La cattedrale di Siracusa al Certamen del critico d'arte Melinda Miceli nel racconto di Lidia Pizzo
Certamen
Lidia Pizzo scrittrice e poetessa vive a Siracusa dove pubblicato diverse antologie e collane di poesie. E' la vincitrice fuori concorso del Certamen internazionale letterario e artistico sulle Cattedrali indetto dal critico d’arte Melinda Miceli per Ok arte Milano. Patrocini morali Luz Cultural Spagna, Globus Television e magazine, Templari Federiciani, Premio Donna Siciliana dell’anno, inserito all'interno della rassegna culturale internazionale Sarno città Festival Premio Ippogrifo d'oro, Oscar delle arti. Sponsor Enciclopedia d'arte italiana. Comitato scientifico composto da: l’ambasciatore Ray Bondin, il regista Stefano Reali, il critico Alberto Moioli direttore dell’Enciclopedia d’arte italiana, il Gran Maestro dei Templari Federiciani Corrado Armeri, il fisico nucleare Jacek Ciborowsk con presidente il Critico d’arte Melinda Miceli della quale riportiamo a seguire la recensione dell’opera premiata.
"La narrazione proposta dal concorso: “Le Cattedrali” è organizzata da Lidia Pizzo su due piani di lettura strettamente intrecciati tra loro.
Da una parte l’interpretazione dei simboli presenti nella Cattedrale di Siracusa, dall’altra il racconto della vita di un’artista, Gloria, le sue illusioni, il suo desiderio di dar vita alla bellezza e poi la presa di coscienza della sua fragilità nel momento in cui vengono deluse e bloccate le personali certezze. Conseguentemente il disinganno, la perdita di punti di riferimento del proprio universo cognitivo, emotivo e culturale la trascinano verso la depressione e verso inconsci impulsi suicidi.
Non per nulla Giordano Bruno parla del “dolore della conoscenza”, dolore dovuto al fatto che nel momento in cui si modifica il particolare rapporto con le proprie idee e con il mondo, vengono rimosse sedimentazioni culturali ed emozionali e pertanto si rimane scoperti davanti a se stessi.
L’esposizione dei fatti si svolge in forma dialogica.
Essa dà luogo ad un ritmo narrativo intimo e colloquiale, che s’intreccia indissolubilmente con l’interpretazione dei simboli presenti nella cattedrale di Siracusa. Simboli di cui l’autrice ha un’ottima conoscenza, che le permette di intrecciare il tempo della “Storia” col tempo del racconto, tenendo sempre a mente che l’immagine circoscrive e la parola descrive.
Molte le analessi o flash back a volte vissute come sogno a volte come rievocazioni dolorose di una vita trascorsa in silenzio, anonima come tante all’ombra del marito.
Così, la protagonista diventa l’archetipo della donna soggetta economicamente e psicologicamente all’uomo, a sua volta stereotipo del marito-padrone e del padre-padrone dal comportamento “doppio” a seconda delle circostanze, in ciò favorito dalla sua professione di avvocato.
Dominare un altro essere vuol dire non riconoscerlo uguale a se stessi e quindi poterlo sfruttare, usare come cosa. E Gloria, nella finzione del racconto, viene trattata come tale, ma il suo raccontare fa emergere in tutta la sua forza un linguaggio al femminile, come al femminile è la dimensione del dolore e della ferita, che lacerano l’anima, ma è anche al femminile il coraggio di riappropriarsi della propria vita e delle proprie emozioni dopo il disinganno ed il fallimento.
Sembra innegabile che la Pizzo nel raccontare la storia di Gloria abbia tratto ispirazione dall’attualità, per cui l’uomo ancora oggi troppo spesso considera la donna non la compagna di vita ma l’oggetto efficiente della sua magione, madre di famiglia capace, padrona di casa ubbidiente e così di seguito. Nonostante la sbandierata parità di diritti il racconto di Lidia Pizzo ci mette ancora dinanzi alla donna cosale".
Dott,ssa Melinda Miceli critico d'arte
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