nota critica
Segno,ritmo,scomposizione ipnotica. Sembra poggiarsi su questi concetti la ricerca pittorica di Marco Catellani il quale, dopo aver attraversato diversi filoni artistici ha riassunto, per il momento, il suo lavoro in opere paradigmatiche.
La complessità iconografica apportata dai suoi ultimi lavori, affonda le proprie radici in un sistema artisico multiforme e trasversale. Nelle sue figure che difficilmente riusciamo a definire umane tout court, si intravvedono i personaggi di Keith Haring, in primo luogo, ma declinati in un tono ben diverso, in cui allo scherzoso viene sostituita una profonda analisi della società a noi coeva.
Tali icone, tracciate come fossero automi, che si muovono tramite ingranaggi ben chiari, ricordano i protagonisti di Metropolis di Fritz Lang, abitanti di un luogo futuribile, idealizzato ma, al tempo stesso, minaccioso.
Il segno che Catellani porta sulla tela, si rifà formalmente all'opera di Giuseppe Capogrossi, mentre la composizione semiotica pare ricordare l'arte egizia, in cui, la bidimensionalità quasi ipnotica, moltiplicava personaggi innumerevoli sulle pareti, in una sorta di vertigine mentale e visiva.
I soggetti dell'artista sono simili nella loro evoluzione, che poi tale non è. Figure nere, quasi primitive, basilari, espressive e stilizzate, lontane dai manichini metafisici, ma vicine all'immaginario di un futuro avanguardista, altrettanto schematicamente guardano all'arte africana, alla scultura in particolare. Il nero domina, la ripetitività del segno riempie la tela, si fa horror vacui, in taluni dipinti, permettendo tuttavia, un valido dialogo con l'osservatore.
Figure che sembrano incutere timore, di primo acchito, che si fanno via via più famigliari, ci interrogano e si lasciano interrogare, osservare in modo acuto. Come totem di una nuova civiltà (nella quale ci dovremmo, forse già riconoscere?), i soggetti di Catellani creano un nuovo universo che si pone a metà strada tra l'umano noto e l'immaginario.
Non vi è, tuttavia, il ricorso a simbolismi extraterrestri: per quanto i personaggi dell'artista emiliano non siano caratterizzanti, ma ascrivibili ad ogni epoca e ogni strato sociale, di una cosa si è certi: è l'umanità ad essere rappresentata. Un'umanità traslata, ridimensionata, infinita e ripetuta come meccanicamente.
La serialità di tali icone pare stare stretta nella bidimensionalità delle tele, tuttavia, prorompenti esse si stagliano prendendo posto nei quattro angoli del supporto. Nulla è lasciato al caso, le composizioni sono calibrate, studiate, volute nella loro ricchezza segnica. Il ritmo diventa incessante e si fà specchio della odierna società.
AZZURRA IMMEDIATO
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