Nelly Fonte e Barbara Cellini pittrici dell'Enciclopedia d'arte italiana alla mostra della Mamo Gallery Museum di Milano
Palazzo Notarbartolo Dagnino di Palermo espone le pittrici scelte dall'Enciclopedia d'arte italiana
Alla Ciollettiva internazionale della Mamo gallery Museum di Milano hanno aderiti anche le pittrici selezionate dall'Enciclopedia d'arte italiana per il catalogo 2019 artisti dal 900 a oggi. Dopo aver superato il difficile esame del Comitato scientifico, le 2 pittrici si possono fregiare del loro inserimento web nel catalogo piu' selettivo del mondo dell'arte, l'Enciclopedia d'atrte iitaliana dove il 90% degli artisti e' storizzato e battuto alle aste internazionali. In copertina l'Opetra L'araba fenice di Nelly Fonte. Dal mio testo critico dell'Encoclopedia: "Nelly Fonte. Affascinata dal ricco repertorio iconografico impressionista, incontenibile e attenta osservatrice del reale, Nelly Fonte cerca attraverso i suoi soggetti paesaggistici e umani, un angolo d’Oriente in Sicilia. Riversa nelle sue opere l’influsso di Degas, Renoir, Monet piegandolo con maestria al proprio stile, coniugandolo alla purezza dei colori brillanti, i blu, i verdi e i rossi, e alla vitale arguzia delle ambientazioni effigiate con una sublime aura di orientale esotismo. La vivacità delle cromie è resa con pennellate vivaci, sicure e accese, lontane dallo stile impressionista, utilizzando gran parte della sfera cromatica dei colori, caldi e freddi, a volte miscelati con i bianchi per dare vita a nuove sfumature. La radianza dei suoi paesaggi, dei fiori e delle figure femminili è nell’esplosione di luce imbevuta di valori cromatici che sembrano rinviare alla tavolozza di Monet. Si sviluppa in secondo piano, ella trama della tela, a livello delle figure umane, un’attenzione alle problematiche quotidiane e sociali, cui spesso il paesaggio fa da fondale scenico. L’illusione ottica della prospettiva, l’inquadratura, profila la tensione all’area interrogativa, mentre potenziando notevolmente le campiture di nuances, con un effetto antinaturalistico basato sull’incanto ottico e sul compiacimento sensoriale, la sua arte trionfa su strutture e profili, attraverso un colore protagonista che sconfina spesso nell’esotico in soggetti come la Geisha e varie fanciulle dagli influssi giapponesizzanti. Nelle sue tele la pittrice Nelly Fonte scandaglia principi antropologici e spirituali che penetrano l’effimera bellezza delle apparenze e dell’attimo fuggente, permeandosi di quei valori eterni che nascono da un intenso rapporto dell’uomo con la natura. Ricerca luoghi incontaminati della Sicilia in un equilibrato e arcaico legame con l’universo istintivo e celestiale dove i suoi soggetti trovano l’essenza del personale radicamento. Queste opere si fanno racconti di vita e di natura in scorci paradisiaci, le cui esigenze estetiche poggiano sul colore-luce che si spande flessuosamente per esprimere una nuova visione dell’impressionismo attinta dal mondo rinascimentale nordico, dove anche nel dimesso ciuffo d’erba, si scorge la beltà e l’incanto del creato. In questa cifra stilistica e semantica la sofferenza umana è impressa dal distacco dagli archetipi e dai valori originari e antichi. Tratto antropologico inalienabile del suo segno, la natura intesa panteisticamente; in tele come “L’araba fenice” dove la simbologia, che rappresenta la morte e la risurrezione dalle ceneri, va intesa come un ritorno alla primordiale bellezza della natura, sentita e rappresentata con la riverenza di un culto contemplativo e razionalista al contempo. La luce meridiana a volte lascia il passo alla sfida del percorso del bianco e nero che si apre a paesaggi e sprazzi di emozioni sospese, da cui si estrae la poesia di un nostalgico slittamento del tempo, dove l’empatia verso la vita emerge improvvisa dalla materia morbida, rompendo il silenzio e urlando armonia. Se l’arte ha sempre avuto il merito di rendere visibile ciò che non lo è, una bugia per dire l’unica verità possibile, per Nelly Fonte essa si fa strumento stilistico per esplorare e ritrarre anche simbolicamente le lussureggianti suggestioni della propria interiorità". Barbara Cellini nserita nel 2019 tra gli artisti dell’Enciclopedia d’arte italiana dietro mia segnalazione e testo critico con la seguente motivazione: “La Cellini ama la tematica del tempo che scorre e contamina la contingenza col suo fluire, adora le linee curve degli strumenti antichi per misurare il tempo come l’astrolabio e il meccanismo di Antikitera, che ella tratteggia in chiave surrealista e simbolica, proiezioni e riflessioni del pensiero subcosciente ed ineluttabile viatico per uno stato di conoscenza oltre il visibile. I suoi volti di donna sono una rivisitazione surreale originalissima di archetipi, ammantati da un senso di introspezione, in ambientazioni classiciste e fantastiche, ispirate al mistero femminile, cui si affiancano rovine arcaiche… inserendo atmosfere e sfondi che ricordano per l’efficacia pittorica, la migliore tradizione surrealista che va da De Chirico a Frida Kahlo, a Lutz R. Ketscher.”. Le ultime opere di Barbara Cellini volte ad esplorare temi tangibili e attuali attraverso gli strumenti surreali del mondo dell’inconscio, dell’onirico, filtrano in esso una personale visione immaginifica ed emblematica dell’universo femminile e ricercano un'allegoria non solo stilistica ma anche argomentale. L’opera “Antikitera”, colata di smalti, foglia d'oro, olio su legno multistrato e graffiato, mostra sinuosa e avvenente la magia del rosso della rosa che accende ed orna la figurazione e il contrasto che consacra la rievocazione della porta del tempo, il meccanismo “cosmico” dell’isola greca di Antikitera, inedito astrolabio o planetario il cui mistero irrisolto rinvia alla fantaarcheologia. Il Mediterraneo è l’epicentro dell’ispirazione di Barbara Cellini, in particolare la Siracusa di Archimede con i suoi specchi, meccanismi ad acqua e orologi, diventa punto di partenza di un viaggio culturale che ha la risultanza di un’intima esplorazione del rapporto tra l’uomo, la natura e la sua storia. Nell'opera "Giochi in geometrie baroccheggianti. Studio fantasioso su Tamara De Lempicka”. la Cellini trasfigura la sua donna in una bambola-bambina, soggetto provocatorio, opera di grande resa plastica ma intrisa di significati inquietanti. Caricando eccessivamente il trucco e somigliando a un manichino inanimato e inespressivo, la bambola-bambina assume uno sguardo freddo e distaccato sovrastato da capelli innaturali, di richiamo barocco. Abbraccia un orsacchiotto simbolo della sua acerba età mentre tiene in mano un vaso floreale per innaffiare, quasi a vagheggiare la purezza della sua anima nascosta dietro quella sembianza e forse perduta per sempre nel nostro tempo, dove tutto viene fagocitato precocemente in quel materialismo moderno che trascina via con se l’eterno fascino dell’ingenuità e della trascendenza. Il soggetto è accostato a paramenti barocchi dalla linea curva, ondulata, serpentina, antropomorfa e fitomorfa, carica di significati simbolici. In questo soggetto femminile indaga con pungente ribellione, nel nome di una libertà compositiva ricca di invenzioni ed effetti teatrali, il tragico tema della sposa bambina". Melinda Miceli Critico d'arte Enciclopedia d'arte italiana, Ars Magistris magazine Art, Ok Arte Milano, Luz Cultural Spagna,
sabato 10 agosto 2019
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