LA NOTTE
OLIO, TELA, 2004
COMMENTO ALLA “ NOTTE”
L’iperrealismo espresso da Silvano Battimiello acquista una fisionomia ed una dimensione autonoma rispetto al contesto pittorico in cui si inserisce.
Al di là, infatti, delle forme, dei colori e, perché no, delle rappresentazioni dal tenore ritrattistico, si celano una serie di messaggi subliminali, che rendono l’approccio alle opere di Silvano abbastanza articolato e dalla lettura pluridimensionale, tanto da poter distinguere un aspetto essoterico, di facile lettura ed aperto ai più, ed uno esoterico, celato nei risvolti della tela e riservato a pochi, che, con occhi forse ispirati, riescono a cogliere l’intimo significato.
L’osservatore, a prima vista, rimane sconcertato da una narrazione cruda e scabrosa, da far mancare il fiato. Sente la propria sensibilità, impregnata di remore morali ed inibizioni, messa a dura prova, investita ed aggredita, ed è preso da un senso di smarrimento e confusione, tanto che gli verrebbe istintivo sbottare in un disappunto sdegnato e scappare disgustato.
Ma, tuttavia, è trattenuto.
Ed è questa una peculiarità delle opere di Silvano, le quali se da una parte offrono lo spettacolo di una realtà squallida ed avvilente, dall’altra hanno l’effetto di suscitare sentimenti forti e profondi, che inducono una riflessione seria e sentita, nella quale lo spirito riacquista equilibrio e serenità, dopo lo sconcerto iniziale.
Ed è qui che si apprezzano lo stile di Silvano, il tratto asciutto e preciso, una tecnica che, pur rifacendosi alla cartellonistica pubblicitaria, riceve una elaborazione del tutto autonoma sia nella capacità narrativa che nello sviluppo. Tutti elementi ottenuti grazie ad uno studio attento, una ricerca continua, un confronto costante ed una volontà di esprimere un intimo sentire maturato ed affinato alla scuola della vita.
Pertanto, è sicuramente vero che la riproposizione impeccabile di un manifesto (quasi staccato dal pannello delle affissioni e riattaccato sulla tela), che invita ad acquistare il solito calendario di fine anno con modelle, attrici e shoow girls in cerca di facili successi, dalle procaci e conturbanti forme femminee, in atteggiamenti ammiccanti e seducenti, inevitabilmente provoca turbamenti ed eccitazioni in animi maschili.
Ma, la visione contestuale di una mendicante implorante l’elemosina, che espone un testo sacro aperto con l’immagine del Cristo su di un foglio e la dicitura: “ … oggi sarai con me in Paradiso.” sull’altro, quasi a dare forza alla sua implorazione, offre lo spunto per una riflessione ampia che va dal contrasto stridente tra una condizione giuliva ed una miserevole, alle diversità sociali ed economiche, che stimola, nell’evidenziare una realtà fatta di disagio ed emarginazione, una sensibilità sociale sopita, che fa acquisire alla tela valore di denuncia.
Ma se questo è, è vero in parte, e l’osservazione più attenta, unita ad una conoscenza diretta dell’autore, della sua psiche più intima, nella duplice componente conscia ed inconscia, adeguatamente scandagliata, portano a definire come parziali tali interpretazioni, incredibilmente, quasi inverosimilmente, ma sicuramente . . . parziali.
La chiave di lettura per l’ulteriore approfondimento ci è fornita dalla dicitura: “ … oggi sarai con me in Paradiso.” che è un brano contenuto nel Vangelo letto nella domenica di chiusura dell’anno liturgico 2004. Immediato è, quindi, l’accostamento all’altro calendario, quello delle donne procaci, il cui Paradiso, fatto di goduria mondana, si rivela futile e vano, se confrontato al Paradiso proposto dalla mendicante, verso cui risulta predestinata, in quanto predisposta dalla condizione miserevole.
A questo punto, ciò che risultava una denuncia sociale, di una condizione di disagio e di emarginazione, capovolgendone il significato assurge al rango di gratificazione morale e quella umanità sofferente, in tale rovesciamento, risulta essere l’umanità veramente gaudiosa, in quanto la sofferenza le spalanca le porte del Paradiso.
La sofferenza come banco di prova dell’animo umano, dove è forgiato lo spirito e l’essere umano matura la consapevolezza della transitorietà della condizione terrena, proiettando in una dimensione ultraterrena il raggiungimento della felicità impeditagli sulla terra.
Ed è un po’ come il chicco di grano che se non marcisce nella terra non può portare frutto ed è anche l’ammonimento ai discepoli fatto dal Cristo per il quale se non moriva non poteva portare a compimento la sua missione.
Ma se alla sofferenza gli attribuiamo un ruolo catartico, di strumento di espiazione e di purificazione (ed il tema della purificazione è ricorrente in Battimiello) non è comprensibile il ruolo dell’aiuto, che appare quasi pleonastico e fuori luogo. Che senso ha, infatti, invocare aiuto (con molta enfasi ed insistenza) se alla fine ottenerlo sarebbe controproducente per il raggiungimento del fine ultraterreno?
E lo stesso discorso vale per la farmacia ed il bingo. Che senso ha, infatti, contrapporre la farmacia, dove si ottiene il farmaco, con il bingo, dove si alimentano le illusioni sfidando la sorte, se curando la malattia, si perde la condizione di bisogno e si preclude l’accesso al Paradiso ?
E sono questi i limiti della narrazione di Battimiello, che alla fine appare soltanto un frutto avvelenato dei tempi moderni, dominati dal discrimine praticato a tutti i livelli, sia istituzionali che sociali ed interpersonali, che si sia consapevoli od inconsapevoli, religiosi o laici, credenti o atei, sensibili alle istanze sociali o meno, ecc. ecc. e sempre e comunque contraddistinti dall’AVERE come “status simbol”, a cui nessuno rinuncia, riservando all’ESSERE il compito di commiserare ed alle ideologie di stampo religioso quello di spacciare una banale compassione per amore fraterno.
Ma sarebbe ingiusto portare il discorso sullo strumentale e sulla ipocrisia.
Se una accusa va fatta a Battimiello è quella di sentirsi autoinvestito di una missione, che è quella di valorizzare la sofferenza, di cui, secondo il nostro, l’esistenza è pregna se non satura, e prendendo coscienza di ciò farne uno strumento di redenzione, ad imitazione della testimonianza del Cristo.
Appare, con ciò radiografato l’animo di Silvano, profondamente inciso da un sentimento religioso coltivato con dedizione e passione intensa, da cui, tuttavia, emergono innegabilmente segni di una esistenza vissuta con pienezza in tutti i suoi aspetti, sia piacevoli che dolorosi, e con quest’ultimi certamente superiori ai primi.
Rimane, comunque, piacevole osservare le sue opere e soffermarsi sulla cura del particolare, su quegli elementi tratti da una realtà che se da una parte si sommerge, dall’altra ci appare familiare, sulla descrizione degli ambienti, che pare abbiamo da poco visitato, nonché sugli oggetti in particolare le auto ed i bus riprodotti in una maniera tale da apparire in movimento sulla tela, con i rumori del traffico cittadino.
Ed è ciò che ci rimane negli occhi e rimaniamo stupefatti, il suo realismo che diviene iperrealismo concettuale.
Giuseppe BENINCASO
Informazioni generali
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Categoria: Pittura
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Eseguita il: 2004
Informazioni tecniche
- Misure: 100 cm x 150 cm
- Tecnica: OLIO
- Supporto: TELA
Informazioni sulla vendita
- Disponibile: no
Informazioni Gigarte.com
- Codice GA: GA1462
- Archiviata il: 04/11/2007
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