ARTIST'S STATEMENT - DICHIARAZIONE D'ARTISTA
Non faccio arte per salvare il mondo non mi interessa, perché si salverà da solo, quello che mi preme è far riflettere e rendere un po' più sensibile l'umanità, che trovo a volte un po' troppo disumana verso se stessa. Vorrei che le persone provassero a comprendere che sono delle persone, che sono uniche, irripetibili, speciali. Vorrei che riflettessero sul proprio mondo interiore, che lo ascoltassero. Vorrei che le persone si trattassero più come delle persone. Trovo che c'è una tendenza diffusa a trattarsi più come degli oggetti e questo non fa molto bene agli esseri umani. È come se ci fosse un gelo che volesse essere sciolto. Io vorrei solo che si ridestasse il loro umano, ma se solo riuscissi, anche solo, a far riflettere un po', questo per me sarebbe già più che sufficiente! Avvolte anche solo una piccola scintilla è utile. Avvolte penso che sia strano cercare di provare a fare tutto questo tramite dei colori e delle immagini. Che sia strano studiare una composizione, un'immagine nelle sue tensioni, nel suo focus, nelle sue linee costruttive e tramite questo far riflettere. Però in fondo non è poi così strano, se si pensa che il mondo interiore, è pieno di immagini e di silenzi. Non trovo un modo migliore per parlare. Parlando senza le parole. Si dicono così tante cose a volte senza le parole. Davanti ad una tela, mentre la osservo, mentre la dipingo, parlo senza le parole ed è impossibile con lei, non parlare di ciò che ti grida dentro, che ti graffia. È impossibile tacere questo. È impossibile non plasmare il colore, dando voce a questo. I colori ed i pennelli, diventano un prolungamento di quello che io provo, di quello che sento, di quello che non posso tacere. Questo plasmare il colore sulla tela, avvolte è così sofferto, avvolte è così felice, avvolte è così immediato, avvolte è così interminabile, quello che provo e quello che si crea, avvolte è difficile, avvolte è semplice, avvolte fa così male, avvolte è così liberatorio. Non c'è un solo modo, per fare quello che si deve fare. Avvolte ho bisogno di colorare la tela, avvolte deve essere bianca, ho bisogno di acqua su acqua, avvolte del colore impastato, spatolato, plasmato con le mani, col pennello, sfumato, disegnato. Non c'è un solo modo per fare quello che bisogna fare. Non c'è un solo modo che sento, quando provo quello che provo. È quello che provo che guida il resto, che guida il colore, il gesto, che guida l'acqua o la corposità, che sia il pennello, le mani la spatola, quel grido che provo, che prende voce da sé, che graffia nel petto, nella mente, nello stomaco, quel grido assecondo, che avvolte è lieve come un canto sottile, dolce e carezzevole. Avvolte io non sono nulla, mi affido a quello che sento, mi abbandono, mi arrendo e non so più nulla. Avvolte mi affido così tanto, che esce anche quello che non sapevo di avere, che mi fa male o mi fa gioire. Avvolte è così vivo quello che provo in quel momento, che è inutile mettergli un abito, cercare di coprirlo, il mio sentire è più forte e si sveste. È nudo e si rivela nudo. Allora lo lascio fare e si rivela anche a me, mi aiuta a capire. Non siamo soli, io e la tela e la pittura e la visione, entrano nel mezzo anche altre persone, che fanno parte del mio cuore, del mio giardino fiorito, avvolte curato e avvolte purtroppo calpestato. Ci sono anche loro che sono più forti ed escono. Avvolte invece capita che sono solo io e la mia pittura senza nessun altro. Non posso farne a meno e questa è la pittura che sento, ispirata e sentita. Cerco di dipingere il paradiso, perché nella mia vita ho cercato e cerco il paradiso. Cerco di dipingere l'identità perché la vita mi ha portata a temprarmi. Cerco di dipingere l'animo selvaggio: ho sempre vissuto nella natura. Ho sempre desiderato esprimere la mia femminilità, perché sono donna e mi piace esserlo. Anche se c'è un'evoluzione in me, qualcosa non cambia, è il dolore, la sensibilità e la femminilità. Le voci che gridano di più che cantano di più.