I volti " immortali " di Gabriele Donelli
Si rifà al passato ed alla memoria con una vena lirica l'artista piacentino Gabriele Donelli. Animato dalla stessa passione per i classici della letteratura e della filosofia contemporanee, come un moderno Guttuso incontra nel suo percorso artistico autori d'avanguardia del calibro di Martin Heidegger, Jean Paul Sartre, Arthur Rimbaud, Samuel Beckett che sanno ispirare nuove suggestioni ed idee.
Attratto da scrittori e letterati come : Italo Calvino, Alberto moravia, Isabel Allende, James Joyce, Franz Kafka, Eugenio Montale, Dino Campana per citarne alcuni, tutti - tutti come egli stesso sottende - "individui molto originali e stravaganti che quindi avevano delle notevoli qualità interiori a me affini"; Donelli si accosta anche ai grandi ritrattisti del novecento, omaggiandoli con la sua personale espressività segnica.
Ed ecco nascere nascere i ritratti di Georges Braque, Giorgio Morandi, Paul Cézanne, Claude Monet, Alberto Giacometti, Renato Guttuso. Ritratti eleganti quanto insoliti, con un' accentuata bidimensionalità delle forme e degli spazi, tipici di una dimensione d'imprinting fauvista.
La particolarità sta nei visi, a volte incompleti e scarni, altre volte ricchi di dettagli e particolari che fanno del ritratto un' impronta senza tempo.
Gabriele Donelli si immerge completamente nel lavoro di invenzione e rielaborazione fisiognomica dei tratti somatici e caratteriali degli artisti che legge, sente, vive. Il suo è un lavoro di approfondimento, di studio che lo porta a sviluppare, con meticolosità ogni idea, ogni guizzo, ogni bozza che gli balena nella mente o che gli sembra congeniale all'idea che si era fatto di un dato autore.
Ed è proprio in questi ritratti, a volte incompleti, che sembra risiedere l'anima del pittore piacentino.
L'intuizione e l'istintuale fluidità nella penna e nella matita, fanno parte della sua genuina raffigurazione, vere protagoniste di un' emotività pittorica unica.
Anche l'uso di pastelli è indicativo di uno " status operandi " non comune, come se dovesse in qualche misura ritornare al mondo dell'infanzia e della sua spensieratezza.
I suoi disegni, a pastello, matita e acrilico, trasmettono a volte - come egli stesso dice - " qualcosa che rammenta il fare suggestivo della leggerezza, quanto una circostanza dolce e strana ".
Negli anni ottanta dipinge soprattutto paesaggi, anche se cresce dentro di lui in modo chiaro e delineato l'amore per la scrittura, che lo porta in poco tempo a comporre parecchi racconti e poesie.
All'inizio del duemila arriva ad una maggiore riflessione di sè e della sua opera, dove anche il modo di fare arte ne risente. " Riscopro " le composizioni ", trovando una maniera nuova per rappresentare alcuni stati d'animo, intimi e personali che riguardano atteggiamenti spesso vincolati dai gesti. Questi particolari motivi non sono altro che delle evoluzioni a carattere metafisico, dove l'intenzione poetica che affiora qua e là, si riveste di occasioni ermetiche, quanto di situazioni ormai lontane nel tempo e nel ricordo ".
Autodidatta appassionato e metodico, Donelli inizia a disegnare fin da piccolo, rimanendo sempre fedele a se stesso ed al suo stile semplice ma efficace, visibile e riconoscibile grazie alla spiccata bidimensionalità dei volti ed alle pose ritratte, che non scadono mai nella mera caricatura del personaggio dipinto, ma divengono in un attimo, silenziose riflessioni esistenziali.
In piccoli tratti vi sono le peculiarità caratteriali dei personaggi esposti, come se l'artista entrasse in contatto con gli autori da lui letti ed amati e ne riportasse la sua visione interiore sulla tela.
Si può quasi dialogare con quei volti, quegli sguardi, quei tratti somatici così particolari quanto caratteristici, tanto da capire immediatamente che stiamo osservando al di là della cornice.
Ma Donelli è così, contraddizione e particolarità, può piacere o non piacere, ma non porta mai con sé l'indecisione, l'ambiguità di un sentimento.
I suoi ritratti rivelano a volte rudezza, spigolosità, e perfino quella " geometria asimmetrica felicissima " tipica degli animi sensibili ( come scrisse Cesare Brandi in occasione del " Jeux de Cartes di Stravinskij di Renato Guttuso ).
Tutto è colore, emozione legata ai segni, all'interpretazione musicale di un volto ed alla sua espressività latente.
Federica Giobbe [Critico d'arte]
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