Un poeta visivo
Di arte, cioè, in cui l’estro dell’autore non si esprime tramite il tratto d’un pennello reale, ma per mezzo di strumenti tecnologici che possono interpretare una vastissima libreria di pennelli e tecniche di ogni tipo - dalla tempera, all'olio, all'acquerello, all'aerografia - e impiegare tavolozze di colori infinite. Spesso, con ulteriori interventi manuali che recuperano metodi tradizionali e fondono nuovo e antico in un tutt’uno che sfida il senso del tempo. Del resto, da sempre gli artisti sono tentati da processi e materiali eterogenei, realizzando opere a tecnica mista (collage e pittura, spesso) o opere polimateriche (con colori uniti a tessuti, carte, materiali inerti, oggetti). Ma non lasciamo che l’attenzione si concentri sulle descrizioni più o meno puntuali dei metodi e abbandoniamoci, invece, alla poesia delle tele di Curtarello. Arte figurativa, certo. Nelle composizioni si sente un legame pulsante con la pittura del Quattrocento fiammingo e del Rinascimento fiorentino, e ancor più con l’Impressionismo della seconda metà dell’Ottocento e del primo Novecento: non imitati ma attualizzati, filtrati dalla consapevolezza del nostro tempo e caricati d’emozioni profonde. Prendiamo le ballerine, per esempio: sarebbe banale e tutto sommato limitante parlare di hommage à Degas . Non sono quasi mai riprese nell’atto dell’esibizione; si percepisce l’intensità nel silenzio della preparazione, la ricerca della concentrazione, la frustrazione per una performance magari non del tutto soddisfacente, l’attesa e l’aspettativa del palco. Degas, dunque, ma anche Freud, Adler, Jung, Reich e gli altri padri della psicologia moderna. Lo stesso avviene per i ritratti, in cui la definizione dei lineamenti lascia trasparire sguardi intensi e parlanti, o invece il tentativo di celare i turbamenti che albergano nel fondo dell’animo. Persino i paesaggi non sono soltanto raffigurazioni di luoghi: si avverte il calore del primo sole di primavera, la pioggia che bagna i terreni e le coscienze, il vento cui si vorrebbe far disperdere pensieri troppo pesanti per restare nel chiuso del cuore. L’interiorità della persona resta al centro della composizione, anche quando non vi sono umani raffigurati. Del resto, Curtarello è così: autodidatta curioso e libero del sapere umanistico, virtuoso della tecnica (è grafico pubblicitario), insofferente a ogni regola di cui non riconosce la validità intrinseca, culturalmente anarchico. Un poeta visivo, in un certo senso. Ma, se volete, dite pure che è un digitalpainter.
Dott. Giulio Carloni [Giornalista]
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