FRAMMENTI DI ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA
“FRAMMENTI DI ARTE CONTEMPORANEA”
QUANDO L’ARTE INCONTRA L’UOMO
Cinzia Tesio
L’arte è rivoluzione e rivelazione: questo è il concetto chiave della rassegna “Frammenti di arte moderna e contemporanea” che apre le porte al nuovo spazio espositivo Art Gallery 37. Un luogo di incontro artistico e di confronto atto a valorizzare l’estro, il genio, il sentimento e l’anima ovvero quel luogo di passaggio dove tutto ha inizio. Questa prima mostra mette a confronto l’arte moderna con indiscussi maestri che hanno segnato la storia dell’arte e che sono stati l’ispirazione di contemporanei dall’alto valore artistico. Interessante è il lavoro che Carlo Iorietti presenta in mostra dal titolo”Rita”, Capolavoro avvicinabile all’arte di due maestri presenti in mostra: Morlotti e Vedova. Analizziamone le ragioni. Il percorso di Morlotti è stato influenzato da grandi artisti che hanno segnato la storia dell’arte: Morandi, ad esempio, degli anni trenta. Il Morandi espressionista, molto materico e, poi, dai successivi anni quaranta con opere molto colorate. In questi anni il modello a cui guarda Morandi è Corot. Come per Morandi anche i mondi di Iorietti hanno una prospettiva interpretata, non reale, la realtà della natura non è indagata in senso descrittivo. Ciò che l’artista torinese vuole raggiungere è la realtà della pittura. Per alcuni aspetti può sembrare astratto ma non lo è; come per Morlotti anche Iorietti crea una pittura legata ad una “realtà astratta”. Come afferma Elena Pontiggia: “Nei quadri di Morandi ci sono sempre oggetti riconoscibili finalizzati al racconto di una realtà altra, una realtà della pittura”. Parte del lavoro di Iorietti, così come lo sfondo del fotografo Roberto Borra, perdono il confronto con la realtà e varcano la soglia dell’informale. Cercano di conquistare un’altra dimensione, quella della forza espressiva della “non forma”, più liberatoria e viscerale. Per Iorietti il gesto, per Borra l’intervento fotografico digitale o pittorico diventano “gestualismi esistenziali”: un fare arte come una teatralizzazione dei propri sentimenti, concetto ben espresso da Borra che lo rappresenta con vigore nell’opera inedita“ 24 agosto 2016,ore 3,36” dedicata al terremoto del centro Italia. Caratteristiche queste fondamentali nella produzione di Emilio Vedova, l'artista veneziano, protagonista di spicco dell'informale europeo presente in mostra con l’opera ”Spazio opposto n°17”. Per Roberto Borra sarebbe però limitativo il collegamento con l’arte caratterizzata dalla mancanza di forma. E’ fondamentale analizzare i suoi scatti fotografici su cui interviene successivamente in modo profondo con un occhio antinaturalista. Da qui il collegamento con la metafisica: cosa sarà il soggetto che l’artista cerca con la sua macchina fotografica alla mano? De Chirico, Nietzsche alla mano, risponde: sarà un “non soggetto”. Ciò non significa che nei lavori di Borra non ci siano degli oggetti o delle forme, ma solo che il loro soggetto vero sarà diverso, la rappresentazione del “cambio di senso” .Dalla metafisica giunge anche un altro concetto molto importante: la rivelazione. E’ il momento in cui un artista, come aveva intuito Schopenhauer, diventa “soggetto puro della conoscenza” ricevendo dall’esterno un impulso che si traduce in opera plastica per mezzo di linee e di volumi. E’ il lavoro di Alberto Bongini dal titolo: Taz.@love.nov.it concesso per l’occasione dalla Collezione della Casa Museo Sartori di Castel D’Ario in provincia di Mantova, cui appartiene. Per il maestro torinese tra la cosa che ha provocato la rivelazione e l’opera finita non vi deve essere somiglianza diretta; per abolire tale somiglianza interviene la ragione, che guida l’artista a definire le nuove forme rinunciando a tutto ciò che è superficiale. Il tutto è arricchito dal colore a dal concetto di comunicazione tipico delle Pop Art. In mostra il suo lavoro può essere avvicinato al mondo luminoso di Marco Lodola. Entrambi hanno la capacità di trasformare i loro soggetti in icone pop. Il linguaggio artistico di Bongini risulta estremizzato nelle forme e nei contenuti pur mantenendo sempre una notevole attenzione all’estetica della forma ed è caratterizzato da colori brillanti e vitali.Proseguendo è interessante analizzare l’unione e il collegamento che Michelangelo Tallone ha trovato nel lavoro di Mario Ceroli, presente in mostra con una interessante opera dal titolo: “Profili”. I discorsi dei due maestri sono avvicinabili alla fluidità sintattica. P. Bonfiglioli collega il tutto alla scuola glossematica: “come sostanza dell’espressione o materialità, fisicità del segno; come sostanza del contenuto o valore sociale, comunicativo e in definitiva ideologico del segno”.Come nel discorso del grande scultore abruzzese, anche il lavoro di Tallone che si presenta in mostra con l’opera: “Dualismo” appartenente alla serie delle Putrelle, consiste in una sorta di sintesi linguistica dell’immagine a segno e del segno a sostanza dell’espressione o materialità segnica.Le putrelle mostrano, quindi, la consistenza fisica del segno. Un codice dell’edilizia che si sottrae alla propria specifica funzionalità ed è costretto a trasformarsi in arte dal profondo valore concettuale. Ed è a questo punto che Tallone incontra l’uomo: le putrelle attraverso la loro forza rappresentano il bisogno, l’istinto, il desiderio. Ma attraverso il filo il soggetto è abbandonato dalla forza della parola. Tallone non crede che l’uomo possa trovare la propria forza in solitudine ma è consapevole che ha bisogno di comunicazione; quando questa però si limita a una buona linguisticità è indice di una comunicazione bloccata, che costringe l’uomo a ripiegarsi su se stesso e l’unità diventa solo idea. Da qui deriva il fulcro dell’opera di Tallone che, come i lavori di Ceroli, sottolinea la natura contraddittoria e doppia dell’uomo in ceramica o in legno. E l’uomo è anche il perno del lavoro di Alessandro Merlo. Uomo inteso come persona viva che può afferrare qualcosa di inafferrabile ovvero il fascino e la profondità di tutto quello che caratterizza il suo cuore. In quest’ottica indubbiamente il punto di arrivo dell’artista torinese è sicuramente il mondo di Marc Chagall. Evoluzioni di tecnica e percorsi hanno portato il grande maestro a reinterpretare in modo del tutto personale le tendenze artistiche del tempo: tagli geometrici, scomposizioni, intersezioni, simultaneità di motivi, che hanno mantenuto il loro sapore di fiaba e si sono sovrapposti ai ricordi infantili della terra natia. Merlo crea un lavoro attuale ma vicino al mito: realtà e illusione si confondono, invenzioni personali e tecnica si intersecano creando affetti di grande armonia e un racconto ricco di metafore ed allusioni. In occasione della mostra “Frammenti di arte moderna e contemporanea” l’artista torinese presenta “Fu questione di una selva oscura” un ‘opera già apprezzata nella bipersonale con Borra,“Natura Mundi” presentata da Francis Buffille nella suggestiva location della Casa degli affreschi di Novalesa(To).
Per usare le parole di Chagall: “L’arte mi sembra essere soprattutto uno stato d’animo”.
In occasione della mostra verrà pubblicato un catalogo a colori con i testi di Cinzia Tesio e di Roberto Borra.
sabato 17 settembre 2016
VIA BUNIVA 9/TER/F - TORINO - To - Italy
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