LA REALTÀ VISTA E RACCONTATA DALL’ALTO NEI FRAMMENTARI ARABESCHI DI DALCÒ
La pittura è intrico, la terra colore.nelle mani di Lorenzo Dalcò il paesaggio diventa arabesco, frammento, minima parte di un tutto che, a poco a poco, infrange concettualmente i confini della tavola. Una ventina di vedute aeree al limite dell’astrazione, cariche di colore, di materia e di stinti frammentari del quotidiano.
Dopo aver “gettato ponti” tra il concreto e l’astratto, tra le liquide rive del grande fiume e un’astrazione in fieri, palpitante, ribollente, ma ancora conchiusa tra le maglie del paesaggio, Dalcò giunge, con quest’esposizione, ad una nuova maturità pittorica, dove la natura è spunto, l’immaginazione sciolta.
Sporgendosi dall’oblò dell’aereo, l’artista guarda la terra, le periferie e le città che, perdendo ogni carattere iconico, si stemperano tra i vapori inebrianti dell’astrazione. Nulla si perde e nulla si distrugge: le forme intraviste si ricompongono in nuove geometrie che, del vecchio, conservano intatta la forza. I frammenti, i momenti e gli spazi osservati dall’autore sono vedute zenitali, visioni a volo d’uccello che, attingendo alle suggestioni dell’immaginario geografico, mutano il segno in materia e la pelle del quadro in trionfo cromatico. Duettando con colori complementari , quasi sempre primari e secondari, l’artista alterna smalto e acrilico, lucido e opaco, in un tessuto cromatico vibrante ed avvolgente, sulle creste materiche si radicano schegge di vetro e sculture di legno.
Arabeschi della vita e del destino, intrecci reali e virtuali che non sembrano posarsi lievemente sulla tavola o galleggiare nel colore, ma si presentano in tutta la loro possanza scultorea, che assorbe linfa direttamente al colore. E il legno è vivo, certo inciso, scalfito e verniciato, ma comunque vivo, tanto che l’idea dell’artista non sembra trasposta sulla tavola, ma avvitata di peso, come se non si trattasse di un’immagine, ma di una formazione calcarea, che si solleva , appunto, dalla stratificazione cromatica. I colori scivolano formando spigoli, grumi, concavità e quella materia indistinta, che è legno, pigmento, specchio e materiale di recupero, che è tutto e niente, diventa di volta in volta ferrosa, vegetale ed aerea. Quei rami contorti, che solcano i blu, i porpora, i viola e gli aranci, non sono dunque griglie sovrapposte che schermano le paste, ma itinerari dell’opera, in grado di dare consistenza materica al colore.
Chiara Serri
ARABESCHI
Arabeschi della vita, del destino, dell’immaginario, intrecci reali e virtuali di luci, ombre, colori e materiali che tornano a vivere ed a prendere forma nelle tavole-dipinte di Lorenzo Dalcò.
Da un lungo lavoro sul paesaggio e dalla passione per la città nel suo complesso, per la veduta ampia e panoramica, per lo skyline, che rompe cieli arrossati, avvampati o freddi di intensità boreali, Dalcò, grazie alla sua solidità espressiva elabora e concretizza questa personale ricerca.
La sensazione è ora di una veduta dall’alto, zenitale, dove vere e proprie sculture si sovrappongono a nuovi spazi…
Dal suo iniziale bisogno di “gettare ponti”, quale urgenza di trasmettere, comunicare, superare il limite ed assurgere ad esperienze “altre”, alle sue pittosculture dove i ponti sono ora arabeschi che si trasformano in percorsi in parte segnati, in parte forse, in parte sono magiche rappresentazioni della realtà sospesa ed invenzioni che evocano l’astrazione e la tridimensionalità della materia. Rielaborazione del proprio linguaggio e ricerca-rivisitazione di materiali ai quali Dalcò torna a dare vita, pulsione, sapore, tattilità e colore e la pittura diventa più materia cromatica grazie anche all’utilizzo sapiente di tecniche miste elaborate con acrilici, vernici d’automobile, legni imbullonati su colori e materiali di recupero.
Tutto questo unito alla sua maestria nell’utilizzo delle vernici, all’alchimia di rendere acquerellabile uno smalto e dare consistenza materica all’acquerello, rende unica ogni sua opera.
Daniela Carlevaris