Marialuisa Sabato: APPARIZIONI dal PROFONDO
Negli anni Venti del Novecento, con il Realismo Magico l’arista scopre e disvela il senso del “magico” nella vita quotidiana, che indaga con naturalezza e un certo senso di meraviglia. Il risultato, soprattutto nello Stivale, è una resa puntale, curata nei particolari e ben definita nello spazio: ciò che ne consegue sono delle composizioni immobili, incantate, sospese. Marialuisa Sabato sembrerebbe, ad una visione superficiale, vicina a certe peculiarità ideologiche di tale gruppo, mentre, in realtà, va a costituire un momento a sé nel panorama artistico odierno: se i primi, infatti, dipingevano una visione realistica del mondo, con una atmosfera in cui erano labili le linee di demarcazione dell’incantato e del reale, ella, invece sembra partorire una propria realtà, endogena, in cui è tangibile e palese una componente psichico/emotiva. La pittrice assurge dunque ad autrice di un suo universo, di cui detta le norme e su cui governa serenamente. Ecco, come in una quinta teatrale, che si materializzano, su sfondi neri, ora grovigli floreali, ora meduse sinuose e ipnotiche e, ancora, tondi in cui sono iscritti saggi e vetusti alberi, in un trionfo di luminescenze cromatiche vivido, anzi squillante, apparizioni appunto, come indica il titolo della mostra. I lavori della Nostra vanno a comporre un vero e proprio inno al Creato, quasi fossero una sorta di Cantico delle Creature moderno. Si tratta di scene idilliache, in cui la presenza umana non è contemplata né contemplabile: Flora e Fauna sono gli unici abitanti di questo Regno immaginario e immaginifico. Così intese, le tele diventano una lode sincera che si snoda con intensità e vigore: un inno alla vita celebrante una visione positiva della Natura, ristoratrice, panacea dei mali del mondo, rifugio dalle avversità, riparo dalle brutture, dalle meschinità. Quasi sembra di sentire la fragranza delicata eppure intensa di tali fiori fantasiosi fluttuanti, raffigurazioni che, per sinestesia, rimandano la mente ai celebri daffodils (giunchiglie) celebrati da William Wordsworth in suo celebre componimento. Come in quei versi, nelle opere della Sabato contribuiscono allo spettacolo l’elemento floreale certamente, ma anche quella brezza, invisibile, che provoca il movimento, di cui si percepiscono solamente gli effetti. In una siffatta raccolta, tutto appare in armonia: ne deriva un’atmosfera di benessere ed equilibrio. Potenti come l’azione di un profumo sulla memoria, le immagini presentate si cristallizzano nella mente dell’osservatore, fornito degli strumenti per entrare in rapporto profondo con la natura. Isolato e dimentico del mondo circostante, questi si ritrova in una dimensione di beata solitudine ad ascoltare il proprio io interiore e a fare propri questi riaffioramenti che l’autrice in questione gentilmente condivide, raffigurazioni mentali che prendono forma negli abissi della sua interiorità e che lei ha l’urgenza di manifestare. Ponendosi alla stregua di un medium, ella ci presenta una fantasmagorìa di figure, luci, colori, originate da quella lanterna magica messa in moto dal suo fertile guizzo creativo. In questo caso, tuttavia, si farà a meno dell’imbonitore, figura chiave nelle proiezioni del genere, cui era delegato il compito di spiegare quanto mostrato o di raccontare gli avvenimenti che venivano proiettati. Lungi dall’incanalare il fruitore in un’unica visione, Marialuisa Sabato affida alla sensibilità di ognuno l’interpretazione dei suoi lavori, per un godimento pieno e libero degli effetti benefici che tali sue intime apparizioni riescono a sortire. Non sarebbe scorretto accostare le tele della Nostra a dei monologhi teatrali: se in questi, infatti, al silenzio esteriore fa da contraltare un rumoreggiare di pensieri, nel repertorio in disamina, alla pacatezza apparente è sottesa una vivacità insita e innata, di colori e di forme, che danno vita ad concerto da camera e non ad una grande orchestra sinfonica.
Dott.ssa Ariadne Caccavale [Critico e Storico dell'Arte]
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