L'inquietudine di Carlo Pecorelli
"Spazio Tempo "
L'inquietudine di Carlo Pecorelli
Opera Venezia in Festa 90x 110 acrilico ceramica
E' lo stato d'animo di chi si mette sempre in discussione, di chi sposta i limiti.
Potrebbe essere una virtù, se non ....
E' come una canzone di Paolo Conte, come una poesia di Arthur Rimbaud, come certi passi di tango.
L'inquietudine per Carlo Pecorelli (n.d.r) è una di quelle cose che per definirle è meglio parlare d'altro.
Meglio dire, per esempio, che è come il retro di un pensiero, o come quei sogni che galleggiano vicini alla soglia di consapevolezza ma non si riesce a riacciuffare altro che senzazioni confuse.
Del resto già come concetto c'è e non c'è, esiste solo in quanto oscillazione, stato d'animo sospeso che ha che fare con l'infinito.
E allora viene alla mente quel poeta più inquieto degli altri, che saliva in cima all'ermo colle con la siepe, e cercava di intuire gli interminati spazi di là da quella e i sovrumani silenzi eccetera eccetera.
Ecco, è solo per approssimazione che si può tentare di dire che cosa sia questa divagazione interiore che per Carlo Pecorelli (n.d.r.) dovrebbe risultare svincolata dalle categorie Spazio Tempo, è invece l'esperienza ci dice essere faccenda più che mai attuale, strettamente contemporanea.
Perchè da un lato l'inquietudine, quella maiuscola è la condizione di chi non si sente mai veramente appagato e tende sempre a fare e a pretendere di meglio.
Ma dall'altro la si può intendere anche come un approccio che si fonda su aspettative falsate, quelle di una società che è malata di perfezionismo e nello stesso tempo superficiale e cialtrona.
"L'inquietudine è una fortuna averla" , si infervora il fotografo Oliviero Toscani, "perchè il senso della vita, la curiosità per cui Man Ray a 80 anni sembrava un ragazzino.
L'inquietudine di Carlo Pecorelli (n.d.r.) si mette continuamente in discussione, avverte quella costante insicurezza che conduce, come conseguenza, alla creatività.
Per fare qualcosa di creativo non ci si può mai conformare, ne sentire sicuri".
"Poi però c'è anche un inquietudine perversa, prosegue il fotografo, ed è quella che porta a cercare il consenso a tutti i costi. Lì allora si fanno i disastri.
Invece il vero inquieto si vuole bene ed è incredibilmente ottimista, anche se ovviamente si logora, come se corresse sempre i 100 metri".
G. Babuin
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