La mia carne, la mia anima
La riproduzione del reale non è mai arte. Lo diceva Benedetto Croce. Questo, ha inteso il forte potere espressivo di Francisco Garden, andando oltre l'apparenza del bello estetico, ha infuso il soffio di vita emotivamente come fa una madre, veicolando un condotto fluidico alla sua nascente creatura. C'è un rapporto definitivo che lega la terra con il suo gestuale tocco impasto e modellazione, nella dicotomia delle due entità antropomorfe: la polvere e l'anima. Quali parti delle allegorie, la terra si fa carne racchiudendo il mistero del simbolo, un suo mondo intrinseco di sensazioni e di percezioni, di suggestioni elevati a intelligenza strutturante, rivelate dalla gestualità modellante nella volontà ideativa del suo artefice plastico. Ecco, lo scoccare della scintilla e due realtà combinanti si intrecciano nell'abbraccio. Parte dell'anima di Francisco e la novella carne dominante nel suo risveglio alla vita. Non più inanimata e amorfa, ma partecipante ad un dialogo serrato di vero amore, con il potere del simbolo elevato a metafora progettuale. Quale trasfigurante, simbolismo spirituale, sorgente di amore per il vissuto e di liberazione d'amore. Due entità flessuose in ascesi verticale per innalzarsi al cielo dell'amore infinito. Una composizione raffinata, di nitore lucente induce al sogno l'osservatore-amante, tra effluvi di modulazioni dei panneggi delicati, ed attrazione di affinità tra il simbolo di un desiderio duale, nel tocco magico dello sfiorar le labbra di sensuale passione, per fondersi nell'essenziale oceano dell'infinito, appagante amore universale.
Alfredo Pasolino
Alfredo Pasolino [Critico]
La mia carne, la mia anima
patinatura bronzea, marmo nero, 2015
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