Rivista ExpoArt
RAFFAELE CANTONE Hegel sosteneva che “se gli uomini avessero raccolto i sogni che hanno avuto durante la loro esistenza vedrebbero sorgere un’immagine chiara ed esatta del loro spirito in quel periodo”. Così osservando le immagini suggestive e profonde delle opere di Raffaele Cantone, si resta sedotti dall’intensa espressività intimistica e poetica, che nasce non solo da aspetti meditativi e onirici al contempo, ma da una narrazione che vira verso l’introspezione sia nella ritrattistica che nelle scenografiche composizioni teosofiche. Un dualismo tecnico apparente, che all’occhio superficiale appare anacronistico stile e che invece, cela uno stesso “stigma”che diviene dicotomia della stessa ricerca. Difatti, sia nelle suggestive e atemporali atmosfere pittoriche pluricromatiche, sia nelle graphie in bianco e nero, colme di brillanze e ombre dei suoi volti iperrealistici, sembra rivisitare la teoria leonardesca, secondo cui “…la diversità di un viso disegnato non dipende dalla diversità delle proporzioni ma da una luce spirituale che da essa riflette”. Così l’artista beneventino sublima il suo pensiero e dalle pupille dei suoi soggetti (compresa quella del suo Autoritratto), emana lo stesso “unisono”,che rifulge di bagliori analogici tra la natura interiore dell’uomo e quella che lo circonda da lui celebrata , come espressione del divino. Egli magnetizza l’attenzione dell’osservatore con la stessa luce, arricchendo le superfici di spazi cosmici estremamente legati a teofanie e ierofaniche di mirabilia coloristica e segnica simbolica, in quell’ intimo ritmo tra natura e universo interiore umano. Come il fondale di una finestra spalancata nella notte l’opera con la Luna vibra di sacralità e circumnaviga cinetica nella selenica sensualità del femmineo avvolta nello zaffiro manto, da lui reso smaltato,che sovrasta un grande albero che ne ricerca metaforicamente l’ascesa, quasi ad annullare i livelli tra cielo e terra. Stesso viaggio di perdita di limiti e acquisizione del “Sé”,in Anime dove si denota una maturazione dell’artista, che riesce ancor più in questa sua recente produzione a rendere il suo talento nella rappresentazione prospettica delle mani della donna in primo piano. Il pubblico ha l’impressione di trovarsi immerso in quell’oceano acquoreo al di la della cornice dove le nuance degli incarnati evanescenti, si fondono con l’humus marino al neon, in un tutt’uno. Affiora dallo schema animico tra evoluzione e crescita nel flusso delle essenze vivide e brillanti marine delle figure danzanti che trascinano all’interno di un evento magico e irripetibile come incantate dal loro stesso canto. Tra i riverberi, ondulati di alghe e corpi che superano la pesantezza della materia, si ha l’impressione di penetrare nella misterica estasi dell’”Essere”in quegli abissi delle loro anime in trasformazione come accade nel processo alchemico dei coralli tra vento,fuoco e sangue. Sembra che l’artista voglia ricordare ciò che accade grazie alla luce nel “sub”(cosciente)paragonando l’acqua alla vita stessa una volta che i colori grazie ad essa ci donano la “verità”all’occhio e al cuore anche quando cessa di battere. Un mundus d’intersezione che con alcuni colori fluorescenti, come nel fauvismo dove si riteneva di procedere dall’”interno”. Energica la presenza nei suoi moti artistici del fluire delle forze dei “quattro elementi” per sbocciare nel crogiolo della quintessenza primordiale del cosmo, che lascia viaggiare nei luoghi segreti come in Ermete Trismegisto, filosofo rivelatore di linguaggi legati all’arte e alla trasfigurazione, come in “Solve et Coagula”. Un linguaggio surreale di amore e lirismo estetico, fatto di silenzi e suoni in cui i percorsi sensuali della materia divengono tranfert emozionale al di là dei confini della sua stessa nell’arte. Dott. Francesca Mezzatesta (storico e critico d’arte e spettacolo)
Dott.ssa Francesca Mezzatesta [Storico e Critico d'Arte e Spettacolo]
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