F R E E C O L O R S
Ancora oggi siamo vincolati ad uno stereotipo dovuto al fatto che tutto ciò che è bianco e
nero ( e di conseguenza grigio ) non è colore ( forse c'entrano la TV, i giornali, il cinema )
ma il bianco e nero sono colori a tutti gli effetti: bianco è luce , nero è assenza di luce,
sono i due titani con i quali si confrontano gli altri colori.
Per capire i colori occorre aprirsi ai colori, non con l'intento di usarli per dare un senso alla
forma, ma per farli vivere nella loro natura oggettiva che possiedono già nel loro stato di
onde elettromagnetiche, ancor prima di entrare nel nostro cervello dal quale escono con
tutti i carichi psichico-soggettivi con i quali ognuno di noi li riveste.
Come e quando sono nati i colori?
I colori sono sempre esistiti anche quando l'uomo non c'era ancora; la luce è nata con
l'universo e le onde elettromagnetiche sono nate con la luce, solo che non si riusciva a
vederli.
Le onde elettromagnetiche sono determinate dal tipo di superfici o realtà fisico-chimica
sulle quali la luce impatta; tali superfici riflettono le onde dello spettro che non vengono
assorbite e che a nostra volta riceviamo e trasformiamo in colori.
Il cervello dell'uomo dunque è il “decodificatore”, ma il DNA dei colori risiede nell'onda
elettromagnetica, se non ci fosse questa niente colori, come se non ci fosse il cervello
niente colori.
Però i colori per apparire hanno bisogno di un aggregante, di un elemento su cui
coagularsi per riuscire a rendersi visibili, una forma che forma non è e allora qual è la
forma meno forma che esista e che riesca a dar loro dinamicità e vita?
Non il punto né la macchia che sono statici, neanche la linea che sottende la verticalità,
l'orizzontalità, l'obliquità e la circolarità, neppure altre forme geometriche, figurative o
astratte, ma il “gesto” libero come una piuma al vento, senza più il centro, né una destra e
una sinistra, né un alto e un basso, che, attraverso la mano, dia corpo ai colori per
fondersi con essi sulla tela.
Il gesto è la sintesi della volontà del nostro cervello attraverso il quale i colori riescono a
rivelarsi nei loro accordi armonici e disarmonici e nei loro contrasti.
Sappiamo che è nello specchio degli occhi che i colori vibrano e trasmettono il senso
dell'animo; i colori tracimando sull'impeto del gesto ci donano la loro natura e a noi non
resta che dipingerli.
E' un gesto liberatore, che riscatta il carattere dei colori e diventa il tramite, il “medium”, il
vettore del loro palesamento, permettendo loro di diventare primi attori sul palcoscenico
del quadro il quale mantiene la sua forma a losanga libero come un aquilone.
Le dimensioni del quadro restano contenute perché l'intento non è dipingere uno spazio
ma di registrare l'intimità del respiro dei colori.
I colori si impadroniscono del gesto, che già si era affrancato da qualsiasi riferimento sia
figurativo che astratto e si manifestano per quello che oggettivamente sono senza alcuna
pretesa se non quella di essere se stessi.
Prendono la parola e da aggettivi diventano soggetti che esprimono in libertà il proprio
temperamento.
E' un mondo dove vigono le leggi dei colori non quelle della forma e che bisogna guardare
dal punto di vista dei colori.
Ogni soggettivismo sia stilistico che di forma è superato in nome di una superiore verità
cromatica oggettiva e valida universalmente.
Il loro più alto livello espressivo lo troviamo quando sono puri.
Quando li mescoliamo col bianco per accendere la loro luminosità, col nero per sondare i
lati più oscuri e col grigio diventando meno saturi, perdono sì espressività e carattere, ma
riescono a interpretare quelle emozioni e sensazioni che proprio lì abitano.
Se un'immagine vale più di mille parole, i colori esprimono più di mille immagini giungendo
a scandagliare e visualizzare anche aspetti e stati d'animo psichici dell'inconscio di
ognuno di noi, diventandone i simboli con la funzione inesauribile di stimolo e di apertura
che va oltre ogni loro interpretazione .
Si tratta non più di imprigionare i colori nella forma ma di farli vivere.
I colori, nella percezione umana, nascono, vivono e muoiono con l'uomo.
Tutto nasce e tutto finisce col nero.
I nostri occhi si accendono vedendo il nero e si spengono nel nero.
Tra un nero primo alla nascita e un nero ultimo alla morte vivono tutti gli altri colori.
Guardando il quadro si può dire:
- vedo il nero, vedo il bianco e poi vedo il rosso, vedo il viola, vedo il blu, vedo l'arancio,
vedo il giallo, vedo il verde, e tutte le altre tonalità, quali entità proprie svincolate da
qualsiasi altro riferimento, vivi, liberi e parlanti, interpreti unici dell'azione scenica.
Diventano così i portavoce della purezza e dell'opacità, dell'armonia e della dissonanza,
dei propri caratteri caldi e freddi, chiari e scuri, della propria complementarietà e forza
quantitativa in un continuo scambio di ruoli.
Ritroviamo la loro schiettezza espressiva e la loro luce primordiale mentre riconquistano la
loro autorevolezza e la loro genuinità.
Sono loro che si servono del gesto per apparire, per eseguire assoli, brani corali e
orchestrali.
Si tratta di calarsi nella loro intima essenza per riuscire a carpire i loro codici e alfabeti, per
dipingere ciò che solo i colori custodiscono e rappresentano.
Quando tutto sembra buio i colori indicano la via, il futuro, come fari nella notte, però non
sono ancore ma delfini che inseguono i sogni sotto l'acqua e nel vento, i delfini vivono
nell'onda come i colori che sono dentro e fuori di noi perché anche noi siamo onde che
nascono e vivono in questa dimensione in continuo meraviglioso divenire consolati dalla
loro presenza per poi infrangerci sulle rive della vita.
2021 G. Ferlin