Gianna Eterno prima ex aequo sezione Pop art alla mostra Divina Bellezza
Recensione a cura del critico d'arte Melinda Miceli
Un interno familiare, sobrio ma curato richiama una Domenica di campagna in autunno. Sono doni i frutti, ben lucidati e succosi che richiamano la bellezza della cultura contadina delle terre italiane. Una delle teorie che riguardano la nascita del nome del nostro magnifico Paese, si riferisce al significato delle sillabe I-TAL IA che, per le prime comunità ebraiche del Centro-Sud nate dalla diaspora, significavano Isola della Rugiada Divina. Proprio questa rugiada è posata sugli oggetti, nati dal cesto di Cerere e disposti su una superficie un po' ruvida, simile a un tovagliato di cotone. Nell’antichità la natura morta nasceva dalla volontà di semplice riproduzione della materia inanimata a scopi decorativi, come si può ammirare nei mosaici greci e romani di cui erano piene le ville signorili. Questo particolare soggetto pittorico, difficile defiinirla "morta" perché appare colma di vita, vede come protagonista la riproduzione di una composizioni d frutti e oggetti inanimati, la bottiglia e il bicchiere, ed appare come uno studio che ambisce a una propria carica espressiva nell’esaltazione della caducità della vita. L'orchestrazione vivida di accenti e nuances fa riflettere sulla fragilità dell’esistenza umana e pone l'accento sulla vita terrena, non priva di echi e di memorie. Il contrasto, tra la natura morta rappresentata realisticamente e le luci accese sui colori della terra, mettono in risalto il volume degli oggetti aumentando la loro difformità. Ancora sullo sfondo è visibile la memoria delle cromie del mondo classico, citazione immancabile in ogni dipinto di Gianna Eterno.
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