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"LA SCALA"
Venivo qui a scrivere poesie
sotto uno dei pochi lampioni rimasti.
Quelli con il piatto bianco e la luce fioca.
Di fronte a quella scala di fienile
che adesso non c'è più
perché tirano giù anche i santi
se non servono a qualcosa,
c'era una finestra
l'unica che aveva sempre la luce accesa
una finestra che non ho mai visto aprire
ma che sapevo di chi era.
Per parecchie sere d'inverno
sono venuto qui a scrivere poesie.
Adesso penso che è meglio
che lei non se ne sia accorta.
A parte me nessuno conosceva quell'amore
costruito meticolosamente
frase dopo frase sguardo dopo sguardo.
Più o meno con quella voce
più o meno con quegli occhi
è la ragazza della quale ci siamo innamorati tutti.
Dietro quella finestra
un viso piccolo come una ciliegia
incontrato tutti i giorni alle due e un quarto
per almeno trenta metri
fino a che lei non infilava la chiave nella porta.
Poi le sere qui sotto
io che volevo essere poeta
riempivo pagine della sua vita
che non conosco
e che non ho mai conosciuto.
Oggi non lo farei più.
Sono venuto qui per ricordarmi d'essere cresciuto.
E' un comunissimo pomeriggio d'estate
non ho fogli di carta e neppure una penna.
Lei non c'è
so per certo che è via.
E che si è sposata due volte.
Non so e non voglio sapere altro.
Mi basta quel suo nome stampato leggero
su un ricordo di vent'anni.
Ho ancora con me tutto quello che non ho avuto
ma lo porto con disinvoltura
come un ciondolo sopra la tasca.
Quella finestra ha la cornice rifatta.
Non ci sono più i panni stessi
Ma due belle fioriere
sotto le persiane riverniciate.
Mai avrei pensato che sarebbe toccato proprio a me
rifare il trucco a quella finestra
proprio a me
Tirare giù quella scala di fienile.
Forse l'ho fatto
Per non sedermi un'altra volta.
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