recensione Veronica Nicoli
La scultura emozionale di Luigi Caserta Il grande Totò diceva che signori si nasce, non si diventa. Stessa cosa, però, non si può dire sempre anche per gli artisti che scopro-no di esserlo nel bel mezzo di una vita dedicata ad una professione piuttosto che ad un’altra. Prendiamo il caso dello scultore Luigi Caserta, la cui prima attività è stata quella di gastroenterologo. Solo un lungo percorso di studio a contatto con maestri e artigiani di chiara fama ha fatto scoprire a Luigi la sua vena più intima, quella dell’arte. E questo al punto tale da fare della propria passione addirittura la sua principale attività. Una passione che gli ha concesso di acquisi-re un curriculum di tutto rispetto e che lo ha visto partecipare a numerose mostre ed eventi di grande prestigio. Indubbiamente la sua formazione medica ha certamente influenzato la sua opera come dimostra nelle proprie sculture, rivelandosi attento conosci-tore dell’anatomia umana, soprattutto di quella femminile sovente raffigurata. E sono proprio le donne scolpite a regalarci profon-de emozioni attraverso la chiara lettura dei loro stati d’animo. Si prenda ad esempio Preghiera (bronzo, fusione a cera persa, cm 4Sx.33x32, 2013) , ciò che si coglie è sicuramente una resa ai problemi della vita terrena e una invocazione di speranza rivolta al regno dei cieli. La donna di lo nei capelli (bronzo, fusione a cera persa, cm 4Sx33x2Z 2015) invece è assor-ta nei propri pensieri, con lo sguardo fisso verso l’osservatore, nell’atto di voler comuni-care una necessità, quella di sciogliere le tensioni e ritornare all’equilibrio. Lo stile del Caserta mi ricorda, soprattutto nella resa del volto, lo scultore medievale Tino da Camaino, per il modo di rendere i volti in maniera quasi astratta, impersonale. Un’ideale di bellezza che lo awicina quasi alla purezza di un Costantin Brancusi. Ma la maniera con la quale il corpo della modella viene cosl attentamente descritto, la natura-lezza con cui si rendono le carni affusolate della giovane, sono di matrice classica. Li primo confronto che mi viene da fare è con la celebre Afrodite accovacciata dello sculto-re greco Doidalsas, conosciuta grazie a varie copie di età romana conservate nei nostri musei. Un richiamo all’antico riletto in chiave del tutto personale che possiamo osservare anche in un’altra opera, Tuffatrice (bronzo, fusione a cera persa, esemplare unico, cm 74x30x33, 2014). Come non pensare alla Tomba del tuffatore di Paestum? Ma un’opera in particolare mi colpisce, Amazzone (bronzo fusione a cera persa su base di ferro, cm ll0x95x75, 2017). La posa fiera, lo sguardo rivolto in avanti, i folti capelli ribelli raccolti, le mani che afferrano la libertà, un invito rivolto a tutte le donne di riappropriarsi della propria vita, di ritornare ad essere “selvagge” che in questo caso non va inteso nel suo senso moderno peggiorati-vo, con il significato di incontrollato, ma nel suo senso originale che significa, vivere una vita naturale, ascoltare l’intuito. Insomma, per concludere, possiamo affermare che Luigi Caserta dalle corsie degli ospedali è altrettanto degnamente approda-to alle sale dell’Arte Contemporanea!
Veronica Nicoli
2018
Veronica Nicoli [curatrice eventi]
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