Sigfrido Oliva. “Vedute Romane”. >Massimo esponente del vedutismo romano, l’artista ci regala opere velate da romantiche e poetiche suggestioni
La pittura di Sigfrido Oliva si incentra principalmente sulla riproduzione del reale, basata su una rigorosa impostazione prospettica che guarda al paesaggio come fonte d’ispirazione. L’artista prosegue il discorso di una tradizione pittorica che ha origine nel ‘700, e affida alla sua profonda sensibilità la capacità di cogliere le sfumature e le suggestioni cromatiche dei paesaggi romani.
Di lui e della sua arte, versatile ed eclettica, hanno scritto illustri critici e personalità del mondo artistico, come Claudio Strinati e Gabriele Simongini, ma prima di tutti Carlo Levi ed Elio Mercuri, cui va il merito di aver presentato il catalogo della prima mostra alla galleria “Il Capitello” di Roma.
Dal quel lontano 1961, anno in cui si è trasferito nella capitale dalla sua amata Sicilia, Oliva ha acquisito meriti e consensi esponendo sia in Italia che all’estero.
L’artista siciliano ha sempre affiancato alla produzione artistica lo studio delle arti visive e incisorie, completando i corsi di nudo e decorazione. L’acquisizione della tecnica, nell’ambito di una continua ricerca espressiva, lo conduce ad un grado di abilità pittorica carica di virtuosismi cromatici, paragonabile a quella dei grandi maestri del passato.
Il temperamento artistico, la passione che riversa nella pittura e nella varie categorie espressive quali il disegno e l’acquaforte, con cui produce eleganti ritratti di persone e animali, contribuisco a delineare il profilo di una personalità artistica di chiaro stampo tradizionale, sia per la raffinata esecuzione, libera nei contenuti ma rigida nell’esecuzione, sia per l’unicità dell’interpretazione, filtrata da una sensibilità d’altri tempi che contraddistingue l’uomo prima ancora dell’artista.
Lo sguardo, catturato da momenti ricchi di quella naturale umanità che si riversa nella quotidianità familiare, riproduce sul supporto soggetti capaci di suscitare tenere emozioni, affidando all’incisione il compito di fissarli in una dimensione senza tempo.
Un vasto repertorio è costituito principalmente dalle vedute romane, di cui oggi Oliva è massimo esponente. Un dialogo quotidiano con la città eterna che ispira il suo genio pittorico, come catturato da un’insanabile malia, nel tentativo di afferrare la sua ineffabile bellezza. L’ultima mostra, presentata alla Biblioteca Comunale di Ladispoli, ha raccolto gran parte delle sue opere, tra cui primeggiano gli scorci romani, di cui segnaliamo “Fontana dei Fiumi” e “Angelo di Ponte”, superbe rappresentazioni pittoriche dell’arte scultorea, in cui riecheggia l’eterno richiamo dei fasti rinascimentali e barocchi.
L’artista ci regala romantiche suggestioni, dipingendo il paesaggio avvolto da un’atmosfera nebulosa e sognante. Le pennellate distese sulla tela legano gli elementi con leggere velature, che attenuano la corposità dei colori ad olio. Un effetto sfumato che confonde i contorni delle cupole, le sagome degli edifici, i profili delle statue, mentre una luce soffusa e opalescente si insinua tra i monumenti ritratti in lontananza, all’ora del tramonto. L’artista annota le sue sensazioni sulla tela. La linea che diviene segno, il colore assurto a linguaggio, sono viva espressione di discorso estetico che continua ad emozionare.
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Rosa Orsini [critico d'arte]
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