IL POMODORO COME FONDAMENTO
Il POMODORO COME FONDAMENTO
di Giorgio Bonomi
La vita e lo sviluppo artistici di un autore, o le fasi di questo, come tutte le storie, hanno un incipit, oltre che temporale, soprattutto concettuale. Marghertia Levo Rosenberg fissa il suo cominciamento da una strana e divertente storia di un pomodoro, trovato solitario nel frigorifero, con tutte le sue proprietà, cromatiche, olfattive, gustative, ecc.
Così l'immagine di un pomodoro figura sempre nelle sue opere: questo non implica un'analisi labirintica alla ricerca dei significati, apparenti e reconditi, del pomodoro. Questo sta lì, appare e non vuole essere altro che un segno, una cifra da cui cominciare - la visione, l'interpretazione, la comprensione - un po' come Mirò apponeva, quasi sempre, una stella nei suoi quadri.
In tal modo la rappresentazione di un semplice pomodoro assurge all'alta funzione di termine "a quo" e, come in tutte le filosofie e le loro articolazioni - dall'ontologia all'etica, dalla gnoseologia all'estetica - pone immediatamente quell'aporia tra finito e infinito, limite e illimite, ecc., su cui si è sviluppato, senza risposte definitive, tutto il pensiero, tanto quello filosofico/scientifico, quanto quello comune e quotidiano.
Si badi, però, se il pomodoro è il compiacimento, non è questo il "centro" della ricerca dell'artista, perchè tutto il suo lavoro è concentrato sull'uomo, sulla sua molteplicità e sulla sua individualità, sul suo essere e sul suo apparire, insomma sul suo limite e sul suo illimite.
Appaiono nei quadri teorie di uomini di cui non si può appurare l'inizio e la fine; appaiono fermi, statici e, nello stesso tempo, muoversi da destra a sinistra, o viceversa, in un continuum incessante; contemporaneamente rappresentazioni di mattonelle (pavimento) riportano quell'uomo, quegli uomini, "con i piedi per terra", cioè al limite, alla loro caducità.
Se, quindi, il problema più profondo della poetica di Levo Rosenberg è quello dell'esistenza, dell'Essere per dirla filosoficamente, poi nella rappresentazione si muove liberamente servendosi tanto dell'ironia quanto della drammaticità, e può adoperare tecniche e materiali differenti.
Abbiamo, allora, quadri tradizionalmente intesi; costruzioni, come il cubo – poliedro “perfetto” ma anch’esso “definito” e “limitato” – sulle cui facce ritroviamo gli emblemi dell’artista; installazioni che possono utilizzare, accanto alla carta, alla tela, al legno, alle fotografie, le radiografie. Queste ultime certamente sono un’eco, in qualche modo, della biografia dell’artista, che è medico psichiatra, ma soprattutto testimoniano un’altra possibilità di rappresentazione di quell’urgenza estetica originaria (interno ed esterno, noumeno e fenomeno, possibilità e realtà, percezione e conoscenza, ecc.).
Usando le parole stesse dell’artista: “l’obiettivo è di trovare delle unità percettive della realtà…, di trovare una relazione armonica tra le molteplici sembianze con cui la realtà mi appare, ( …cioè) una sintesi possibile delle cose del mondo”.
Sintesi “possibile”, allora, e perciò, aggiungiamo noi, mai definitiva: da questo, il perenne divenire che è della vita umana e delle cose, della conoscenza e dell’arte, sempre teso a sintesi, se non necessariamente superiori, almeno diverse.
Convinti e ammirati dalle problematiche, e dalle possibili soluzioni, che Levo Rosenberg ci offre coi suoi lavori artistici, non possiamo che attendere gli sviluppi di quel pomodoro, assai significante, ma anche molto simpatico.
Giorgio Bonomi 2004
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GIORGIO BONOMI [filosofo, curatore critico d'arte,ricercatore, scrittore di arte contemporanea]
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