Amore impossibile. Vincenzo Presenti a International art prize Giotto
Recensione a cura del critico d'arte Melinda Miceli
Se amare è essere vulnerabili, l'inferno è la sofferenza di non poter amare, e ciò è ben distinto nel volto del giovane crociato atterrito e al contempo attratto dal suo oggetto d'amore, una donna musulmana dal capelli corvini, posta innanzi a lui in atteggiamento statico e indifferente. La religione, la razza, il periodo belligerante, insuperabili fossati che separano due mondi e due generi già difficilmente avvicinabili. Lo sguardo di pietra della donna indicante distacco orientale e chiusura verso “il diverso”, fa intendere che la sua anima era già stata conquistata. Spesso non sono le persone a deluderci, quanto le nostre stesse illusioni. Il viso sconvolto del crociato porta infatti segni fisiognomici della scissione tra il volere e il potere, ed è questa dicotomia psichica di confusione e alterità a pervadere tutta l'opera sul cui sfondo si staglia un castello simbolo di solitudine. Da questa rocca parte un fiume serpeggiante che divide le due figure immobilizzate, in un nodo energetico che impedisce loro un viaggio comune. Un soggetto interiore che esternato sulla tela con i colori mediterranei tipici della Gerusalemme Medievale e che riporta in scena le gabbie sociali che da sempre separano le razze.
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