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ASSENZA E PRESENZA IN LUGHIA
Assenza e presenza in Lughia
Stabilito che la raffigurazione parla all’individuo ed il simbolo al genere, l’opera di Lughia attraverso la costruzione della figura come entità simbolo, pone l’accento su questa seconda ipotesi mostrandoci le possibilità della forma data come significante. La figura contorno attraverso il lineare medio non solo appartiene allo spazio in quanto forma che usufruisce dello sfondo ma nel suo essere assenza diventa luogo che contiene. Lughia nella sostanza ci mostra uno specchio dove poter riflettere la nostra immagine. L’espressione pensata come assenza, in realtà è presenza di una umanità che confluisce dentro questo perimetro che Lughia trasforma sapientemente in simbolo attraverso l’atto di fiducia che porta il significante forma a divenire significato profondo. La sua opera è un luogo-memoria tendenzialmente proteso verso il rapporto con lo spettatore. La naturalità del suo gesto è costruzione di un percorso modulato tra genesi e divenire. La forma uovo ricorrente nel suo lavoro, rimanda al punto di origine, quasi a simboleggiare la necessità, per l’uomo, di riappartenenza al mistico silenzio attraverso il quale la nudità della figura gioca il necessario ruolo di purificazione. La figura che non ha nome e che non ha volto, ha fondamentalmente tutti i nomi e tutti i volti. La via indicata che contiene indizi ma non risposte è un luogo segnato dal bisogno di tirare dentro l’organicità del segno i vissuti accolti come transito. Quando attraverso il segno pensato come parola e come simbolo, Lughia introduce all’interno dell’opera l’elemento tempo: immobilità e divenire si contendono lo spazio. Assenza e presenza finiscono con l’indicare, attraverso il loro essere concetti polari, il percorso entro il quale l’opera si muove. La fitta trama di elementi simbolici è ciò che ricorda la volontà dell’uomo di comunicare con entità ultraterrene, o più propriamente la necessità di individuare in una posizione altra l’essenza dell’uomo. D’altra parte in Lughia il corpo è già elemento di transito perché il non far appartenere ad un volto l’espressione è indicare che le profondità non hanno singole appartenenze ma luoghi entro i quali prendere forma. L’arte dopo tutto, come terra sconfinata di domande, solleva da sempre non risposte ma urgenze. Sono le sensibilità quelle che mettono l’opera al cospetto dell’uomo. Queste sensibilità non hanno occhi ma energia da far appartenere all’uomo. Lughia come costruttrice di luoghi simbolo del vissuto, attraverso i suoi contorni ci mostra il luogo, troppo spesso taciuto, della vita.
Fiorenzo Mascagna
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