nota critica
Alla ricerca della sintesi estrema, Marco Catellani schiera nei suoi dipinti un esercito ordinato di figure disposte in modo razionale, complesse composizioni, a metà strada tra astrazione e stilizzazione che creano stranianti effetti optical. I personaggi dallo sguardo deciso, talvolta assente, appaiono fissi, ieratici, al limite tra il fisico e il metafisico. L'artista ci sorprende per la sua tecnica precisa e rigorosa, quasi maniacale, trasportandoci in una dimensione altra, in un universo parallelo (futuristico o arcaico?) di grande forza e potenza visiva. I richiami e i riferimenti culturali sono chiari e importanti: dalle maschere africane alle scomposizioni meccaniche di Lèger, ai moduli grafici ricorrenti di Capogrossi fino alle "nature morte" astratte di Roy Lichtenstein. In particolare, però, l'artista ha sviluppato in maniera personale il segno urbano di Keith Haring, trasformandolo in una doppia linea, un "tubo" attraversato da piccole bacchette che danno forma alle sagome spersonalizzate. Una strana sospensione, una quiete irreale domina i dipinti: gli inquietanti protagonisti sembrano in attesa di qualcosa, forse di risposte.
CAMILLA MINEO
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