International art prize Giotto. Sezione Poesia
Recensione a cura del critico d'arte Melinda Miceli
International art Prize Giotto 2020 ideato dal critico d'arte e direttore artistico onorifico Melinda Miceli per Luz Cultural e Arts direct, attraverso l’introduzione della sezione Poesia ha visto l’ammissione di poeti e scrittori le cui opere e biografie sono state selezionate dal Comitato scientifico composto da a Ray Bondin, Alberto Moioli, Stefano reali, Corrado Armeri con presidente il Critico d’arte Melinda Miceli. Il premio internazionale dedicato alla figura artistica del noto pittore medievale che ha rivoluzionato la storia dell’arte, con la collaborazione di Arte storica, Globus Television e Magazine, Enciclopedia d’arte italiana, Explorer of Art, Pittart, Artes tv web, inserito all’interno della rassegna culturale internazionale Sarno città Festival, Premio Ippogrifo d’Oro, Oscar delle Arti, dopo attento vaglio del Comitato scientifico o ha decretato vincitori i seguenti artisti vincitori per la sezione Poesia. Alessandra Marinacci con il componimento “Gerbere”. Vero, ho scritto di un'alba creata da un sole stanco e veloce a ritirarsi e raggiungere altra meta ma il rosa mai lo dimentico. Non temano, già ho rivisto cespugli di stelle, gerbere notturne per ornare i viali indaffarati del cielo cittadino. Corolle lucenti che si toccano ordinate da regole ancestrali. Hanno voci squillanti, un misto di attesa e stupore di bambino ma soprattutto profumano di ciò a cui nessuna ragione mi farà smetter di pensare, che il bene è superiore a ogni forma temporanea di male. "Sono le gerbere notturne, fiori di purificazione, a portare a ritroso la penna della poetessa Alessandra Marinacci che attraverso il distacco rimira l'imprevedibilita' della vita. La metafora del "sole stanco" che si ritira, rappresenta la sconfitta di un'era tecnologica e metropolita irrispettosa della Natura. Come in una scrittura arcana la rivelazione della precarietà di tutti, della fine di una certa idea di storia e di società, la Marinacci pone l'accento, ma il suo verso profetico è probabilmente uno dei più capaci di cogliere il senso comune dello smarrimento secolare. Eppure come in un ciclo cosmogonico, le gerbere notturne tornano a ornare i viali del cielo con corolle lucenti e ancestrali e nel loro ritorno, l'autrice prefigura l'attesa e il profumo della rinascita di quel Sole, metafora delle tenebre sconfitte in un eterno alternarsi". Salvatore Ferla con il componimento “C'è un uomo”. C'è un uomo C'è un uomo bianco all'altare di fango non fa tante storie chiede solo vittorie. C'è un uomo sul sentiero arma il suo pensiero si muove con passione ma nasconde la sua azione. C'è un uomo che grida e lancia una sfida non teme galera ma giura dolore. C'è un uomo violento che non cede un momento non conosce sconfitte non si vede alle strette. C'è un uomo forte in punto di morte non mostra timore ma incute terrore. C'è un uomo di fango all'altare bianco ha i giorni contati il domani finito ed un uomo di fango ... è un uomo stanco. Salvatore Ferla "Nel suo componimento poetico Salvatore Ferla con crudo verismo afferma l'antica antinomia così profonda e radicata da concepire nella razza l'esistenza del dualismo di due esseri eterogenei; uomo al tempo stesso «angelo e bestia» senza essere esclusivamente né l’uno né l’altro. Un uomo bianco e retto che agisce per impulso dell'anima, che difende la verità anche con la morte: è l'uomo forte che non vacilla dinanzi a nulla. Gli si contrappone l'uomo di fango che minaccia l'altare del bianco e quest'uomo è stanco della sua anima pesante e ha perso il soffio vitale. Il profondo messaggio del poeta ben ritmato, sta nell'indicare l'energia bianca dei valori dell'anima eterea ed immortale che non è sottomessa alle leggi sensibili e sopravvive a tutte le condizioni per i corsi dei suoi destini mentre è avversata inutilmente dalla vanità effimera del male che estingue se stessa” Maria Antonietta Cassaro seconda ex aequo con “Sbottò”. Al ritorno sbottò il languore Fu sete di resina e asma di pini E mi raggomitolai in me come buco nero a intrappolare il benevolo ricordo di quei momenti felici Ero stata albero e stelle ero stata brezza di monte ero stata eco Sbottò il languore del pianto e non lo trattenni "La Cássaro, poetessa nota a diverse antologie, usa nel suo componimento la sinestesia come metafora di fenomeni sensoriali e percettivi o provenienti dall' immateriale, che inducono il lettore a entrare nei percorsi dell'anima. E così esplode il languore, la sete è di resina e l'asma appartiene ai pini e raggomitolata in quel buco nero l'autrice superando dimensioni e forme vitali, non potendo trattenere il dolore, lo trasfonde in suono poetico che si fa pianto, nel perimetro di una dimensione intimistica e introspettiva. Le sottili sfumature di tutte le forme universali sono reinterpretate da espresse da un mondo interiore filtrato da ricordi ed emozioni alla luce di una personalissima emotività”. Dott.ssa Melinda Miceli critico d'arte, direttore artistico onorifico di International art prize Giotto
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