La mia vanità
Nell'arte, come nella poesia, nella musica, nella pittura, la Vanità è quasi sempre coniugata al Femminile. La moda è la Parigi delle feste con le belle donne di Giovanni Boldini della Belle Epoque la letteratura con la Signora delle camelie Magherita Gautier, la Musica con il brindisi della regina dei salotti parigini, Violetta della Traviata. Anche la scultura celebra la Vanità, quella di Francisco Garden sonne et lumiére della sua superba subliminazione classicheggiante splendente come il bronzo terso Capolavoro di questa sua analisi autobiografica sul simbolo coniugato con il dato spirituale si eleva la cielo dell'anima quale simulacro didascalico della leggerezza, con le sue variabili sorelle, la frivolezza, il vuoto morale, la poesia dell'esteriorità portata ad elevazione del simbolo delle seduzioni femminili e delle suggestioni della donna dinanzi allo specchio della vanità, specchio di ogni apparenza e di libertà di ogni dato femminile del senso e del costume, della bellezza effimera e come della conquista sul terreno competitivo umano e del brindisi di ogni ebrezza scintillante di luci e di ogni spensieratezza. La donna immaginifica di Francisco, nella sua magmatica fluidità plastica, incarna non già l'altezza giacomettiana della ricerca innervante dell'anima nel rivestimento flessuoso e matronale di una esteriorizzazione capace di rianimare la materia di eroiche convenzioni sociologiche dettate dalla moda con accenti tumultuosi accecati di verticalismo in ebollizione, estrosi di inventiva, ma di una vita interiore a confronto col simbolico rivestimento della sua forma aristocratica, nell'abito come nella sontuosità dei panneggi in tensione e torsione vulcanica, con riferimenti neoclassici alla gestualità di quelle donne che, della vanità avevano dato l'anima alla competizione oggettiva, un'eclissi delle nuvole del pensiero suggestivo che ispirano gli amanti. Questa sua creatura femminile sbocciata nel grembo autobiografico della mente di Garden un esteta della moda e dell'eleganza indulge all'aria e all'ambiente del tempo sospeso quale aspetto giovanile della vita con la sua esuberanza e gioia di vivere con completezza il carosello delle spensieratezze. Ma Francisco non ci sta!, quando guarda la sacralità della sua terra calabra, e rinvanga tutti i suoi tumultuosi riferimenti culturali e intellettuali. E si rimedita biograficamente, nella pasta bronzata della sua terracotta, reincendiandola di entusiasmi brucianti tra passione e celebrazione del mito della Vanità, in questo suo schiumare di lava creativa. La musa di Erato ha parlato all'autore con la cetra dell'amore infinito della resa all'amore vero e puro, come fece Violetta della Traviata l'amore che tutto sublima, giustifica, purifica e fa dialogare la voce del cuore.
Alfredo Pasolin
Alfredo Pasolino [Critico]
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