San Francesco e la spiritualità templare nell'opera del Cavalier Luigi Messina
Recensione a cura del Critico d'arte Melinda Miceli
Catania 24 gennaio 2020
Il Cavalier Luigi Messina ambasciatore e Arciere dell’arte, dopo un’infinita sfilza di premi nazionali ed esteri, tra cui si citano: Premio della critica a Palermo, Premio internazionale città di Tokyo, il Premio Le Louvre a Parigi, con il critico d’arte Melinda Miceli espone oggi a "Masterfull work" presso Museo Contea del Caravaggio insieme a nomi di grandi storicizzati come Andy Warlhow, Guttuso, Ferrari, Manzi, ed entra a far parte della collezione del Certamen internazionale sulle grandi cattedrali insieme a nomi di grandi artisti contemporanei italiani ed esteri. L’Opera dal titolo “Cavalieri e religione” risale a prima dell’elezione dell’attuale Pontefice, quando i templari federiciani unirono insieme l’ordine gesuita con l’ordine francescano. Oltre ad essere un fondamento dell’ordine federiciano, come per profezia anticipò quello che avvenne sei mesi dopo: elezione di un Papa gesuita che assunse il nome di Francesco.
Il Gran Maestro dell’ordine federiciano invitò alcuni artisti a rappresentare questo avvenimento. Così la realizzazione di quest’opera ispirata a quell’evento: un cavaliere templare dell’ordine federiciano che regge lo scudo con impressa l’aquila di Federico; accanto un frate Francescano, tra i due la croce templare e sullo sfondo in alto il simbolo dei federiciani.
“Il dipinto del Cavalier Luigi Messina si fa simbolo della storia biografica del Santo in quanto attraverso l’iconografia spiega quanto segue.
La figura di San Francesco, fraticello ossequioso e zelante alla Chiesa Cattolica, le cui caratteristiche principali erano la povertà e la semplicità, proviene dalla sua biografia(1266) redatta da Bonaventura da Bagnoregio il quale non lo conobbe mai. Per ordine del capitolo di Parigi, furono distrutte tutte le biografie compilate ad opera di altri frati che lo avevano conosciuto tra cui quella di Tommaso da Celano, ritrovata solo nel 1800 e scritta nel verso della Chiesa Cattolica, al solo fine di favorirne la canonizzazione.
La vicinanza a Francesco della figura di Frate Elia, alchimista, consigliere politico dell’imperatore Federico II, in stretto contatto con i Templari, da Francesco designato suo successore, molto legato a Santa Chiara, fa comprendere come la spiritualità Francescana fosse legata ai Templari. A partire dalla missione che Frate Elia e San Francesco portarono avanti in Terrasanta, ai francescani venne attribuito il titolo di “Custodi della Terra santa” e furono autorizzati dal sultano stesso a soggiornare permanentemente in quei luoghi a partire dal 1229, anno in cui Federico II concluse la sua crociata in modo pacifico, dialogando col sultano Al Malik (lo stesso incontrato da San Francesco nel 1219). Nella Basilica di San Francesco, ad Assisi, è tumulato Giovanni di Brienne, templare, che aveva il titolo di Re di Gerusalemme, ed era suocero di Federico II.
La madre di Francesco era Catara e non a caso la spiritualità Francescana era molto più vicina a quella Catara che alla Chiesa Cattolica, perlomeno nelle fogge estrinseche. Francesco firmava i suoi scritti con il Tau e non con la croce, segnando col Tau, come a benedirli, molti dei luoghi in cui si fermava, per esempio a Fontecolombo, tracciò sul muro della preesistente cappella dedicata alla Madonna e a santa Maria Maddalena, sotto la finestra, uno dei suoi “Tau”, il simbolo della salvezza per tutta l’umanità: anche in ciò si riflette una particolare vicinanza con i Templari, “Milites Templi”¸ che abbraccia rilevanti aspetti della spiritualità pauperistica di Francesco d’Assisi.
La croce simboleggiata nel Tau: lo stesso segno di salvezza, addirittura i segni stessi della crocefissione furono l’ultimo messaggio scritto direttamente sul corpo di Francesco, quando in cima alla Verna (in Toscana, nell’Aretino) ricevette le stimmate (1224).
La Sindone costituiva per i Templari la prova della Resurrezione di Cristo. Francesco provò sul suo stesso corpo la sofferenza e la luce di quella Passione per divenire, alla soglia della sua vita terrena, alter Christus.
Per tutti questi segni ben orchestrati nell’opera di Messina, San Francesco era un giovannita; apparteneva cioè a quella corrente spirituale cui appartenevano Catari, Albigesi, Bogomili, Patarini, Dolciniani, Fedeli d’Amore, Rosacroce, Templari, i quali tutti avevano un credo e un pensiero in perfetto accordo con quello dei Sufi, dei Cabalisti, ma anche di Buddisti e Induisti. Non a caso Papa Giovanni Paolo II organizzò proprio ad Assisi l’incontro con i rappresentanti di tutte le religioni”.
Dott.ssa Melinda Miceli Critico d'arte
Scrittrice, giornalista, saggista
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