, Le Havre, Helsinki e Berlino e immagini di città e territori più critici come Ramallah e Gerusalemme.
Il “punctum” della ricerca sono la distanza e la dislocazione, ricerca estranea all’interesse per l’evoluzione dell’apparato estetico e stilistico, bensì strettamente correlata all’analisi del linguaggio dell’esistenza e della visione. Dal 2006 al 2008 Castella realizza con il gruppo Multiplicity Cronache da Milano, un’istallazione video di sei attraversamenti animati in simultanea su sei fotografie dall’alto che includono sei scenari di fatti di cronaca nera a Milano. I movimenti di macchina virtuale restituiscono un insieme spiazzante sulle differenze e le relazioni della complessità e dell’invisibilità della vita e della morte nella città.
sabato 7 dicembre 2013
Lungadige Galtarossa, 21 37133 Verona - Verona - VR - Italy
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