QUATTRO CANTI ( PALERMO )
Quattro Canti ( Palermo sabato 11febbrio 2017 )
Volendo realizzare un’altra delle mie opere storiche mi recai ai quattro Canti di città, feci una foto, che trasferii su tela di cm 80 x 56 da me costruita e dopo averla disegnata la dipinsi ad olio definita il 12 /07/ 2017
I quattro Canti di città, o piazza Villena ( o Vigliena ) è il nome di una piazza ottagonale all’incrocio dei due principali assi viari di Palermo: la via Maqueda e il Cassaro, oggi via Vittorio Emanuele (antica via di origine fenicia, collegante l’acropoli e il palazzo dei Normanni al mare ), a metà circa della loro lunghezza. Realizzati tra il 1609 Voluta dal vicerè spagnolo marchese di Villena, su disegno dell’architetto Giulio Lasso. Nel 1612 sotto il viceré d’Ossuna, e quello di nord nel 1620 durante il viceregno del conte di Castro. Su questo slargo ai cui quattro angoli si elevano le facciate convesse di bei palazzi secenteschi dalla classica suddivisione a tre ordini sovrapposti ( dorico, ionico e corinzio ) con : al piano inferiore , fontane che rappresentano i fiumi della città antica ( Oreto, Kemonia, Pannaria, Papireto ) ; quindi, un ordine di stile dorico, contenente le allegorie dalle quattro stagioni ( rappresentate da Eolo, Venere, Cerere e Bacco ) ; l’ordine successivo, in stile ionico, ospita le statue di re spagnoli: Carlo V , Filippo II, Filippo III e Filippo IV sormontati dagli stemmi ( in marmo bianco ) reale senatorio e viceregio, infine nell’ordine superiore, le quattro sante palermitane. Agata, Ninfa, Oliva e Ccrtistina, patrone della città già prima dell’avvento di Santa Rosalia ( 1624 ) e di San Benedetto da San Fratello ( 1652 )
Questa opera è una riproduzione eseguita dall’artista in data 15 / 07 / 2017
Quattro Canti ( Palermo sabato 25 marzo 2017 )
La sistemazione del Cassaro e l’apertura di via Macqueda
Fino alla fine del 400 la città aveva conservato nelle mura tracce profondissime nel suo ibrido Medioevo; ancora tali tracce dovevano sussistere nella trama viaria: una delle piazze più « moderne » era addirittura quella della cattedrale. I grandi committenti del XVI e del XVII sec. viceré, Chiesa, aristocratici volevano ora edifici di tipo, per così dire, moderno, rinascimentale, italiano: non certo più i fiam¬manti arabeschi del portico della Cattedrale o di palazzo ¬Abatellis.
La nuova architettura aveva però una metrica e un respiro inconciliabili con la città medievale, e per questa architettura bisognava creare spazi nuovi. Si procedette quindi inizialmente a una rettifica della strada preesistente sia per quanto riguarda l’allineamento che per l’allargamento. Indubbiamente influì sul progetto palermitano il prestigioso modello della napoletana via Toledo aperta trent’anni prima, ma le due strade diffe¬riscono profondamente.
Mentre per Palermo la ristruttura¬zione del Cassaro è il frutto di un desiderio di ammoderna¬mento ed abbellimento di una città più grande e sufficiente ai bisogni, la napoletana via Toledo costituisce l’asse principale di un’ “ addizione “ che aumenta di un terzo la superficie di una città bisognosa di spazi. Per chi scendeva il Cassaro (da allora, e fino all’Unità, chiamata via Toledo) dal punto più alto verso il mare si presentavano a destra il piano del Palazzo, il largo Ara¬gona, la piazza Pretoria, il piano della Marina; a sinistra il piano della Cattedrale e, appena protetto da una quinta di case lo specchio d’acqua costituito dalla Cala su cui affacciava il Castellammare.
Al di fuori delle pro¬spettive e delle scenografie del Cassaro la città medievale era rimasta pressoché intatta con le sue lunghissime strade dirette da sud a nord, i suoi mercati. Ma nella strada del Cassaro rinnovata si affermava, pur nel rispetto della tradizione di penetrazione dal mare al territorio, la nuova maniera di intendere lo spazio urbano. Il XVII secolo si aprì a Palermo, con il taglio della via Maqueda, il primo e più importante avveni¬mento urbanistico che avesse interessato la città nell’età moderna. Il 21 luglio del 1600 il viceré de Cardines, duca di Maqueda, presiedeva infatti al¬la cerimonia del simbolico “colpo di piccone”, che dava il via all’apertura della “strada nova” che da lui prese il nome.
Incrociandosi ortogonalmente col Cassaro, essa diede luogo a quello che poi, dal predicato nobiliare del viceré dan Giovanni Fer¬nandez Paceco de Villena, sotto il quale fu completato, venne chiamata Ottangolo Villena. Villamage, pianta di Palermo del 1699, con indicazione della “croce” via Maqueda- Cassaro La necessità di conferire unità architettonica al¬la piazza, che rappresentava il centro esatto della città entro le mura, si affacciò già prima del 1608, anno in cui il Senato affidò all’architetto fiorentino Giulio Lasso il progetto della sua sistemazione.
Un preciso ed elaborato programma simbolico e iconologico sovrintese poi alla qualificazione dei Quattro Cantoni, che risultarono dagli angoli smussati. L’idea probabilmente derivò dal prototipo della piazza delle Quattro Fontane a Roma. Il Las¬so seguì personalmente i lavori fino al 1615, anno della sua morte. A lui subentrò Mariano Smiriglio, che assai probabilmente modificò, pur se in stretta misura, il progetto del suo predecessore. Senza in¬dulgere a magniloquenze barocche, egli si attenne ad una disciplinata fantasia tardo-rinascimentale, prevedendo la sovrapposizione di tre ordini distinti: tuscanico quello terreno, ionico quello medio, composito quello superiore.
La realizzazione della piazza avvenne nel 1609, nove anni dopo il taglio della via Maqueda, sotto il viceré Giovanni Fernandez Paceco, duca di Villena. In quello stesso anno avvenne il completamento dei cantoni est ed ovest, mentre il cantone sud venne terminato nel 1612 sotto il viceré d’Ossuna e quello di nord nel 1620 durante il viceregno del conte di Castro.
La sistemazione delle statue avvenne a partire dal 1617 con l’assegnazione dell’incarico a Mariano Smiriglio, ingegnere del Senato palermitano. La forma della piazza ( Quattro Canti ) è un ottagono situato al centro della Palermo antica, formato dall’alternanza di strade e quinte artitettoniche, che funge da punto di incontro tra i quattro quartieri principali dell’epoca, Kalsa, La Loggia, Il Capo e l’Albergheria.
Piazza Vigliena, si trova all’incrocio dei due principali assi viari di Palermo: Corso Vittorio Emanuele e via Maqueda. Voluta dal vicerè spagnolo marchese di Villena, su disegno dell’architetto Giulio Lasso. Dopo il 1617, direttore dei lavori fu l’ingegnere Mariano Smiriglio, che cambiò profondamente l’assetto decorativo previsto inizialmente.
Il nome esatto della piazza è Piazza Villena ( in omaggio al Vicerè il cui nome completo era marchese don Juan Fernandez Pacheco de Villena y Ascolan ) , ma le fonti antiche la ricordano come Ottangolo o Teatro del sole perché durante le ore del giorno almeno una delle quinte architettoniche è illuminata dal sole.
La parte architettonica dei quattro angoli ven¬ne completata nel 1620, e intorno a quella data furono approntati i disegni per le decorazioni, ol¬tre che dallo Smiriglio, da Nicasio Azzarello e da Giovanni D’Avanzato, al quale si deve l’ideazione delle fontane. Il piano iconologico dell’opera fu tuttavia elaborato dall’erudito Filippo Paruta.
As¬sieme all’idea della croce di strade, cara alla cul¬tura controriformistica, si tenne sempre a rimar¬carne la profonda compenetrazione tra la sfera umana e quella divina, anche sul piano numerico: il quattro è il numero dell’uomo (le stagioni, gli ele¬menti, le età etc.), il tre (gli ordini sui quali si arti¬colano i quattro retabli invece il numero sa¬crale per definizione (tre sono infatti le persone di Dio).
Il fatto che nelle ore del giorno almeno una delle quinte architettoniche sia illuminata dal sole, accresceva la considerazione dell’Ottagono qua¬le luogo simbolico, e perciò si amò chiamarlo an¬che, enfaticamente, “Teatro del Sole”. La piazza fu anche lo spazio deputato alle “feste” dell’effi¬mero e della forca. Le statue delle quattro Sante palermitane, che il progetto prevedeva di porre al terzo ordine, fu¬rono eseguite tra il 1620 e il ‘24, quelle delle Sta¬gioni e dei Sovrani a partire dal 1630.In origine queste ultime dovevano essere modellate in bron¬zo, ad opera di Scipione Li Volsi, ma di esse ven¬nero realizzate solamente quella di Carlo V poi collocata nel piano dei Bologna (Piazza Bologni), e quella di Filippo IV, poi distrutta. Le attuali, in marmo, furono scol¬pite tra il 1661 e il ‘63 da Carlo D’Aprile.
Ripartizioni delle decorazioni nei cantoni: Cantone Sud (quello addossato alla chiesa di S. Giuseppe): in basso, la Primavera (Gregorio Te¬deschi). Si noti come ciascuna delle immagini delle stagioni sia accompagnata da una mostruosa figu¬ra ibrida (in questo caso rappresentante la Terra); secondo ordine , Carlo V; al terzo ordine, Santa Cristina (G. Te¬deschi).Prima dell’avvento di Santa Rosalia. Il fastigio alla sommità della costruzione è rappresentato, come negli altri tre cantoni dallo stemma reale, affiancato da quelli vicere¬gio e senatorio.
Cantone Ovest (a d. guardando verso Por¬ta Nuova): in basso, Estate e Fuoco (G. Tedeschi); al secondo ordine, Filippo II, al terzo, S. Ninfa (G. Tedeschi). Cantone Nord (a sinistra, guardando verso il mare): in basso, Autunno e Aria (Nunzio La Mattina); al secondo ordine, Filippo IV; al terzo ordine, S. Oli¬va (N. La Mattina).
Cantone Est (a d. guardando verso il mare): in basso, Inverno e Acqua (N. La Mattina); al secondo ordine Filippo III; al terzo ordine, S. Agata (N. La Mattina).
E necessario precisare che le conche inferiori delle quattro fontane sono ottocentesche: progetta¬te da Salvatore Bonomo nel i 1864 la loro collocazione si rese necessaria per raccordare quelle ori¬ginarie con il piano di calpestìo della piazza, che era stato sensibilmente abbassato.
CONSULTARE NEL SITO ( OPERE ARCHIVIO E SEZIONI IN EVIDENZA )