La pittura di Lorenzo Dalcò viene da unrnlungo lavoro sul paesaggio e porta le tracce, sia nella passione per la cittàrnnel suo complesso, per la veduta, che si distende ampia e panoramica, per lornskyline che rompe cieli arrossati, avvampanti o freddi di intensità boreali. Darnqui è partito Dalcò, ma il suo viaggio non si è certo fermato a questernatmosfere, a queste allusioni ad una natura che diventava sempre più pittura, semprernpiù materia cromatica, che si accendeva di bagliori, si incupiva dando vita arnmonocromi con variazioni di tono su tono, ad un complesso equilibrio instabilerntra la visione dell’immagine della città, le sue luci, i suoi umori distillatirnda alchimista e la sua trasposizione su di una carta geografica, nella magia dirnuna rappresentazione simbolica sospesa tra l’invenzione e l’evocazione dellarnrealtà. Rimando ad altro, spesso confondendo o meglio contaminando l’orizzonterncon la veduta dall’alto, zenitale o a volo d’uccello. Il ponte lega, unisce,rnstabilisce contatti, indicano direzioni e costituiscono vie privilegiate ernquesto vogliono essere questi elementi unitari che dominano un indistintornnaturale che evoca, allude, rimanda, dando ad esso in un certo senso unarnstabilità, nell’ovvia articolazione fantastica di struttura che il ponte, tantornpiù è ampio, aggettante sul vuoto, possiede. E’ un sorpassare, ma anche unrncontenere l’intera immagine, in un nascosto desiderio di sintesi. E’ inrnpassaggio intermedio, che poterà Dalcò verso altri spazi, altre dimensioni.