Artista o arteterapeuta? (Considerazioni sulla possibile conciliabilità dei due ruoli)

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Immagine: Leone triste, tratto da "La contessa dei sobborghi"
Rispondere alla domanda "Chi è l'artista?" non è affatto semplice, anche se, come abbiamo visto è "il quesito dei quesiti", quello a cui tutti gli artisti cercano di rispondere prima o poi e che in molti casi è il motivo che spinge, magari anche inconsciamente, a continuare a fare arte. Ma rispondere a questa domanda diventa ancora più difficile se l'artista, oltreché artista è anche arteterapeuta. E guardate che non poi così scontato che un'arte-terapeuta sia anche artista. Ovviamente se una persona decide di aiutare gli altri a ritrovare il proprio benessere utilizzando l'arte come via per il cambiamento non può non amarla con tutto se stesso, ma da qui al farla da professionista ce ne corre. Qui si aprirebbe l'eterna questione se le opere dei dilettanti o dei vari outsider artist possano dirsi vera arte o se piuttosto debbano considerarsi tali solo quelle prodotte di chi fa l'artista di mestiere, ma non è il caso di affrontare questo tema ora.
Il problema è che quando ti trovi di fronte ad una persona che è entrambe le cose non puoi non chiedergli cosa voglia dire essere artista e arteterapeuta e se sia possibile o a quale prezzo conciliare questi due modi di essere. Così, semplicemente, io l'ho fatto, consapevole di aver creato una sorta di piccolo terremoto esistenziale nell'animo di una persona. L'ospite di oggi per un post un po' "allargato" della rubrica "Chi è l'artista?" è Luigino Bardini, artista e arteterapeuta di professione.
Mi poni un quesito complesso e compromettente: "Artista e Arteterapeuta oppure Artista o arteterapeuta"? Non credo esistano delle risposte univoche e ogni arteterapeuta se fa anche l'artista (inteso come colui che si dedica all'arte) avrà senza dubbio delle proprie considerazioni in merito.
Penso comunque sia improbabile trovare un'arteterapeuta che non sia anche amante dell'arte intesa come espressione artistica, come comunicazione attraverso il mondo infinito e complesso dei simboli, delle metafore, della sintesi e della stratificazione dei significati. Come può un arteterapeuta non amare i colori, i materiali, gli strumenti del fare arte?
È soltanto attraverso la sperimentazione continua che si riesce, talvolta, a darsi delle risposte sul modo di procedere del paziente. L'interpretazione dell'arteterapeuta si arricchisce dell'attivazione del paziente fatta di sfumature, di ripensamenti in fase esecutiva, di tonalità, di forme, di scelte operative a volte singolari e sorprendenti. È il vivere con il paziente l'avventura creativa che permette all'arteterapeuta di cogliere indizi, frammenti, coinvolgimenti, che l'opera finale racchiuderà, ma che da sola non è sempre in grado di svelare.
L'arteterapeuta cerca di creare dei collegamenti tra le qualità formali delle opere prodotte in arteterapia e i processi psicologici che vengono messi in atto nel momento della realizzazione. Formula una ipotesi interpretativa che in ogni caso lo avvicinerà al mondo interno del paziente; attraverso l'esperienza, l'empatia, l'intuito, l'immedesimazione, dà una propria lettura agli accadimenti che avvengono nel setting di arteterapia.
Come sostiene poeticamente lo psichiatria Eugenio Borgna ne Le intermittenze del cuore "Non ci sono, cioè, fenomeni psichici, immagini e pensieri, emozioni e modi di essere, che non abbiano bisogno di interpretazione (di ermeneutica)". Alcuni stati d'animo e alcuni vissuti vengono descritti con una incisiva capacità analitica nelle "Note a se stesso" del celebre pittore simbolista Odilon Redon: "Il senso del mistero nasce nel trovarsi tutto il tempo in mezzo all'equivoco e nelle allusioni di aspetti (immagini dentro le immagini) forme che stanno venendo alla luce, o che verranno alla luce a seconda dello stato mentale di chi osserva."
Catena di luce e ultimo comandamento_lavoro di un paziente.jpgL'arteterapeuta entra in sintonia con il paziente, stabilisce una relazione basata sull'accoglienza, il rispetto, l'accettazione e la comprensione. Si muove su un terreno delicato e intimo per scoprire le infinite emozioni e i variegati stati d'animo del paziente. Opera per conquistare lealmente un'alleanza terapeutica che permetterà ad entrambi (arteterapeuta e paziente) di giungere insieme ad esplorare paesaggi interiori sorprendenti nelle loro risonanze emotive. Sempre Borgna scrive "I paesaggi dell'anima sono misteriosi e invisibili; e non è facile andare alla loro ricerca: compito inesauribile e mai finito."
Sembra che per te la condizione di Arteterapeuta sia un valore aggiunto, un arricchimento da riutilizzare nel tuo fare arte, a tratti sembra anzi che per te sia prerequisito indispensabile per essere artista.
Parlando dell'Arteterapia e indirettamente dei modi e degli stili che un'arteterapeuta utilizzerà per configurarsi sotto l'aspetto professionale, umano e artistico mi sono un po' allontanato dal tema propostomi, ma in realtà tutto questo si ricollega a quanto accennavi all'inizio a proposito di quali opere debbano davvero considerarsi arte. Secondo Edith Kramer uno dei requisiti per diventare un terapista d'arte è la capacità di tollerare la non-arte, la quasi-arte, l'anti-arte. È il miglioramento funzionale, interiore, caratteriale e relazionale del paziente, l'obiettivo dell'arteterapeuta e non la produzione di opere che altri potrebbero apprezzare.
Ciò non toglie che le abilità artistiche e le conoscenze teoriche, tecniche e psicologiche siano strumenti ugualmente importanti per il conseguimento di risultati. Sempre Edith Kramer, presentandosi nella prefazione del suo libro Arte terapia per l'infanzia, scrive che il suo punto di vista "è quello di un'artista professionista e di un'educatrice, che unisce le abilità professionali nel campo dell'arte con una generale conoscenza della normalità..."
Penso che l'arteterapeuta debba essere anche un'artista in grado di cogliere la significatività di una vasta gamma espressiva, disposto a tollerare anche molte frustrazioni, consapevole degli infiniti modi e livelli di fare arte. Una persona che possiede doti di artista e di terapeuta, da approfondire ovviamente con un percorso formativo adeguato, dovrà avere anche una predisposizione all'accoglienza del paziente con il suo bagaglio di problemi, di disturbi, di disagi e di sofferenze; pronto a intervenire per il recupero della "parte sana" della persona che avrà in cura, e a valorizzare le risorse artistiche e umane nelle persone che incontrerà nell'ambito terapeutico.
Quanto più il professionista riuscirà a coniugare e a fare interagire l'artista e il terapeuta, tanto più sarà capace di intuire nel segno, nello scarabocchio, nell'embrione della forma, le premesse di un percorso espressivo e terapeutico ricco di significati rapportabili a diversi livelli cognitivi e artistici.
Nell'arte, insomma, non è arte ciò che piace, ma piace ciò che è arte in quanto espressione di qualcosa di sé?
Mi considero una persona che ama l'arte in tutte le sue espressioni e sì, se vogliamo, sono un pessimo critico per il fatto che ho difficoltà a discriminare i lavori d'arte, a cogliere gli aspetti che collocano il lavoro d'arte nel novero delle opere d'arte di un certo livello. Ma quando vedo i miei pazienti anche più compromessi conquistare i loro piccoli-grandi traguardi mi commuovo. Rientra nel ruolo dell'arteterapeuta un simile coinvolgimento? Dopo 40 e più anni che sto con loro (pazienti psichiatrici) mi dico di sì. Come avrai intuito sto leggendo, "Le intermittenze del cuore" di Eugenio Borgna, ma sarebbe più esatto dire "rileggendo". Mi sento affascinato da questo psichiatra-poeta. Non so se tu lo condividi...
In ogni caso anche all'interno delle comunità in cui opero alcuni professionisti hanno altri stili e modalità di approccio. Io preferisco il mio e sono comunque disposto al confronto e dialogo.
Articolo di Emanuela Zerbinatti
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