PRIMA CHE IL GALLO CANTI
PRIMA CHE IL GALLO CANTI di Margherita Levo Rosenberg (la mostra)
Posted by roberto09 | Posted in Arte e suggestioni metropolitane, Critica d'arte e curatele | Posted on 22-11-2014
Tag:Katastrofé. La crisi e le sue forme, La pipa di Magritte, la teoria delle catastrofi, Madre di vento, Margherita Levo Rosenberg, René Thom, Roberto Mastroianni, Studio Dieci CityGallery di Vercelli, StudioDieci Citygallery di Vercelli, Ultimo pomodoro, “Prima che il gallo canti”., “teoria delle catastrofi” di René Thom
a cura di Roberto Mastroianni per la rassegna Katastrofè. La crisi e le sue forme
Inaugurazione Venerdì 21 novembre 2014 ore 18,00
Dal 21 novembre al 14 ottobre 2014, venerdì, sabato, domenica dalle 16,00 alle 19,00
studiodieci/not for profit/citygallery/Vc
Via Galileo Ferraris 89 – 13100 Vercelli
Prima che il gallo canti
Astratta come l’aria
la poesia di un giorno
arresa al pugno zeppo di diamanti
svaporati nel sole
prima che il gallo canti
la prima volta
(Margherita Levo Rosenberg-2006)
“Prima che il gallo canti” di Margherita Levo Rosenberg è una mostra personale inserita nella rassegna Katastrofè. La crisi e le sue forme, ciclo espositivo curato da Roberto Mastroianni e prodotto da studiodieci citygallery di Vercelli, che intende indagare il nesso “crisi-trasformazione” nell’evoluzione delle forme e dei fenomeni naturali, sociali e politici.
Attraverso sette personali, quattro bi-personali e una collettiva, gli artisti selezionati sono chiamati a confrontare la loro poetica con la “teoria delle catastrofi” di René Thom: una teoria matematico-filosofica, che spiega il mutamento e l’evolversi dei fenomeni naturali e sociali, considerati come un insieme di equilibri dinamici, che acquistano forma e stabilità attraverso cambi repentini di stato, percepiti e descrivibili come “eventi catastrofici”.
Il sesto appuntamento della rassegna propone una retrospettiva antologica del lavoro di Margherita Levo Rosenberg: artista e psichiatra genovese che indaga i processi di morfogenesi dinamica del reale, attraverso una sperimentazione sul linguaggio e il riciclo/riuso di materiali organici e inorganici e una ricerca sul nesso tra espressione, percezione e materialità nell’articolazione oggettuale del mondo. L’utilizzo dei materiali e l’incorporazione dei giochi linguistici quotidiani nelle opere, spesso presentate in una serialità dalle minime alterazioni di forme, materiali e concetti, porta all’attenzione le dinamiche strutturali di una realtà solo apparentemente stabile e in precario equilibrio. Tutta la ricerca di Levo Rosenberg è imperniata sul tentativo di rendere ragione del rapporto tra soggetto e mondo, tra immaginazione-percezione, staticità-movimento, linguaggio-realtà, idealità-materialità, restituendo artisticamente i dispositivi linguistici che presiedono alla morfogenesi del reale.
“Prima che il gallo canti” è il titolo che questa retrospettiva mutua dalla narrazione evangelica, con un chiaro riferimento al tradimento di Pietro tratto dal verso di una poesia scritta dalla Rosenberg nel 2006, che si presenta come metafora di un’età dell’innocenza, che lo sguardo e la tonalità affettiva della pratica artistica tentano continuamente di ri-attualizzare. Una metafora che parla di quel tradimento di noi stessi e delle nostre intime vocazioni e aspirazioni, che la nostra quotidianità e la nostra crescita psico-fisica rinnegano precocemente (metaforicamente “prima del primo canto del gallo di cui abbiamo coscienza”), è che, in questa prospettiva, indica la possibilità di tornare alla sorgente di stupore e meraviglia, cui l’arte tenta di attingere tutte le volte che l’artista genovese cerca di rendere ragione del rapporto dell’uomo con il mondo. Fin dagli anni ’90 del secolo scorso, Margherita Levo Rosenberg ha infatti indirizzato la sua ricerca e sperimentazione artistica verso la messa in forma del rapporto tra la cosalità oggettiva della realtà e la percezione, interpretazione, comunicazione degli effetti di senso che gli esseri umani attribuiscono alle cose, attraverso un lavorio ermeneutico e produttivo. Per l’artista genovese l’arte si occupa, pertanto, “sempre e soltanto” della realtà, che si presenta come mutevole in base al sentire e interpretare dell’essere umano in generale e del fruitore dell’opera in particolare, ed è proprio di questo mutamento percettivo e della sua interpretazione che la Levo Rosenberg tenta di rendere ragione, restituendo al contempo la dimensione di quel senso di stupore, spesso rimosso, che gli esseri umani provano tutte le volte che si trovano per la prima volta innanzi allo spettacolo della natura o della cultura. In quest’ottica, la pratica artistica è una specie di reality test, che Margherita conduce sul mondo, sulle sue forme in relazione allo spazio e all’organizzazione grammaticale del reale, in vista di una ri-produzione laboratoriale delle dinamiche che danno forma alle cose, che le rendono percettibili, comprensibili e comunicabili. Il risultato del test è evidente: tra le “cose”, la loro “rappresentazione produttiva” (che permette agli esseri umani di prendere e assumere la datità come realtà dopo averla interpretata e maneggiata), la loro “ri-produzione artistica” e la percezione/comprensione si instaura sempre una dinamica comunicativa, che è soggetta ad “opportuna” o “aberrante” decodifica e interpretazione. In altre parole la realtà, nella sua verità e fisicità, è sempre innanzi agli esseri umani che la mettono in forma attraverso processi di natura sensoriale e linguistico-discorsiva; l’incomprensibilità del reale a questo punto è solo una questione di corretta comunicazione, spesso inficiata da pregiudizi, errori, incapacità etc., che tocca all’artista ripristinare, attraverso un lavoro sulle forme e la loro organizzazione interna. Per questi motivi sin dai primi anni ‘90 Margherita Levo Rosenberg ha indirizzato la sua ricerca sull’indagine delle possibilità espressive di materiali extra-pittorici, capaci di restituire la concretezza e l’ambiguità delle cose e delle nostre rappresentazioni di esse, integrando prospettive teoriche e sperimentazione artistica in una ricerca decostruttiva e critica e priva di stereotipi e cliché ideologici. Da questo punto di vista, la pratica di Levo Rosenberg ha evitato di “tradire se stessa prima che il gallo cantasse”, rifiutando mode e soluzioni semplicistiche ed esplorando in modo coerente la propria vocazione, le strutture e le dinamiche che mettono in forma la relazione tra l’uomo e il mondo. Le opere di Margherita diventano così portatrici di una sensibilità che vuole indicare un differente modo di relazionarsi allo spazio e agli oggetti, che emergono da esso e in esso, suggerendo possibilità interpretative rafforzate da un lavoro sul linguaggio e sulle strutture percettive del soggetto. Nei lavori dell’artista si mischia infatti una sperimentazione nell’uso di materiali eterogenei, attenta ad un’armonia formale che pone in equilibrio elementi poveri o naturali (legno, plastica, elementi di recupero) con una concettualizzazione formale, spesso espressa nella titolazione delle opere e finalizzata ad esprimere la complessità del presente, il superamento dei quotidiani vincoli e giochi linguistici, delle convenzioni e degli stessi limiti materiali.
Le opere contengo, inoltre, possibili indicazioni di lettura come nel ciclo “La pipa di Magritte” o in “Ultimo pomodoro”, “Quadri, quadrati a quadretti” oppure in “Concetto-oggetto”, che si presentano come tracce da seguire nella fruizione e grimaldelli per scardinare una lettura ingenua del testo visuale, permettendo allo spettatore di accedere ad una dimensione distonica dell’opera che mette in questione la resa ingenua della rappresentazione e della percezione delle cose. Questo è possibile è in quanto tutte le opere di Levo Rosenberg sono il frutto di un’interazione tra asserzioni concettuali e prassi operative, che mettono in luce la densità del pensiero e dell’interpretazione che determina sempre la messa in forma del reale. La relazione soggettività-oggettività e quella percezione-comprensione diventano pertanto il centro della messa in forma delle opere, e vengono affrontate con la consapevolezza che il percepire e l’esprimere sono grammaticalmente organizzati e che questa organizzazione possa essere messa in discussione, attraverso dei cortocircuiti visivi che ne portino a galla il carattere “artificioso”, nel senso di costruito nell’interazione tra percepire, interpretare e pensare.
Erede in una solida cultura contadina, l’artista è cosciente che la materialità sia un valore da preservare e che le cose stesse siano nella loro materialità dense di senso e significato, per questo motivo la pratica dell’accumulo degli scarti organici o inorganici (rami secchi, pellicole di plastica…), di oggetti di uso comune (spilli, pezzi di filo…) o prodotti industriali (ex. le lastre per radiografie) è propedeutico ad un riuso e riciclo dei materiali che dona ad essi una seconda vita simbolica, capace di creare giochi espressivi, che si presentano come dispositivi di senso e che parlano della realtà alludendola. In questa pratica risiede una vocazione alla “misurazione del reale”, alla sua scomposizione nelle forme prime e a una sua restituzione in nuove conformazioni, che si presenta come scelta teorica e operativa, estetica ed etica. Non solo il mondo viene scomposto in forme elementari, per esempio triangoli, sfere, quadrati…, che vengono successivamente riarticolate in installazioni oggettuali, ma anche gli oggetti ormai privi di funzione e valore vengono ri-utilizzati in una mappatura del mondo che produce oggetti dal forte impatto simbolico e dalla forte materialità, (ex. l’opera “Madre di Vento”, 2013). Questi presupposti etici ed estetici non impediscono però alla Levo Rosenberg di dare vita ad installazioni dal forte carattere ironico e pop (ex. “Idea del cavolo”, 2001) che aggiungono un gusto dissacrante e leggero a questa pratica di decostruzione e ricostruzione del mondo, operata attraverso la concettualizzazione e la ri-articolazione di elementi di riciclo trasformati in strisce, triangoli, coni, sfere che diventano i “tasselli” di nuove configurazioni visuali.
Nella storia artistica di Margherita vi è, insomma, un’attenzione alla realtà e alle sue configurazioni, alla morfogenesi dei fenomeni, che vede nell’emergere delle forme e nel loro significato una stabilizzazione di processi costruttivi e decostruttivi. Anche il materiale di elezione utilizzato (le pellicole radiografiche) racconta di una volontà di mettere a nudo la realtà nelle sue strutture profonde, fissandole in rappresentazioni che parlano della loro impermanenza e che alludono al continuo trasformarsi delle cose in relazione con lo spazio e gli esseri umani. Le installazioni di Levo Rosenberg si presentano quindi come oggetti dalla grande forza evocativa, in grado di costruire un sottile e armonico equilibrio tra l’interiorità e l’esperienza della realtà fenomenica, tra figurazione geometrica e suggestione mimetica, tra materialità e concettualità.
Margherita Levo Rosenberg | è psichiatra ed arte terapeuta.
Dai primissimi anni novanta la pratica artistica diventa elemento vitale, si arricchisce di nuova consapevolezza, con le esperienze delle ricerche psicologiche sulla creatività, la formazione e la pratica psicoterapeutica attraverso il linguaggio visuale.
Nel 1992 fonda il gruppo Pandeia e declina il proprio stile come cifra del procedere cognitivo, espressione della continuità dei processi di pensiero indipendentemente dall’esito formale dell’opera.
Dal 1996 fa parte dell’Istituto per le Materie e le Forme Inconsapevoli – Museattivo Claudio Costa, dove si è occupata del progetto “artismo”, ha curato eventi espositivi approfondendo studi e ricerche sulla creatività e sulle applicazioni psicoterapeutiche del linguaggio visivo.
Su questi temi ha relazionato a congressi e conferenze, collaborando a libri e riviste del settore. Dal 1992 espone in spazi pubblici e privati, in Italia e all’estero.
Opere in collezioni private e museali.
Vive e lavora a Genova.
Roberto Mastroianni | è filosofo, curatore e critico d’arte, ricercatore indipendente presso il C.I.R.Ce (Centro Interdipartimentale Ricerche sulla Comunicazione) del Dipartimento di Filosofia dell’Università degli Studi di Torino. Laureato in Filosofia Teoretica alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Torino, sotto la supervisione di Gianni Vattimo e Roberto Salizzoni, è dottore di Ricerca in Scienze e Progetto della Comunicazione, sotto la supervisione di Ugo Volli. Si occupa di Filosofia del Linguaggio, Estetica filosofica, Teoria generale della Politica, Antropologia, Semiotica, Comunicazione, Arte e Critica filosofica. Ha curato libri di teoria della politica, scritto di filosofia e arte contemporanea e curato diverse esposizioni museali in Italia ed all’estero. Ha tenuto seminari in differenti Università Italiane e straniere. Per maggiori informazioni: www.robertomastroianni.net
ROBERTO MASTROIANNI [filosofo, curatore critico d'arte, ricercatore università di torino]
ANSELMA
acetate, decofix, Xray films, wood , wire mesh, 2015
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