Conferenza pronunciata al Rotary Club di Udine nel 1956 / IL FALSO NELL'ARTE
Cari amici, gentilmente da voi invitato a trattenervi con una mia chiacchierata, ho scelto un argomento di cui ho qualche conoscenza perchè la tecnica di un certo lavoro si collega, fortunatamente con scopi ben diversi, con la tecnica dell’artista e in questo caso particolare con la tecnica del pittore. Vi parlerò dunque del falso in arte. La falsificazione di opere d’arte a scopo di lucro, fu forse praticata in ogni epoca o almeno in quelle in cui un più raffinato e più diffuso culto del vivere elegante, ispirò a un maggior numero di persone il desiderio di essere o di parere, cultori ed intenditori d’arte. La passione di possedere rari capolavori, anche nel passato fece intravvedere ad abili truffatori senza scrupoli, la possibilità di facili guadagni. Non sta a me in questa breve conversazione entrare in trattazioni storiche dell’argomento. Mi limiterò quindi a riferirmi alle mistificazioni verificatesi nei tempi moderni ma non per documentare scandali, bensì per trattenervi sulla tecnica dell’imbroglio che, condotta in modo grossolano, può far cadere nella trappola persone ingenue e sprovvedute di cognizioni, condotta in modo raffinato ha sorpreso anche uomini esperti e coscienziosi. Si tratta di una vera e propria truffa da cui esula ogni problemaestetico. Conversando talvolta cordialmente su questo argomento, mi è successo die ssermi sentita rivolgere questa obiezione: “ma il falsificatore di un’opera d’arte non è a sua volta un artista, un creatore? E se l’opera che ne risulta è tale da indurre nell’errore, non è perciò essa stessa un’autentica opera d’arte?” Qui sta il punto della questione. La la risposta è precisa.
Un falsofocatore non è un creatore: egli copia una tecnica e non vale più di chi fa una copia di un’opera d’arte per un Museo o per un’Accademia a scopo di diffusione della conoscenza e di studio; e nessuno penserà che chi copia anche con estrema abilità un quadro del Veronese, ha il genio della pittura come lo ebbe il Veronese; ho accennato a questa osservazione perchè talvolta mi è stata rivolta; certo non è in questa sede e tra voi che io debbo spendere parole per sgombrare il terreno. Dunque l’opera falsificata non è un’opera d’arte, ma ;a risultante del disonesto accordo di un trafficante ingegnoso e di un artista fallito, ai danni di un ingenuo che potrebbe anche esseresolo un imprudente o, nella peggiore delle ipotesi, un presuntuoso. La vittima è tanto più indifesa, quanto più è dominata dalla sua passione nobile o meno nobile, di possedere rari capolavori. Chi si accinge alla truffa non si preoccupa di cercare la vittima: al momento opportuno non mancherà . Occorre invece montare abilmente la macchina e la condizione indispensabile è che il trafficante trovi l’artista fallito ridotto a un tale stato di avvilimento da prostituire anche l’ultima traccia di quello che era stato un tempo un suo sogno d’arte e una sua dignità morale. Deve possedere una notevole bravura tecnica e vedere con cinismo se stesso e il suo passato; solo freddo distacco dal suo antico stato di grazia di artista può impedirgli di cadere nel pericolo di guastare con un segno suo e della sua epoca, la perfezione del falso. Del resto sta alle sue spalle a sorvegliarlo, nero angelo custode, quello che gli ha ordinato il lavoro e ne trarrà il maggior profitto; tuttavia solo dalla perfetta collaborazione di intesa di entrambi dipende la perfetta riuscita della truffaldina impresa. È inutile aggiungere che è sempre opportuno che il numero degli interessati alla congiura sia limitato al massimo; ma naturalmente non è di un rigore ferreo. Comunque, siano essi due o tre o quattro, eccoli all’opera. Si vuole tentare un colpo grosso; è meglio inventare un’opera indefinita, fluttuante fra due scuole o tendenze, tale da far rompere la testa a coloro che si dedicheranno alla difficile opera dell’attribuzione, o è meglio puntare sulle caratteristiche ben decise di un artista nel momento della sua affermazione più sicura? Si decide per questa ipotesi come la più sicuramente redditizia a lavoro compiuto. A questo punto mi pare giusto che per rendere più efficace il procedimento tecnico che viene usato io, pittore, scelga ad esempio la falsificazione di un quadro antico; ammettiamo che la scelta casa sul Giambellino; una pittura affascinante, di epoca sufficientemente antica, una produzione vastissima, di una vita assai lunga, tutta dedita all’arte; si sottoscrive la maniera di un periodo e si punta su di essa; il pittore conosce le opere del Giambellino, ma ritorna nelle Gallerie a studiare ancora gli inconfondibili segni. Intanto viene procurato il materiale; è quanto può esservi di meno costoso al mondo; a portata di mano dovunque. Tutti i quadri del Giambellino erano dipinti su tavol: benissimo, un vecchio pavimento di qualche vecchia soffitta in qualche cadente catapecchia; se ne stacca un pezzo e si pialla da una sola parte; a rovescio si lasciano i gloriosi segni che il tempo e la sporcizia vi hannpo accumulati; si ingessa la tavola con colla ottenuta bollendo pelle di coniglio e l’artista vi dipinge sopra una Madonna col bambino alla maniera del Bellini; l’artista vi si impegna con una specie di diabolica soddisfazione; egli non è riuscito ad esprimersi in una sua opera d’arte; gli par di ricavare una sottile vendetta contro il suo destino, vendetta tanto maggiore quanto più è raffinata è la sua capacità di imitatore. La pennellata di Bellini, che è il suo segno calligrafico, è strisciata alla perfezione; non uno dei piccoli particolari della maniera del Bellini è trascurato; il ciglio dello’cchio, l’attaccatura di un’unghia, il riporto di un’ombra, il modo di interpretare i capelli ecc...Ah! finalmente quell’antico studio della sognante giovinezza sui capolavori serve a qualche cosa; forse salirebbe su dal profondo dell’anima, un disgusto, un’amarezza, un bisogno di rivolta che porterebbe ad introdurre nel quadro il proprio segno; ma se non lo ricaccia l’artista è pronto lì vicino il committente a ricordargli chi è . Che cosa sta facendo. Nessuna rivolta è consentita, nessun capriccio, pena i, fallimento dell’impresa. E si continua senza più scrupoli fino alla fine. Per imitare la maniera pittorica del Bellini, ogni truccatore può avere escogitato una formula speciale: vi dò la riicetta più comune e se so trovare le parole adatte, può sembrare stralcoata da un trattato sulla pittura, mettiamo dal testo di Cennino Cennini giacchè ci libriamo in un cielo piuttosto nobile:”sbatti chiara d’uovo, lasciale riposare per veniquattro ore, indi decanta il tutto, aggiungi un pizzico di miele, un terzo di gomma di ciliegio e acqua a volontà ; amalgamerai così i pigmenti colorati e otterraiuna tempera chiara, trasparente, vitrea e un po’ dura; attendi ora a creare quelle piccole crepe che i;l tempo secco comporta...” Forse si divertono i compari a parodiare e noi potremmo spiritosamente immaginarli come in una commedia e divertirci a guardarli; oppure potremmo irritarci per lo sdegno. Lasciamo andare; anch’essi hanno smesso di far la parodia e lavorano sodo. Fra i vari sistemi usati per ottenere le crepe, hanno scelto quello di coprire il dipinto ancora fresco, con calce che rapprendendosi assai rapidamente sul letto ancora molle, produce le più convincenti crepe del mondo. Occorre pazienza e che tutto si asciughi per benino; un po’ di riposo e qualche sguardo dapprima ancora preoccupato man mano più tranquillo sul lavoro. Ed ora, come si giungerà a consolidare la tavola perchè ottenga la durezza propria dei dipineti antichi? È uno scherzo di ragazzi come tecnicama bisoghna saperla applicare con abilità ; un ferro da stiro caldo ma no ardente, passa e ripassa sul dipinto; l’uovo si cuoce e ne risulta quella materia dura e resistente che un dipinto riceve man mano a causa delle varietemperature dei luoghi e delle stagioni, col passare degli anni, dei secoli. Ma non basta ancora; occorre produrre sulla tavola i segni che vi avrebbero inciso le supposte vicissitudini e traversie; colpi, graffi, sporcizia. Ecco all’opera: temperino, martello, polvere dello studio, nerofumo di candela, giacchè si presume che un’immaginesacra sia stata collocata su qualche altare. I tarli del vecchio legno sono autentici e rappresentano anch’essi una garanzia. Soddisfatti del lavoro e dal comune interesse, commitente ed artista montano la seconda parte dell’azione che potrebbe essere anche troppo monotona se non fosse vivificata da un osffio di fantasia nei particolari. È giunto il momento di creare la storia, il romanzo dell’opera sfuggita da secoli al controllo della documentazione oltre che all’ammirazione delle genti. È notorio infatti che per i quadri dei grandi maestri e delle grandi scuole, esiste una vera e propria biografia corredata di documenti. Questo quadro appena natoe già così antico non ne possiede alcuna. Ma si può inventarla, ocorre mettere la tavola in condizioni da renderla verosimile. Si bistratta la tavola come si vuole far supporre che sia successo per la cattiva sorte cui è andata soggetta. La apertura del vestito sul petto della Madonna era stata mantenuta nei limiti di quelle di altre Madonne del Bellini; ma coprirla con una grossolana ridipintura a base di olio di lino cotto, mescolato a qualche terra, può essere accorto stratagemma per giustificare un’adulterazione dovuta allo zelo religioso di qualche scandalizzato sacerdote di una chiesa; un velo o manto posto sgarbatamente sui capelli può fingere una correzione arbitraria di qualche pittore da strapazzo, convinto di abbellire e perfezionare il quadro; ritocchi e spropositi pittorici su una mano, particolari aggiunti e sovrapposti a casaccio ed ecco reso irriconoscibile anche un Bellini autentico. Tutto a posto: un furbo dedito a questa specie di traffici o ad altri ugualmente poco puliti, ha certo a disposizione un magazzino. Vi ficca alla rinfusa vecchi mobili e masserizie ricavati dal finto acquisto di un lotto dirigattiere, e butta fra esse, senzxa riguardo, la vecchia tavola. Passa qualche tempo, poi una voce si diffonde, non sis a come, non si sa da chi: in mezzo a quel disordine, fra quel ciarpame, è stato trovato un oggetto che pare abbia un grande valore; non è notizia ancora sicura; può essere, non essere: si tratta forse di uuna statua che adornava un giardino antico? No, affatto; pare che si tratti di cosa ben più importante. Finalmente v ien fuori un’informazione ben più sicura; si tratta di un quadro, di un’opera che può essere di un grande Maestro; ma adagio: attenti a non essere faciloni: c’è stato sì qualcuno che impressionato dalla straordinaria nitidezza e spiritualità dello sguardo della Madonna, ha osseervato con maggior attenzione quella povera tavola buttata in un canto; ma perchè gridare subito al miracolo? Di certo si sa che la tavola è stata portata via dal magazzino e un gran rumore si è fatto intorno ad essa: noi, che sappiamo il trucco, noi e gli inscenatori, già vediamo profilarsi all’orizzonte la figura dell’appassionato, del compratore, della vittima insomma: ma la genteattende fiduciosa l’esito della radiografia: non c’è più dubbio, la radiografia ha rivelato l’esistenza di un dipinto sovrapposto. Che altro resta da fare? Ripulire il quadro, rivelarlo nella sua bellezza: un Bellini, sicuramente un Bellini; non ci possono essere dubbi; ma bisognerà aspettare la parola definitiva degli esperti: intanto si può cominciare a parlare discretamente di offerte; di parte di cittadini privati italiani ed europei, di pinacoteche anche; ma soprattutto di americani, quei poveri americani che hanno il loro suolo così ricco di materie prime, ma le loro soffitte così sprovviste di vecchi capolavori e li amano tanto... Potrei ancora continuare, cari amici, ad imbastirvi un seguito, ma lo lascio alla vostra immaginazione e perchè non vi sembri che io mi sia lasciato troppo tarsportare dalla fantasia, offro un dato alla vostra riflessione: - Esistono in America, solo in America tremila autentici Renoir interamente di mano del pittore. Il grande Renoir al mpomento della sua morte era riuscito a dipingerne solo duemilacinquecento!
Luigi Zuccheri
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