Io capisco il silenzio del cielo
Io non ho mai capito la parola umana
Hoelderlin
COMMENTO CRITICO A RICCARDO BATTIGELLI – A CURA DEL PROF. STEFANO SANTUARI – NOVEMBRE 2015
Se, considerato il periodo di esperienza con il maestro di Bologna, dovessimo proprio, e non è assolutamente una strada obbligata, vincolare per esteriorità apparenti Morandi a Riccardo Battigelli, potremmo dire che Battigelli sta a Morandi come Millet sta a un pittore Zen.
Morandi estraeva dagli oggetti, dal contesto fenomenico dell’esistenza, intense individuazioni simboliche prive di ogni possibile compiacimento, rapidamente, dopo lungo studio e meditazione, con velocità rapace, proprio come un’opera Zen.
Battigelli appartiene, invece, alla categoria dei pittori spirituali, quelli che Ceronetti definisce i soccorritori e ispiratori invisibili.
Il suo percorso artistico è un poema dell’esistenza umana in terra d’Occidente. Tutta la sua pittura, nature morte-paesaggi-figure, è la ricerca inesausta di un punto di equilibrio cosmico tra il mondo degli Eterni e il mondo sub lunare, intermedio. C’è, ed è evidente, una pietas, nell’incantata dolcezza dei suoi paesaggi, delle sue figure. I colori nelle nature morte, densi e liquidi, al tempo stesso, dicono che sono figli della luce che gli occhi umani non riescono a vedere veramente, se non attraverso la carezza e il riflesso sugli oggetti. E se il Tempo-Polvere si accumula su un vaso, questo è l’inganno dell’immanenza, non della luce, che è redenzione, benedizione e preghiera.
I suoi cieli ancora chiari, gravidi di nuvole infuocate, ingaggiano una battaglia senza esiti certi con le ombre invadenti e incombenti. Forse, successivamente, le tenebre irromperanno con schiere maligne, ma dalla terra, dagli alberi, dai cavalli che tornano alle stalle, Battigelli fa nascere un salmo. Un’orazione colma di religio, in cui nulla sarà veramente abbandonato, dopo quegli attimi convulsi e radiosi.
Gli stessi fiori secchi o reclinati, varcano la soglia della sua pittura, quasi disposti in posizione araldica e paradigmatica, scarniti nella loro materia sottoposta al divenire, ma conservati nella loro essenza, come se avessero fatto un voto di umiltà e castità.
Natura da ‘’ascoltare’’ quella che abita nei quadri di Battigelli, materia che brilla e si oscura; tutto in lui è pregnanza metafisica di un mistero doloroso e eroico che intride l’anima del mondo e dell’uomo. Mistero doloroso di un silenzio che ci avvolge e sospende le nostre sciocche e vane chiacchiere e un eroismo che si compatta, come un chiodo d’oro, come nella sua opera Radici di una Croce nel mondo. Qui è inchiodata la Parola, la Giustizia, L’Amore che, però, con le lunghe e vitali radici continua a confortaci nella nostra condizione sospesa di fantasmi insensati; che, invece di salire le scale che conducono alla luce (vedi anche il suo ‘’Aenigmaticus’’ del 2014) , si rifugiano nella demenza e nell’impurità terrificanti dei latrati delle informazioni quotidiane e dei raduni tribali, mitragliati a suon di decibel.
La pittura di Riccardo raccoglie e amplifica, dal figurativo alla pura espansione cromatica, ma mai astratta, il filo rosso delle più alte urgenze novecentesche: l’eredità della tradizione naturalistica e la sua depurazione formale.
Luce terrena e astrale la sua, colma di lontananze e nostalgie.
E’ un’arte che interroga, quella di Battigelli, ma senza parole umane troppo … umane.
La sua voce è quella del Vento che avvolge le sue nuvole incendiate nel cielo.
Stefano Santuari
Prof. Stefano Santuari [Critico e Storico dell'Arte]
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